VITA QUOTIDIANA E SILENZIO INTERIORE

                                                                                                                 L’arte del fermarsi, per vivere meglio

2015-09-01 09.47.43 (1)Ore 6.30, squillo di sveglia. Prima fase: discesa dal letto, veloce e compatta, di due giovani cittadini, precari ed in coppia da quindici anni. Divisione dei compiti immediata. Doccia, lavaggio, rasatura per lui, trucco per lei. Avvio di parole concitate che sbuffano, sporche come il fumo di una locomotiva a vapore, quasi a casaccio. Seconda fase: sostegno alla sveglia dei bambini, colazione con merendine guarnite di “genuini” grassi idrogenati, atmosfera tesa, orologio che avanza inesorabile e traffico, tanto traffico che li aspetta. Quarta fase: ingresso in auto, l’ultimo singolo del nuovo artista, sfornato da “Amici” a seguire, giornale orario ( l’ISIS ha trucidato altri cristiani e Renzi ha mangiato un gelato artigianale, per aiutare i gelatai), un bimbo piange per il mal di pancia, la mamma lo sgrida, non c’è tempo. I due coniugi,  si parlano e trovano lo spazio per litigare in merito ad una partita a calcetto che lui, dovrà giocare nel fine settimana e sulla spesa da fare nel pomeriggio. Quarta fase: lavoro e pressing e rumori e voci, tante voci ( lui in un cantiere, lei in un call center, per 10 ore almeno, per fortuna c’è il nonno per i bimbi). Quinta fase: si esce dal lavoro, spesa, si compra un rubinetto, si arriva, si mangia, si litiga, si sgridano i bimbi. Stasera per una delle televisioni di casa c’è una nuova fiction, piena di attori di serie B ( per lei) ed un paio di amici di lui occuperanno l’altra sala, con lui ( per la partita del Milan), con urla schiamazzi e rumore ed euforia generalizzata.

Si alzano i volumi di entrambi gli apparecchi, i bimbi, corrono per giocare ( dopo la scuola, la palestra, la chitarra e la premiazione per la migliore poesia dell’anno, i bimbi mendicano anche il bisogno di un po’ di gioco, così per svagarsi un po’!) ma non è consentito il rumore.   “Ssssssh! Bisogna stare in silenzio!” tuona la mamma, con fare cinicamente certosino. Sesta ed ultima fase: alle ore 23.00, andati via gli amici e messi a letto i bimbi, i due dopo aver messo il pigiama, siedono sul letto nuziale. Lei lo cerca, ha bisogno di affetto, di colmare una sorta di vuoto interiore a fine giornata. Lui, toglie la mano, dicendo: “ tesoro, domani dobbiamo svegliarci!”. Lei si gira, chiude gli occhi, pensando che finalmente all’indomani, potrà svagarsi nell’ora quindicinale destinata alla psicoterapia, in un centro di salute mentale che in aggiunta alle “pillole della felicità”,  continua a darle forza e coraggio per andare avanti.

Bisogna interrogarsi, sul perché la nostra vita, quotidianamente avanza, spinta da meccanismi euforici e compulsivi, senza che si riesca a realizzare una parvenza di compiutezza umana e relazionale. Bisogna chiarirsi in merito al perché, abbiamo così tanta paura di guardarci dentro. Bisogna chiedersi  per quale oscura ragione,  tutte le statistiche ci dicono che i disturbi di tipo psicologico stanno aumentando inesorabilmente, senza che tutti i progressi della scienza, compiuti  negli ultimi anni, sembrano potervi porre rimedio. C’è urgenza di  ragionare, su quali siano potenzialmente le cause che sociologicamente ed a livello di psicologia sociale, inficiano la qualità dello spazio interiore,  umano e relazionale.  La ricerca psicologica negli ultimi anni ha approfondito molto, l’aspetto del silenzio e della consapevolezza di sé, che solo nell’immobilità può essere esercitata e può a medio-lungo termine produrre effetti positivi, riguardo alla gestione di sé ed alla maturità psichica. Questa facoltà che viene definita dagli americani come “ mind sight ” che in sostanza significa “illuminazione della mente” (uno degli studiosi più conosciuti è   il dr. Dan Siegel che da diversi anni conduce studi e pubblica ricerche sull’argomento).

E’ interessante notare come  molte persone, negli ultimi anni, stiano inconsciamente  orientandosi  verso richieste di soggiorno turistico in  monasteri cattolici o buddisti. E’ ragionevole pensare, che  una parte di noi  profonda, ci canalizzi verso la ricerca del nostro mondo interiore. Il silenzio, per l’uomo di oggi è qualcosa di molto impegnativo da gestire. Il fermarsi, smuove tutti i nostri “demoni” interiori e nella “stasi” hanno la possibilità di venire in superficie. La nostra umanità, si evidenzia  nella sua contraddizione e spesso, molto spesso, reagiamo con un forte senso di panico, che ci porta ad allontanarci subito da esso, per cercare compulsivamente ed istintivamente qualcosa che ci torni ad “apparentemente”  riempire. In realtà, se si coltivasse con costanza, “l’arte del silenzio” per almeno 40 minuti  al giorno, molte dinamiche problematiche interne si collocherebbero nel nostro “spazio allargato”, trasformandosi e sedimentandosi, divenendo  in qualche modo, “illuminate”. Nel silenzio, si riesce ad incontrare la parte profonda di noi, quella nascosta, quella autentica che proietta l’essere umano in spazi più aperti e coscienti. In quel luogo, tranquillo e apparentemente scevro da contenuti esterni, l’uomo di oggi potrebbe ristorarsi e liberarsi, come nessun rumore, cibo o distrazione potrebbe fare.

Concludo citando una bella frase di Gandhi che diceva:in un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso in una luce più chiara, e ciò che è sfuggente e ingannevole si risolve in un cristallo di chiarezza”.

Giuseppe Bianco – sociologo ANS Dipartimento Calabria

Formatore e coach


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