Verso gli stati generali dei sociologi italiani, da Napoli il primo passo

STATI GENERALI 2qSembrerà strano ma pare che i sociologi tutti, sia quelli provenienti da varie associazioni, veterane o giovani che siano, sia quelli allo stato libero o non intercettati da alcuna organizzazione non si siano mai incontrati tutti assieme. A Napoli però è successo, grazie alla chiamata da parte di alcuni consiglieri e membri ANS (la sigla più vecchia) che partendo da un’esigenza interna di riflessione in ambito regionale hanno prontamente colto questa opportunità chiamando a partecipare all’incontro anche altre associazioni nazionali, come SOIS, SISS e ASI. Il convegno si è svolto venerdì 15 febbraio nella sede della V Municipalità del Comune di Napoli, ed è agli effetti il primo incontro inter-associativo tra le principali associazioni della categoria. L’iniziativa si è arricchita della partecipazione di Cittadinanza Attiva, di gruppi civici territoriali, delle istituzioni locali, con i graditi onori di casa del presidente della V Municipalità, la presenza del consigliere dell’VIII, ma anche i preziosi contributi giunti sia dalla Regione Campania che dal Parlamento, che hanno reso l’interessantissimo incontro tra addetti ai lavori ancora più denso di contenuti. Gli interventi dei relatori sono direttamente andati al sodo, la mancanza di un ordine di categoria e di un Albo Nazionale fa pagare oneri salati in termini di occupabilità, di certificazione delle competenze e di densità di spessore in una professione che nei fatti resiste e, in una dimensione sempre più poliedrica e crossmediale. I sociologi a volte sono selettivamente inseriti, ovviamente ‘sine nomine’ più di quanto si creda in posizioni strategiche, seppur dai numeri sparuti e da casta di Bramini. Gli argomenti trattati a Napoli sono quelli che hanno interessato a varie intensità i dicasteri che si sono succeduti negli ultimi 20 anni, tentando di ricucire a centimetri una tela strappata agli esordi degli anni’90, quando una capacità politica sottovalutata traduce in legge dello Stato un’istanza di mercato, la legge 23 marzo 1993, n. 84, che istituì l’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali, inserendoli tra le professioni intellettuali riconosciute dalla Stato italiano. In un colpo solo, spazzando via, nella quasi totale acquiescenza degli intellettuali del momento, il titolo di una laurea magistrale in Sociologia, il cui solco di studi avrebbe voluto l’umanizzazione del capitale, o meglio la socializzazione dell’interpretazione del Capitale alla luce del concetto di alienazione, sviluppato nei termini di disumanizzazione, da cui si voleva dirigere l’approdo al socialismo/comunismo come progetti di riumanizzazione e forse la grande scommessa di una produzione culturale e critica “vivente” di una società in movimento» (cit.L. Basso).

Ciò che si è perso in questo lungo vuoto di elaborazione di sapere messo a sistema è stato forse la grande possibilità di fornire un’analisi della realtà contemporanea definendone i processi in atto e antivedendone sviluppi futuri, ma non già come illuminazione improvvisa di intellettuali veggenti, bensì come risultato di uno studio in grado di scorgere all’interno della realtà le «linee del movimento reale». La mancanza di una legittimazione della categoria dei sociologi inserita nel sistema o meglio nell’odierna “governance di sistema” ha prodotto centinaia di contraddizioni parossistiche nello stesso mercato del lavoro, portando i sociologi ad autocertificarsi tra loro, in più ci si è messa l’Europa e dunque la pur encomiabile attività del GL17 (Gruppo di Lavoro costituito sulla Norma UNI ) che vorrebbe imporre un passo alto, non può essere ritenuta un Gruppo che Rappresenti o possa rappresentare le istanze della Categoria totale dei sociologi nei confronti delle Istituzioni (Centrali ,Regionali o Locali) sia perché nasce con il fine unico di aggiornamento della Norma UNI, sia perché per accedervi bisogna pagare una quota all’ UNI e di fatto segnando un altro confine d’intervento, esclusivamente entro le attività di competenza dell’ UNI. E’ pur vero che l’unica ancora nel mare magnum delle difficoltà di gestione della matassa resta ad oggi la Legge 4/2013 che concede un “potere di firma” alla Forma aggregativa richiesta esplicitamene dall’ Art. 3 (Legge 4 / 2013) dunque alle associazioni riconosciute e oggi, come nel caso dell’ASI associazione sociologi italiani riconosciute ed inserite nell’elenco del MISE come associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci. Ottenendo anche il riconoscimento dell’attivazione dello Sportello apposito per gli utenti ai sensi dell’art.2 comma 4, della L. n.4/2013 e dell’art. 27-ter del Codice del Consumo (D.lgs. n. 206/2005).

STATI GENERALI SOCIOLOGIAMigliaia di sociologi presenti oggi nel nostro paese occupati, precari e inoccupati saprebbero ben raccontarsi ognuno con una sfumatura diversa in merito alla propria aderenza al work system, eppure ciò che resiste sono ancora le divisioni accademiche, tra sociologi universitari e il loro disconosciuto prodotto filiale nel mondo, è forse sarebbe ora di riascoltare la forza vivifica degli archetipi, prima che sia veramente inutile ricordarlo. La Legge 4/2013 prevede soprattutto l’istituzione di un Organo rappresentativo delle istanze delle Associazioni, ovvero dei Professionisti, verso le Istituzioni, e qui l’assemblea di Napoli ha espresso forte la volontà di esprimersi come una confederazione tra associazioni. Non più e non tanto per il mero riconoscimento professionale del ruolo del sociologo nella multiproblematica società attuale, dato ormai acclarato, quanto per la necessità di interventi legislativi finalizzati a potenziare e fortificare l’operato sociologico in ogni ambito possibile. Altro punto forte è stato individuato in una volontà di sinergia tra istituzioni politiche, associazioni, mondo universitario e intellettuali impegnati a valorizzare la figura del sociologo quale protagonista in tutti i settori di sua competenza pur se non riconosciuti se non in modo disorganico e disfunzionale. Ed inoltre, la necessità quasi elementare ma pur urgente di strutturare una piattaforma condivisa da tutte le associazioni. Ciò che sembra scattata e, senza bisogno di permessi accademici, è stata la volontà di un lavoro comune, finalizzato alla “narrazione” del proprio divenire, del proprio autodeterminarsi, e la dimensione liquida c’è tutta non vi è dubbio. Questo sicuramente è il filo rosso che ha ispirato e concluso il convegno di Napoli, con una serie di iniziative, di condivisione e circolazione di materiali informativi, pubblicizzazione e sensibilizzazione di temi ed appuntamenti comuni, nelle diverse località e regioni, in vista degli Stati Generali dei sociologi.

Se è vero che la sociologia è in crisi è anche vero che dallo scoppio delle crisi economiche degli anni 2007-08 assistiamo alla turbolenza delle discipline sociali in generale ingannate dal mito della democrazia governativa che ha disatteso le sue promesse. La grande diversità delle concezioni sociologiche nel tardo Novecento rifletteva e prediceva in qualche modo la frammentazione, la mancanza di una chiara direzione nella vita sociale e culturale che oggi riscontriamo ovunque e in ogni strato del corpo vivo-sociale. Una tale condizione in crisi del pensiero sociologico incide anche sulla ricerca e sulla direzione pragmatica di essa, sempre più si mettono in questione la scelta dei problemi, l’adeguatezza di approcci e metodi, il patrocinio e il finanziamento della ricerca e gli usi dei suoi risultati. Il pensiero e la ricerca sociologici, che sono nel contempo una parte della cultura e una riflessione su di essa, non possono da soli portare l’ordine nel caos (Bottomore). Ma a volte dalle azioni più semplici nascono riflessi lunghi, e da Napoli sembra partita una sfida per così dire “no-global” che riporta il pensiero nei paradigmi delle “evidenze naturali”, della fenomenologia delle condizioni empiriche dell’esistenza, per mettere in discussione modelli globali e riformularsi biologicamente in modo aderente alla realtà. Francesca Piccolo

Fancesca Piccolo

Direttore laboratorio sociologico ASI

“Sud Cosciente”  di Napoli


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