UNA SOCIETA’ GOVERNATA DALLE SCELTE E NON DAI SOLDI

FRANCESCO RAO 1Viviamo una fase storica particolarmente tediata dall’incongruenza nel rapporto di fiducia tra governante e governato. Tra le cause riscontrate, oggetto di numerosissime discussioni, la corruzione è una costante.

Ma perché bisogna continuare ad assistere a tali circostanze, minando la funzionalità dello Stato, l’erogazione dei servizi e la sicurezza dei Cittadini?   Potrebbe sembrare utopico immaginare uno stato che amministra senza essere fagocitato dalla corruzione e dall’inefficienza. Proveremo a teorizzare una siffatta organizzazione prendendo come spunto quanto veniva espressamente previsto nello Statuto Albertino: “per i Senatori del Regno non sono previste forme di indennizzo”. Quindi, se i Senatori del Regno non potevano avere quelle ricchezze garantito oggi ai parlamentari, su cosa potevano contare per il mantenimento dello status ricoperto? Infine, l’efficienza amministrativa, forse mai raggiungibile non potrà essere realizzata a causa dell’evasione fiscale praticata da moltissimi, non per colpa espressa ma per condizione di vita difatti, la pressione fiscale italiana a volte non consente l’adempimento del dovere in quanto il contribuente si trova a scegliere se comprare da mangiare oppure pagare le tasse.

Attraverso questi tre paradigmi cercheremo di sviluppare la nostra teoria politica nella quale viene prevista la possibilità di amministrare raggiungendo l’efficienza, senza cadere e scadere nelle cause sopra riferite.

La prima azione che bisogna avviare consiste nell’effetto trasparenza: oggi la Pubblica amministrazione vanta una fortissima dotazione normativa volta a garantire la corruzione, ma andando a spulciare tra gli atti ed i fatti amministrativi non si rilevano gli effetti sperati dal Legislatore. I funzionari non subiscono l’effetto rotazione e quando si verificano spostamenti divengono poco efficienti e marginali negli effetti. Anche il concetto di responsabilità è strettamente limitato: non vi sono tempi certi nelle risposte della Pubblica amministrazione, perché alla regola dei famosi 30 giorni, previsti dalla Legge 241/90, viene posta spesso la deroga che protrae sine die la formulazione della pronuncia alla quale è chiamato l’Ente interpellato dal Cittadino.

Attraverso una seria programmazione amministrativa, dove il cronogramma dovrà essere “l’incubo” degli amministratori e non un mero accessorio, si potrebbero creare grandi cambiamenti in quanto: Le responsabilità potrebbero essere definite sin dall’avvio del procedimento e per tutta la sua durata;  la capacità di progettazione diverrebbe dimostrabile e riscontrabile attraverso la definizione delle fasi, l’impegno di spesa, la partecipazione, la condivisione e la verifica;  eventuali incongruenze verrebbero rintracciate immediatamente unitamente ai responsabili che li hanno causati e/o condivisi nella fase interessata.

Per fare un esempio: bisogna costruire un Asilo nido perché l’incremento delle nascite pone questo tipo di domanda sociale. L’azione amministrativa non dovrà essere quella di espropriare un terreno di un privato, rischiando di vedere il ritardo dei tempi di realizzazione a causa della resistenza, legittimamente manifestata dal proprietario, ma bisognerà verificare se i terreni di proprietà del comune possono essere utilizzati a tale fine. Ecco, già in questa prima scelta, spesso, si perdono spesso dai tre ai quattro anni. Intanto i bambini crescono e le famiglie che non trovano risposte nella domanda potrebbero scegliere: di trasferire la loro residenza;  di ridurre la proliferazione;  di iscrivere i propri figli in strutture private ( riducendo il vincolo di bilancio familiare);  iscrivere i propri figli in strutture pubbliche di paesi limitrofi.

Il fenomeno della corruzione non va inquadrato soltanto come fenomeno che pone una possibilità di incremento della ricchezza patrimoniale di chi se ne avvale, ma alla luce delle varie vicessitudini politiche va inquadrato come “quell’esercizio del potere” che pone l’amministratore nella posizione di vantaggio a favore di terzi e non nella posizione di imparzialità   come previsto dalla Costituzione all’art. 97

Da tali atteggiamenti si estrae quella capacità “elettorale” di moltissime persone, riscontrabile dai consensi così alti e dal costante “impegno” politico praticato costantemente anche in schieramenti politici apparentemente distanti e non omogenei. Di recente l’ordinamento politico ha disciplinato   il reato di “voto di scambio”, ma ad oggi i risultati in termini di prevenzione e soprattutto di condanna non hanno fornito dati incoraggianti.

Naturalmente, la logica della corruzione, avrebbe avuto senso, anche se non giustificabile in nessun caso, qualora fosse stata praticata da governati e amministratori non retribuiti. Invece, in barba all’etica del buon amministratore, oltre a quanto viene riconosciuto in termini di indennizzo, si paga lo scotto della cattiva amministrazione e cioè facendo pesare sulla spalle dei Cittadini le “scelte” di una cattiva gestione, praticata senza tenere minimamente in considerazione il principio del “buon padre di famiglia”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e tutto ciò avviene ovunque, dal più piccolo comune alla metropoli più estesa. Soluzione: azionare il sistema di trasparenza coinvolgendo il Cittadino nell’agenda pubblica. Contrariamente a quanto avviene di norma, è indispensabile aumentare il monitoraggio degli atti amministrativi attraverso controlli mirati e costanti. Le illegalità vanno punite e la condanna, nei casi più gravi, dovrà prevedere anche l’interdizione a vita dai pubblici uffici, nonché l’incandidabilità.

Per quanto riguarda l’aspetto più vicino all’esigenza di cui al titolo della presente riflessione, partendo appunto dal presupposto che i Cittadini potrebbero finanziare lo Stato, anche senza apporto di danaro ma semplicemente attraverso la collaborazione. Anche in questa riflessione potremmo essere vicini al pensiero di Tommaso Campanella quando, descrivendo la metodologia da applicare per regolare la vita sociale, ne “La citta del sole”, dimostrava la lungimiranza che, forse, soltanto oggi riusciamo ad intravedere alla luce della cattiva gestione dello Stato, dalla diffidenza verso la politica e dall’inefficienza diffusa. L’impossibilità di realizzare quel cambiamento, oggi   indispensabile non solo nell’agire ma anche e soprattutto nel pensare la “politica” e quindi l’organizzazione sociale, amaramente dobbiamo rilevare gli effetti dell’onda lunga dell’astensionismo divenuta ormai forza indiscutibile per   stratificare la pletora di “amministratori” e “rappresentanti dello Stato” posti ad un livello culturale così basso riflesso successivamente nella legislazione posta in essere all’interno del nostro ordinamento giuridico, ormai pieno di falle, confusione e incertezza.

Riflettendo bene, attraverso scelte condivise e soprattutto fatte “partire dal basso” i risultati potrebbero reali essere straordinari soprattutto perché sarebbero vicine alle esigenze di chi le ha proposte e non distanti dalla realizzazione proprio perché che le ha pensate e scritte non vive il disagio quotidiano. Prendiamo in esempio i concetti di sicurezza e paura. Questi sentimenti creano all’interno di ogni Comunità quelle debolezze interiori che non consentono lo sviluppo, gli investimenti, la fiducia, l’amicizia in quanto cresce smisuratamente la diffidenza verso l’altro, allontanando l’uomo dal criterio di “collettività” e posizionandolo sempre di più nel pianeta dell’individualismo.   Assistendo a questo fenomeno, ormai diffuso in ogni fascia d’età, spesse volte, non sappiamo leggere le cause che hanno determinato tali effetti. La crisi economica sarà sicuramente la madre di tutte le cause, ma il degrado culturale, ormai diffuso all’interno del segmento sociale, ha sicuramente svolto il ruolo determinante. Difatti, i dati forniti dall’O.C.S.E.[[]1] manifestano la sofferenza dell’Italia nel risollevare la questione culturale verso standard più alti tramutabili in azioni di governo futuribilmente più serie, eticamente corrette e coscienzionse, soprattutto nei confronti di coloro che soffrono il mancato inserimento nel mercato del lavoro a causa dell’immane velocità dei cambiamenti definiti dai titoli d’accesso, rendendo ormai impossibile l’accesso al mondo del lavoro prima dei 40 anni in settori vagamente afferenti al titolo di studio posseduto.

Per concludere, le possibilità di trovare un nuovo equilibrio non bisogna cercarlo nella proliferazione di leggi e provvedimenti, ma nella forza delle reti umane e dalla condivisone di quel contratto sociale che intende disciplinare la pacifica convivenza degli esseri umani, rispettosi di una proprietà privata, portatori di interesse collettivo e attenti alla gestione della cosa pubblica attraverso la partecipazione alla vita politica attiva e passiva, ricoprendo cariche pubbliche per un solo mandato. La pessima gestione dello Stato, forse, è rintracciabile nella professionalizzazione del ruolo del politico e da un sistema elettorale che non intende creare la rappresentanza locale vera ma conferire forza alle segreterie politiche ed ai soliti noti, avvezzi al potere e non al bene del Paese. L’ultima grande beffa a danno dei Cittadini è stata una “spending review” che prevede la riduzione dei rappresentati per ridurre i costi della politica aumentandone smisuratamente il potere nelle mani di pochi, destinati ad essere i dominatori della nostra insicurezza e della nostra infelicità.


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