TURISMO, CULTURA? CAPOVOLGERE L’UNIVERSITA’
In questi ultimimesi si sono tenuti almeno una mezza dozzina di convegni aventi come tema il turismo e sotto tema o l’occupazione o la cultura: dalla prestigiosa Accademia dei Lincei alla federazione dei commercianti, dalle regioni a qualche facoltà universitaria.
Forse con I’Expo 2015 qualche euro ha cominciato a girare e gli organizzatori di convegni attinenti al tema si sono fatti avanti: solo l’ANS è rimasta a mani vuote. Vediamo allora di dire qualcosa di diverso anche perché siamo tutti d’accordo che il turismo , nelle sue più svariate sfaccettature (culturale, ricreativo, fieristico, aziendale, edonistico e cosi via), porti occupazione: dall’albergo a cinque stelle all’agriturisrno, dal barista al venditore ambulante di souvenir.
Così come sia uno stimolo alla cultura: un’opportunità di conoscere usanze, tecnologie, arte e bellezze naturali di popoli e località diversi da noi. Nonché un passo verso quell’affratellamento della razza umana livellando usi, costumi e tecnologie che tanto contribuiscono alla crescita individuale e sociale. Ricordiamo l’esortazione di Karol Wojtyla “Non abbiate paura dell’altro, aprite le frontiere.” Essere via -andante (percorrere una strada) è stato uno stimolo naturale sin dai primi abitanti della terra, oggi con termini moderni siamo vocationer.
Secondo l’antropologa olandese Annemarie De Wal Malefjjt l’umanità passa attraverso il soddisfacimento di tre conquiste, ognuna susseguente alla precedente secondo il principio di causalità teorizzato nel 1700 dal filosofo e storico scozzese David Hume: la sussistenza, l’aggregazione, la conoscenza. E’ innegabile che l’esigenza di sopravvivere sia al primo posto: è la ricerca del cibo e del riparo dalle intemperie o dal pericolo proveniente da animali o nemici.
Soddisfatto il primo stimolo, insorge il bisogno di appartenere ad una comunità o famiglia per accrescere le potenzialità di sopravvivenza.
Infine, appagati i primi due stimoli, c’è la spinta ad allargare i confini: scoprire cosa c’è dietro il monte o il mare (i poemi di Omero, le conquiste di Giulio Cesare, i viaggi di Marco Polo o di Colombo e cosi via).
II terzo stimolo non è solo appagamento escursionistico ma nello stesso tempo anche culturale, perché ogni novità è un viaggio verso l’ignoto, è l’apprendimento di una nuova cognizione. Non solo arricchisce mentalmente l’individuo, ma sviluppa la propensione all’apprendimento, alla conoscenza.
Le vestigia dell’antico Egitto o i fiordi della Norvegia, cosi come la dottrina tibetana o l’ultima scoperta della medicina aprono la mente verso nuovi orizzonti, sono quei tasselli che permettono di recepire le novità senza ansie e paure, ma con la voglia di saperne di più, di conoscere (conoscenza). La scienza sviluppa la tecnologia che è l’applicazione della conoscenza scientifica, ai fini economici attraverso la produzione più veloce di beni migliori a minor costo. L’economia, con la produzione e il lavoro, contribuisce al progresso della società anche attraverso mestieri innovativi che generano occupazione riverberandosi sulle istituzioni. Il progresso economico e sociale avviene negli ambiti territoriali aperti verso le novità, verso gli altri: la società chiusa non genera progresso ma stagnazione, riflusso in se stessa e perdita di lavoro.
C’è un parallelismo tra turismo e crescita, entrambi hanno una retro -cultura che va “verso” e non contro. Possiamo raffigurare il turismo come un cono rovesciato ove si parte dal basso per tendere all’infinito.
Invece, le congreghe di qualsiasi tipo, politiche, religiose, professionali, territoriali, ecc., sono un ostacolo al progresso in quanto mirano a salvaguardare gli interessi associativi a danno di quelli della comunità. Le confederazioni padronali, professionali o dei lavoratori se non si aprono al futuro rottamandosi – in pratica se non vanno “verso” – si posizionano contro dimostrando, col chiudersi in se, la paura (o l’incomprensione) del nuovo.
Orbene, qual è l’istituzione deputata ad educare ( ex ducere, condurre fuori) il popolo a non aver paura degli altri, delle novità, del progresso? Teoricamente dovrebbe essere la scuola o meglio l’università in quanto la scuola istruisce ma non è scienza. Nella realtà l’università è una piramide ove di docenti ( depositari del sapere) sono al vertice e i discenti alla base. Una siffatta situazione è stata ottimale nella società agricola, commerciale e industriale ove predominava una diffusa ignoranza e incertezza nel futuro, ma l’odierna società protesa a scandagliare con velocità esponenziale ogni angolo del Cosmo, della scienza e del futuro la separazione di culture, ideologie e scoperte non rappresenta altro che una barriera, un ostacolo al progresso e alla conoscenza degli altri.
A fronte di tale situazione, ove predominerà la condivisione e la parità, l’università – in specie le facoltà unamistiche come sociologia, scienza della comunicazione e scienze politiche ( essenzialmente dialettiche) – è preparata per un salto di qualità?
La cono-scienza non è più a senso unico o proveniente dal vertice della piramide. oggi anche un ragazzino che sappia usare la tecnologia è in grado di confrontarsi con il ”sapere” della casta dei docenti. Occorre, pertanto, un nuovo rapporto tra docente e discente basato sulla condivisione dei saperi.
Una riforma che dovrebbe modificare la piramide accademica per aprirsi agli altri, alla società (aziende, associazionismo), alle novità, all’era del predominio della scienza: andare verso… il futuro ripercorrendo lo spirito del via-andante.