SOCIOLOGIA DEL TERRORISMO: PROCESSI COMUNICATIVI NELLA NEGOZIAZIONE OPERATIVA APPLICATA

foto Giacomo Buoncompagni  1Nei recenti casi di terrorismo e non solo, i media si sono più volte soffermati sulla narrazione del ruolo delle forze speciali nei casi di presa d’ostaggi e le strategie comunicative utilizzate che non sempre purtroppo si rivelano efficaci, in particolare, se si ha a che fare con un attentatore suicida.  Con il termine “Negoziazione” (dal latino “negotium”) si indica la conduzione di una trattativa, di un“affare”.      La negoziazione è considerata come un processo di interazione in cui due o più parti cercano di accordarsi su un risultato reciprocamente accettabile, in una situazione di conflitto tra interessi, nella forma di relazione tra due o più soggetti sociali con lo scopo di raggiungere un determinato accordo, obiettivo.  La comunicazione e l’ascolto diventano strumenti  strategici per tutelare l’individuo sequestrato e per prendere tempo affinché la situazione di crisi si risolva al meglio(Golfriend,1994) .Gli esperti in materia  si concentrano  prevalentemente sulle motivazioni del sequestratore: Una classificazione completa ed interessante è quella di Call (1996) che propone sei categorie di sequestratori: emotivamente disturbati; estremisti politici; fanatici religiosi; criminali;  carcerati; categoria di combinazione. Goldaber (1979) ha compilato una tabella particolarmente utile agli ufficiali delle forze di polizia, che, con un linguaggio semplice, dove riassume specifiche informazioni sui nove sottogruppi di sequestratori, in relazione al “chi”, “cosa”, “quando”, “dove”, “perché” e “come”. Esempio della personalità suicida: individuo instabile, depresso con uno squilibrio cronico o acuto. Qual è la sua caratteristica distintiva? Non gli importa di essere ucciso, è guidato da un singolo scopo.

 GIACOMO 2 2017 Quando ha preso l’ostaggio? In uno stato emotivo di grave scompenso. Dove ha commesso il fatto? Nel luogo che gli porta le massime soddisfazioni. Perché l’ha fatto? Per soddisfare il proprio desiderio di morte per raggiungere il proprio dominio e risolvere il proprio problema. Come ha preso l’ostaggio? Con provocazioni irrazionali, attraverso un comportamento furtivo. Un buon negoziatore deve avere  “competenze sociali e competenze comunicative” intese come “ insieme di quelle capacità che servono per mettersi in relazione con gli altri in modo utile ed efficace, comprendere l’altro e attivare il self-control”(Fisher,Ury,1995). Le vittime che si trovano sotto sequestro, sono passive, accidentali: si sono trovate sul percorso del reo, come nei casi frequenti di barricamento in seguito ad una rapina in banca.                                             Sono vittime preferenziali, se sono state scelte per il loro ruolo o status, come nel sequestro a scopo di estorsione; sono vittime simboliche, se sono state scelte per colpire in esse un’ideologia o uno Stato che si considera oppressore, come nelle azioni terroristiche. La situazione con ostaggi si verifica quando un sequestratore detiene una o più persone per motivi “strumentali”(Call,2003).  Il soggetto ha bisogno delle forze dell’ordine o di altre autorità per soddisfare le sue specifiche esigenze; gli ostaggi sono dunque un mezzo per raggiungere i suoi obiettivi. La presa di ostaggi può essere definita come un evento triadico, coinvolge infatti, come visto nel paragrafo precedente , tre soggetti  all’interno di un’unica circostanza (sequestratore, ostaggio e negoziatore) e di conseguenza si attivano tre processi di comunicazione , tre relazioni differenti e dinamiche emotive importanti.   I negoziatori devono “limitarsi” negoziare, devono svolgere liberamente le trattative e non devono mai assumere posizioni di comando che potrebbero fargli perdere la concentrazione e la lucidità richiesta in quella determinata situazione. Il linguaggio è uno strumento fondamentale sia per ottenere informazioni e sia per  fornirle. L’FBI ha sviluppato il Behavioral Change Stairway Model, una guida per la costruzione di una relazione tra il negoziatore e il soggetto.  Esso si compone di cinque tappe: ascolto attivo:  le competenze di ascolto attivo sono componenti essenziali del BCSM e formano il fondamento dell’intervento di crisi; l’empatia: naturale sottoprodotto di un efficace ascolto attivo , essere empatici, vuol dire comprendere sentimenti e  motivazioni dell’altro.Per dimostrare empatia è importante l’analisi della comunicazione non verbale e para-verbale, principalmente il tono vocale , essendo la negoziazione operativa ,spesso una comunicazione a distanza  e senza possibilità di contatti oculari diretti con il criminale; rapporto:  il sequestratore comunica e il negoziatore ascolta. Riguarda una fase di maggiore fiducia da parte di questo e quindi è più probabile che ascolti e accetti, ciò che il negoziatore ha da offrire. influenza : ora  gli attori del processo negoziale-comunicativo “collaboreranno” insieme per individuare soluzioni non violente .Il criminale dovrebbe cosi mostrarsi più  fiducioso e aperto ai suggerimenti del negoziatore, modificando cosi il suo linguaggio  e comportamento; cambiamento comportamentale: in questa fase finale , il negoziatore la calma e la strategia comunicativa non devono mai affievolirsi, il comportamento del criminale è imprevedibile cosi la reazione emotiva e psicologica  dell’ostaggio. Ostaggi a parte, sarebbe importante, anzi necessario, usare la negoziazione per creare prima di tutto  una mediazione , una situazione di confronto che vada  a rafforzare la relazione tra cittadino e forze dell’ordine negli episodi conflittuali della quotidianità, che vedono troppo spesso come  protagonisti  proprio agenti e cittadini ,all’interno di contesti violenti e devianti impegnati in scontri fisici e verbali.

Giacomo  Buoncompagni

Presidente provinciale Aiart Macerata (Associazione spettatori onlus).Laureato e diplomato con due master in comunicazione , specializzato in comunicazione pubblica e scienze socio-criminologiche. Esperto in comunicazione strategica e linguaggio non verbale. Collaboratore di Cattedra in “Sociologia della devianza“e “Comunicazione e nuovi media”presso l’Università di Macerata ,  docente di “Comunicazione e crimine “presso la Libera Università di Agugliano (AN). E’ autore del libro “Comunicazione Criminologica”(Gruppo editoriale L’Espresso,2016)                                            

 giacomo.buoncompagni@libero.it


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