SBARRE: ISTITUZIONI TOTALIZZANTI O MERI STRUMENTI DI SOPPRESSIONE DELLE LIBERTA’?
Il vasto e sublime concetto di libertà ricopre innumerevoli significati e percezioni, assume sfumature e connotazioni relativistiche le quali dipendono fortemente dalle culture radicate nei vari territori e le tradizioni legati ad essi. Dall’ελευθερία dell’Antica Grecia alla Libertas di Marco Tullio Cicerone “Libertas (…) non in eo est ut iusto tamurè domino, sed ut nullo” (Marco Tullio Cicerone, De re publica, Libro II, Paragrafo 23) tale concetto presuppone la condizione per cui un individuo decide di pensare, esprimere le proprie opinioni senza vincoli, agire secondo le norme morali vigenti ricorrendo alla volontà di azione attraverso una libera e ponderata scelta degli strumenti con cui ritiene idoneo per poterla realizzare. Afferma Isaiah Berlin: “ L’essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c’è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l’illusione di averla”. La società attuale impone determinati canoni di personalità per cui avere un’identità concreta e pulita è condizione di “Uomo Libero da restrizioni e limiti” contrariamente a chi incorre una vita disonesta e devia quelli che sono gli standard di una vita integra e morale. Simbolo di negazione delle libertà è il carcere, termine in cui aleggia un senso di inquietudine e timore, indifferentemente correlato a coloro i quali violano continuamente le norme morali preferendo incorrere la via più semplice: quella della corruzione. Partendo da un principio fondamentale, il Sociologo Erving Goffman definisce un’ Istituzione Totale un luogo in cui gruppi di persone risiedono e convivono per un significativo periodo di tempo. Egli definisce l’istituzione totale un “ibrido sociale” da una parte dunque concepita come una comunità residenziale, dall’altra un’organizzazione formale da cui si distinguono cinque categorie: le istituzioni atte alla tutela delle categorie di soggetti incapaci ciò nonostante non pericolosi (le case di cura per gli anziani); luoghi atti a tutelare i soggetti che da un lato sono sia incapaci a provvedere a loro stessi sia sono pericolosi involontariamente per la società (ospedali psichiatrici); Le istituzioni atte a provvedere i soggetti ritenuti potenzialmente pericolosi per la società (penitenziari, campi di prigionia, campi di sterminio); le istituzioni fondate principalmente per svolgere una specifica attività (collegi, furerie militari); luoghi in cui si praticano culti e si coltivano la mente e lo spirito (abbazie, monasteri, conventi).
Goffman sostiene che il ruolo primario della funzione carceraria sia quello della rieducazione dell’individuo che gli consenta un normale reinserimento nella società civile. Tuttavia le critiche ed i pensieri sociologici a tale pensiero sono numerosi in quanto in questo concetto la funzione del carcere non si traduce in “soppressione delle libertà” bensì ha una finalità riabilitante. Secondo Goffman un’istituzione è totale quando : “ha un potere particolarmente inglobante sull’individuo” (Goffman, 1961). Scuole di pensiero da parte di Claude Faugeron e Philippe Combessie hanno istituito le “logiques d’enfermement” ovvero le ragioni dell’esistenza carceraria. Feugeron ha individuato tre logiche sociali del carcere: la differenziazione sociale: al detenuto viene offerta la possibilità di seguire una sorta di formazione rieducativa come l’alfabetizzazione al fine di assicurargli un miglior posizionamento sociale, tale approccio ovviamente varia da detenuto a detenuto, dunque un approccio individuale e soggettivo;la neutralizzazione: neutralizzare il detenuto privandolo di tutti i rapporti sociali, che dapprima erano ritenuti normali, adesso è fondamentale affinché non commetta ulteriori crimini; l’esercizio dell’autorità: riguarda la relazione tra magistrato ed imputato avviata prima di un possibile processo.
Il carcere rappresenta dunque l’unica forma di punizione che ha la possibilità di realizzare tali obiettivi e a tal proposito questo impianto teorico di giustificazione sia della pena che del carcere nella società può essere capovolto. E’ visto in un’ottica positiva ossia per cui tale sistema diviene un’opportunità di rilancio nella società per non entrare più in quel meccanismo di corruzione e crimine, facendo emergere nel detenuto quella volontà di rinascere e voglia di rivalsa. La pubblicazione di Foucault “Sorvegliare e punire” cambia totalmente il modo di concepire tali istituzioni totalizzanti; principalmente egli evidenzia il ruolo della pena prendendo come modello il “Panopticon” ossia il carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham. Il Panopticon, un edificio a struttura circolare in cui un solo individuo (guardia penitenziaria) riesce a monitorare e controllare l’attività dei residenti della struttura, simil struttura oggi rappresentata nelle istituzioni più elevate come nelle scuole in cui un individuo detiene il potere (dirigente scolastico) su coloro i quali vi risiedono (studenti, insegnanti). L’isolamento è fondamentale nel pensiero di Foucault affinché il detenuto acquisti consapevolezza delle conseguenze a cui è andato incontro e conseguentemente prenda coscienza di ciò, in solitudine tra i suoi mille pensieri. Foucault inoltre si è interessato anche al concetto di internamento partendo da un quesito fondamentale: “Da dove deriva la pretesa di rinchiudere per correggere?” Da ciò si articola il suo studio famigerato sulle società disciplinari che raccolgono gli individui, le smistano e le controllano, dopo tali passaggi sono “depurati” , finalmente consegnati alla società come individui “normali”. Tutto ciò si traduce in una constatazione della pena per eccellenza: l’Ergastolo (pena detentiva a carattere perpetuo inflitta a chi ha commesso un delitto ed equivale alla reclusione a vita; fonte Wikipedia). “L’uomo di cui ci parlano e che siamo invitati a liberare è già in se stesso l’effetto di un assoggettamento ben più profondo di lui. Un’ “anima” lo abita e lo conduce all’esistenza, che è essa stessa un elemento della signoria che il potere esercita sul corpo. L’anima, effetto e strumento di una anatomia politica; l’anima, prigione del corpo”. (Michelle Foucault, Sorvegliare e Punire, nascita della prigione, 1975).
Dott.ssa Francesca Santostefano – Sociologa