QUANDO IL SOCIOLOGO PUO’ FARE LA DIFFERENZA NELLE POLITICHE DI WELFARE LOCALE
di Sonia Angelisi
Le competenze del sociologo sono molteplici e, spesso, irragionevolmente sottoutilizzate soprattutto nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, in cui il ruolo del sociologo può essere di fondamentale importanza fondamentale nel reperimento delle risorse pubbliche e nella loro corretta e funzionale utilizzazione.
<<== dott./ssa Sonia Angelisi
Uno degli strumenti che dovrebbe essere messo nelle mani del sociologo è quello dei Piani di Zona, strumento di programmazione territoriale concertata e partecipata, in cui gli attori coinvolti sono molteplici: il Comune, le ASL, la provincia, il Terzo settore, gli enti gestori dei servizi sociali, i soggetti espressione dell’associazionismo, i cittadini che intendono contribuire al processo di elaborazione del piano, le istituzioni scolastiche e della formazione, le amministrazioni giudiziarie. Dal punto di vista legislativo, il piano di zona è uno strumento introdotto dall’articolo 19 della L. 328/2000 e rientra le riforme più riuscite della legge quadro poiché, secondo i dati risalenti già al 2010, quasi tutte le Regioni italiane avevano adottato un piano sociale di zona.
L’introduzione di questo strumento apporta cambiamenti rilevanti nella programmazione delle politiche sociali, che possiamo sintetizzare in 3 punti principali:
- aumentano i costruttori delle politiche sociali, si passa da un sistema di governement a quello di governance¹;
- si programma in modo congiunto con l’ASL;
- si programma a livello locale, nell’ambito territoriale di competenza.
Il piano di zona viene adottato attraverso uno specifico strumento giuridico: l’accordo di programma, con il quale i soggetti coinvolti si assumono la responsabilità di realizzare quanto è stato concordato insieme, e deve contenere azioni fondamentali quali: individuare gli obiettivi, le priorità e gli strumenti con cui realizzare il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali; deve definire le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali a disposizione, nonché i requisiti di qualità; deve inoltre individuare le forme di concertazione con l’ASL.
La velocità di approvazione del piano dipenderà dalla compatibilità/incompatibilità tra le proposte del tavolo dei tecnici e le scelte degli organi politici, per questa ragione il sociologo, quale figura mediatrice delle diverse posizioni in campo, può offrire un supporto imprescindibile per la riuscita del progetto. Progettazione e concertazione sono armi messe a disposizione di chi riesce a utilizzarle in modo proficuo e con la giusta calibrazione, in modo da non far fallire le trattative e rendere tutti i soggetti coinvolti protagonisti e responsabili di un progetto comune. Non a caso, nella pianificazione sociale, i piani di zona sono intesi come quello strumento frutto di un processo decisionale tramite il quale gli Enti Locali rispetto ai sistemi di welfare e servizio sociale locale.
Come strumento di welfare locale, dunque, secondo la logica di governance, i piani di zona incentivano comportamenti non prescrittivi in cui un attore si assume la funzione di regia (orientamento, indirizzo, coordinamento, controllo) del progetto. In base alle L328/2000 si afferma che:
- Sulla base delle indicazioni i comuni provvedono, a loro volta, a definire il piano di zona
- Viene adottata attraverso Accordo di programma (l. 142\90 art.27) al quale partecipano soggetti pubblici e privati, in particolare quelli che concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato,
- è approvato dai comuni associati che fanno parte di un determinato “ambito territoriale per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete”
- l’ambito è determinato dalla Regione e dovrebbe essere coincidente con il distretto sanitario
A seguito della Riforma del Titolo V del 2001, con introduzione di sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale, anche in ambito sanitario si fanno impellenti le necessità di provvedere in maniera sistematica all’attuazione di politiche socio-sanitarie che tengano conto delle esigenze peculiari del tessuto sociale, in un’ottica preventiva e di mantenimento della salute, allo scopo di non appesantire il SSN.
Alle amministrazioni locali, pertanto, l’appello di inserire nel proprio organico la figura del sociologo se desiderano raggiungere gli obiettivi programmatici prefissati, realizzare politiche di welfare locale soddisfacenti in concertazioni con gli altri attori presenti sul territorio, sfruttando produttivamente le competenze e le risorse che ognuno potrà mettere in campo.
Ai cittadini insoddisfatti della gestione locale del proprio comune, chiedetevi quali figure sono impiegate per la attuazione di progetti sociosanitari e di welfare locale, con quali competenze vengono ricercati, interessatevi della Res Pubblica, della “cosa pubblica” perché è da quella che dipende la qualità dei servizi, la riuscita di una gestione efficiente nel presente e nel futuro.
Sonia Angelisi- sociologa, ricercatrice indipendente, counselor sociolistico