PER L’ASP DI COSENZA I SOCIOLOGI SONO INUTILI E MESSI IN NAFTALINA
LA COLLEGA ELVIRA AVEVA GIÀ CAPITO TUTTO ED HA LASCIATO IL POSTO DI LAVORO PRIMA DEL TEMPO
La vicenda della cancellazione di due posti di dirigente sociologo presso l’Asp di Cosenza meritava di essere approfondita, sia come diretti interessati alle sorti di questa categoria professionale e sia come giornalisti che hanno il dovere di approfondire le notizie. Ci siamo recati pertanto in Via Alimena a Cosenza, sede dell’ASP provinciale, per chiedere delucidazioni in merito alla vicenda. È apparso subito evidente che l’appello del Dipartimento ANS Calabria, ampiamente diffuso dai media, ha toccato le corde giuste, avendo trovato tutte le persone consapevoli e disposte a fornirci adeguati chiarimenti sul provvedimento che, nonostante sia lecito, lascia perplessi dal punto di vista della legittimità e opportunità. È il direttore delle risorse umane dell’azienda sanitaria, Remigio Magnelli, a chiarire che il provvedimento adottato è diretta conseguenza dell’applicazione del DPCM 06.03.2015 che prevede l’esclusione solo dei dirigenti di ruolo professionale, tecnico e amministrativo della sanità pubblica dalla possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per la stabilizzazione a tempo indeterminato. Nel decreto tale possibilità è prevista per le figure dei soli dirigenti medici e del ruolo sanitario, nonché per i dirigenti di ricerca e operanti presso presidi ospedalieri di pronto soccorso. Tale decreto è stato adottato dalla Regione Calabria attraverso il DCA n.110/2015 e, di conseguenza, dall’ASP di Cosenza. Tale provvedimento: “non si sa per quale arcano motivo è stato adottato”, così si è espresso il funzionario da noi contattato e lo stesso Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Fedir Sanità, rigettando il primo verdetto del TAR del Lazio contrario al ricorso. Secondo il CdS la legittimità dell’esclusione degli amministrativi, ma di conseguenza anche degli altri ruoli, è da valutare e da qui la decisione di sospendere in via cautelare il provvedimento in attesa della sentenza di merito del TAR.
Secondo gli avvocati della Fedir una corretta esecuzione dell’ordinanza dovrebbe invitare le ASP a non escludere nelle selezioni per le stabilizzazioni, perlomeno in via cautelare, tali ruoli, in attesa della definizione nel merito del giudizio dinanzi al Tar ed all’eventuale, futuro, riesame del DPCM impugnato. In tal senso la stessa ASP di Cosenza nel citato DCA ha comunque sottolineato che: “i dati riportati nelle tabelle (inerenti le figure da stabilizzare) potranno essere modificati in ragione della definizione del contenzioso in atto”. La decisione in merito dovrebbe arrivare intorno al 26-28 di febbraio, notizia fornitaci dallo stesso Magnelli, e ciò dovrebbe chiarire ulteriormente la vicenda. Insomma tutto potrebbe rientrare nei corretti canoni, ma ciò che lascia più perplessi è come si sia arrivati ad adottare questo provvedimento: il DPCM prevede come budget assunzionale, per ciascun anno, una quota massima del 50% per le procedure di stabilizzazione e 50% per l’accesso esterno. Ciò, in ottica di spending review, sarebbe perlomeno discutibile, proprio in considerazione del fatto che questo comporta delle restrizioni di spesa che hanno portato l’ASP locale a rendere stabilizzabile solo il personale ritenuto dalla stessa strettamente indispensabile. Al momento si procederà solo con la stabilizzazione del personale sanitario in attesa che si trovino i fondi per stabilizzare anche altre figure professionali e questo potrebbe starci anche perché i nostri colleghi sociologi almeno fino al 2018, sempre a detta del dott. Magnelli, dovrebbero rimanere al proprio posto di lavoro se non fosse che sono già andati in pensione.
Il problema quindi è strettamente legato al futuro e nella fattispecie ai nuovi sociologi, sempre che questa figura professionale venga ancora ritenuta dall’azienda sanitaria indispensabile ! La determinazione adottata attraverso il DCA di mettere da parte, almeno fino al giudizio del TAR, i nostri colleghi, ma soprattutto il ruolo che questi hanno all’interno dell’azienda fa infatti pensare che il sistema sanitario possa fare a meno dei sociologi. Questo nonostante la stessa OMS abbia sancito che la salute di una persona non si preserva solo attraverso la capacità di curare le malattie, ma attraverso la capacità dei sistemi sanitari di intervenire sagacemente sul contesto sociale del territorio di riferimento. Qualsiasi manager di aziende sanitarie, intenzionato a riorganizzare i servizi, non può non capire che c’è bisogno di interpretare i bisogni della società e del territorio per meglio operare dal punto di vista sanitario, cosa che solo un sociologo può fare. Invece nell’Asp di Cosenza i nostri colleghi tutto fanno tranne il sociologo. È la collega Elvira Ferraro che al telefono ci conferma di non aver fatto niente per prolungare la propria attività all’interno dell’ASP di Cosenza proprio perché insoddisfatta delle mansioni attribuitele: “quando lavoravamo all’ASP, ci racconta dopo aver inteso cosa stava succedendo, abbiamo sempre pensato che questa figura dovesse essere dismessa perché secondo loro non faceva comodo … questo lavoro all’ASP non mi piaceva più proprio perché non ci ha mai considerato nessuno, quindi mi ero così scocciata ed arrivata al limite della pensione ho pensato che mi conveniva andare via. Ho lavorato tanti anni al consultorio familiare e poi sono passata all’ufficio relazioni con il pubblico nel 1995… facevamo accoglienza, segnalazioni, reclami.. queste cose qua … tutte cose che avevano poco a che fare con la professione, ma anche nel consultorio c’era molto poco da fare…molti colleghi fanno gli amministrativi … il nostro è rimasto sempre un ruolo tecnico mentre il pedagogista è passato nel ruolo sanitario quindi con una differenza di stipendio rilevante …un ruolo molto secondario”. Parole molto amare quelle della collega Elvira che fanno riflettere e fanno sperare molto poco sull’effettiva valorizzazione della figura del sociologo all’interno di un’azienda sanitaria.
Uno smacco per le centinaia di laureati in sociologia calabresi e per quelli che hanno scelto questa facoltà in questi anni, magari tanti giovani desiderosi di studiare la società e la sua complessità che invece finiranno, ben che gli vada, in un call center o in un URP. Le dichiarazioni spontanee di Elvira appalesano un situazione di grave inefficienza del nostro Paese a tutti i livelli, a cominciare dal sistema scolastico e universitario che non si è mai posto il problema di come inserire al meglio i propri discenti nel mondo del lavoro e quest’ultimo che invece di valorizzare le migliori menti per le attività di ricerca e sviluppo li sottoutilizza con enorme nocumento per tutto il sistema produttivo e dei servizi. A badare bene il problema non riguarda solo i sociologi, ma tutti quei giovani costretti ad emigrare all’estero per trovare soddisfazione dalla professione scelta ed a cui molto poco serviranno le 500 euro concesse dal nostro Governo.
Davide Franceschiello – sociologo e giornalista (Dirigente ANS Calabria)