PARITÀ DI ACCESSO E PIENO GODIMENTO DEI DIRITTI SOCIALI NELLE POLITICHE DELL’UE
La parità di accesso delle donne e il pieno godimento dei diritti sociali fanno parte degli elementi fondamentali di ogni società democratica. Nonostante tutto, numerose donne non fruiscono di una reale parità d’accesso ai diritti sociali, poiché alcuni di questi diritti restano basati sul modello maschile del sostegno familiare e non tengono conto del fatto che le donne si assumono una parte preponderante dell’onere rappresentato dalla conciliazione tra vita familiare e vita professionale. Numerosi sistemi di protezione sociale denunciano la persistenza di tale modello ormai superato, e ciò spiega anche in parte la preoccupante partecipazione delle donne al fenomeno della povertà nella Comunità europea. Le azioni comunitarie devono pertanto mirare a: – migliorare l’applicazione della normativa europea, segnatamente in materia di protezione sociale, di congedo parentale, di maternità e di orario di lavoro.
Per far ciò è necessario garantire il controllo e la valutazione dell’attuazione di tale normativa nei diversi Stati membri, nonché sensibilizzare le organizzazioni non governative (ONG), le parti sociali, gli ispettorati del lavoro ed i giuristi sulla normativa e sulla giurisprudenza dell’Unione europea nel settore sociale. – Sostenere le attività d’informazione e di diffusione relative alla normativa sociale dell’UE presso i cittadini europei. – Aver cura di integrare tale prospettiva nella concezione, nell’attuazione e nella valutazione delle politiche comunitarie che incidono sulla vita quotidiana delle donne e degli uomini, come i trasporti, la sanità pubblica, le relazioni esterne, ivi comprese le politiche dei diritti dell’uomo e il programma comunitario di lotta contro la discriminazione, basato sull’art.13 del Trattato CE.
Per potenziare e sviluppare i meccanismi d’applicazione della normativa riguardante la parità di trattamento – garantendo nel contempo una maggiore sensibilizzazione ed una formazione adeguata per quanto riguarda i diritti alla parità e i diritti delle donne – le azioni devono orientarsi verso una formazione dei giuristi sulla legislazione riguardante la parità, nonché sull’informazione delle ONG su tale normativa. Un’attenzione particolare è rivolta alle donne vittime di discriminazioni multiple ( donne migranti e donne disabili, ad esempio), ovvero alla violenza o allo sfruttamento sessuale. Una politica comunitaria destinata a lottare contro la violenza nei confronti delle donne e contro la tratta delle donne è stata realizzata già in passato a livello dell’UE, segnatamente tramite il programma STOP, l’iniziativa DAPHNE e il programma DAPHNE (2002-2003). Resta peraltro necessario portare avanti tale azione in questo settore.
Si tratta in particolare di. – Seguire la legislazione e la giurisprudenza comunitarie in materia di parità di trattamento tra donne e uomini e, ove necessario, proporre nuove normative, – Alcune azioni sono peraltro svolte per sostenere un’informazione e una formazione specifiche dei giuristi, degli ispettori del lavoro e delle parti sociali sulla normativa in materia di parità e sui diritti delle donne. – Promuovere i diritti delle donne sostenendo azioni e campagne di sensibilizzazione all’interno dell’UE e dei paesi candidati. E’ del pari necessario sostenere il lavoro in rete per riunire dati comparativi sulle violazioni dei diritti umani legate all’appartenenza ad un sesso, nonché sui casi di discriminazione basata sul sesso.
A tal fine, è stato in particolare previsto di promuovere la formazione e la sensibilizzazione delle polizie e dei poteri giudiziari, nonché di favorire la loro cooperazione frontaliera e lo scambio di informazioni e di buone prassi nell’UE. Parità di accesso e pieno godimento dei diritti nelle politiche sociali in Italia. Ad una crescita dell’occupazione femminile, della presenza femminile nel mercato del lavoro, nell’istruzione – in particolare a livello universitario, anche se non ancora pienamente sufficiente nelle facoltà scientifico-tecnologiche – e nella partecipazione alle attività culturali; ad una crescita contestuale delle contraddizioni – al conseguimento di capacità professionali non corrisponde un adeguato inserimento nel mondo del lavoro.
Permangono squilibri nelle carriere e nelle retribuzioni, la crescita dell’occupazione femminile è concentrata soprattutto nel Centro-Nord non corrispondono reali politiche di sostegno da parte del governo, né un adeguato intervento rispetto alle contraddizioni segnalate. Anzi, l’allarme sulla denatalità e le ridicole politiche che ne conseguono , se da una parte confliggono con la nuova libertà e soggettività femminile, dall’altra tendono a risospingerla indietro, ai vecchi ruoli familiari, a sovraccaricarla di tutte le responsabilità del lavoro di cura.
Non vi sono politiche adeguate volte a corresponsabilizzare donne e uomini: gli asili aziendali riguardano solo le lavoratrici madri e le esigenze delle aziende, non le responsabilità della coppia né la crescita educativa dei bambini. La percentuale dei lavoratori padri che richiedono i congedi parentali per attività di cura è ancora irrisoria , riguarda periodi limitati di astensione dal lavoro e purché sia garantita la massima retribuzione possibile. Non sono state messe in atto politiche tese a determinare quelle condizioni di lavoro, di reddito e di servizi che possono permettere alle giovani di costruire liberamente il proprio percorso di vita; vengono perseguite invece politiche sociali che considerano la famiglia quale attore sociale primario.
La famiglia è vista cioè come puro destinatario di agevolazioni fiscali, trasferimenti monetari, facilitazioni all’acquisto della casa in una logica del tutto assistenzialistica, in cui scompaiono la soggettività e l’autonomia dei singoli in quanto persone titolari di diritti individuali esigibili.
Doriana Doro – Sociologa ANS Dipartimento Piemonte