Pandemia e violenza di genere
di Massimiliano Giannotti
Uomini che maltrattano le donne. La pandemia non ha frenato i casi di violenza contro le donne tra le mura domestiche. Parliamo di reati legati all’identità di genere che si sono inaspriti a causa del confinamento forzato da lockdown, il quale ha avuto un effetto detonatore verso quelle situazioni pregresse di violenza andando a scoperchiarne di nuove.
<< =Prof. Massimiliano Giannotti
Solo nei primi mesi del 2020, infatti, le chiamate al «1522», il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto all’anno precedente, superando i 20mila casi, solo tra febbraio e maggio: tutte donne che hanno deciso di chiedere aiuto.
Sempre, stando ai dati diffusi dal Dipartimento per le Pari Opportunità, presso la Presidenza del Consiglio, il boom di chiamate è partito da fine marzo, in piena emergenza Covid-19, con picchi ad aprile di +177% e maggio con un +182% rispetto allo stesso bimestre dell’anno precedente.
Chiamate che sono più che raddoppiate anche nella sola giornata del 25 novembre, data in cui si celebra la ricorrenza internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nell’anno della pandemia, infatti, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre le richiesta di aiuto hanno fatto registrare un +114,1% rispetto alla stessa settimana del 2019.
Sempre secondo i dati Instat, le violenze segnalate sono risultate essere soprattutto fisiche, per il 47,9% dei casi, anche se, quasi tutte le donne, hanno comunque denunciato di aver subito più di una forma di violenza tra cui quella psicologica per il 50,5% dei casi. Altro inasprimento drammatico, nell’anno della pandemia, è arrivato dall’aumento di richieste di aiuto da parte di ragazzine e giovani fino a 24 anni di età con un +11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019 e di donne con più di 55 anni segnando un +23,2% nel 2020 contro il 18,9% del 2019.
Tutto questo a conferma che, nei periodi di lockdown, la salute psicofisica della popolazione è stata fortemente stressata andando ad inasprire quel male che si annida proprio in famiglia dove le vittime vengono prima sterminate nella dignità e nell’autostima, poi massacrate per non aver abbassato la testa, per non essere state ai patti o per aver disubbidito. Generalmente sono donne che vengono annientate per gelosia, orgoglio e rabbia dai loro principi azzurri alienati da un anomalo senso di controllo e possesso.
Ma i dati sono drammatici da tempo: un terzo delle donne di tutto il mondo, infatti, cadono vittime della violenza domestica. Triste statistica presente anche in Italia dove il 31,5% delle donne ha confermato di aver subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ma è certamente una stima calcolata per difetto. Questo perché dietro le finestre delle nostre case si nasconde anche la paura nel denunciare proprio perché le forme più gravi di violenza sono esercitate da mariti, partner o ex partner.
Questo nonostante il decreto Legge contro il femminicidio, già ha approvato nel 2013 in Senato, il quale prevede anche l’inasprimento delle pene quando la violenza viene commessa contro una persona con la quale si ha una relazione, non soltanto matrimoniale. In più, ci sono anche le aggravanti quando i maltrattamenti accadono in presenza di minori e contro donne in gravidanza.
Una vera e propria conquista se pensiamo che in Italia, fino al 1968, l’adulterio era considerato un reato amministrativo per gli uomini e penale per le donne, mentre solo dal 1981 è stato abrogato l’articolo 587 del Codice penale sul famigerato delitto d’onore. Oggi, per fortuna, è in vigore anche una normativa internazionale che rientra nel quadro delineato dalla Convenzione di Istanbul, primo strumento giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica quale forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione.
C’è da dire, però, che queste azioni violente maturano con il tempo, alimentate da rabbia e frustrazioni. Questo significa che c’è spazio per intervenire prima. Il problema, però, è che la maggior parte delle donne cerca di mascherare, fino alla fine, il proprio inferno fatto di soprusi e violenze domestiche. A volte, qualcuna prova a confidarsi con un proprio familiare ma, quasi sempre, si sente ripetere “resisti” o suggerire “fai passare del tempo, vedrai che tutto si sistemerà”, oppure ancora “ricorda i vostri bei momenti di coppia”, minimizzando di fatto offese e pugni. Ma, inevitabilmente, la situazione degenera perché se la vittima non mette veti, il mostro continuerà ad alzare le mani. Ma un ruolo importante è anche quello degli amici, dei colleghi di lavoro, conoscenti, tutti coloro che per affetto o per professione interagiscono con le vittime. Difficile non accorgersi di nulla. Ai primi sospetti, di queste situazioni di violenza, bisognerebbe tendere la mano dimostrando sostegno. Invece, si ha paura ad esporsi, quella stessa paura che blocca anche le vittime. Paura di denunciare il proprio dramma alle autorità per possibili ripercussioni. Paura di urlare per cadere in vergogna. Paura di scappare via per timore di non sapere dove andare. Paura di piangere per non ammettere il fallimento del proprio matrimonio.
Ma se le donne sono vittime predestinate, gli uomini non vanno abbandonati ad una cultura che li vuole dominatori, violenti, ossessionati dal possesso. Anche loro dovrebbero essere aiutati a trovare altre strade per gestire rabbia e frustrazione. Questo perché l’uomo contemporaneo è generalmente stressato. Alcuni sono divorati dalla rabbia. Non sanno più come relazionarsi con la donna, sempre più esigente, sempre più indipendente e in cerca di una propria posizione. Ed è questa mancanza di controllo sulla coppia che fa sentire l’uomo inadeguato e privo di potere portandolo ad odiare la compagna responsabile, a suo credere, dei sentimenti di frustrazione e manchevolezza che lo divorano. Per questo, secondo loro, la donna dovrebbe pagare per quelle colpe.
Oggi, però, esistono Leggi per fermare i mostri, ci sono strumenti giuridici che proteggono le donne permettendo loro di voltare pagina; esistono associazioni che aiutano le vittime di violenza, ma anche gli uomini violenti. Il problema, però, è che rischiano di restare solo nomi presenti sulla carta se non si denuncia, se non si reagisce. I segnali di avvertimento ci sono, questa brutale violenza non scoppia quasi mai dal nulla, cresce progressivamente. Lascia il tempo di agire e reagire. Non si deve cadere nell’illusione che esista un amore che contempli schiaffi e pugni.
Massimiliano Gianotti – Dott. in Sociologia – Dott. in Psicologia
Presidente Dipartimento Lombardia Associazione Nazionale Sociologi