NESHI BANA, VINCITRICE DEL PREMIO “MULTICULTURALISMO COME RISORSA” INDETTO DALL’ANS LOMBARDIA

 

 

 

Collegio degli angelo TreviglioOggi più che mai, il concetto di multiculturalismo è al centro di numerosi dibattiti, soprattutto in riferimento ai fatti che stanno coinvolgendo e travolgendo gran parte del mondo: la strage del 13 Novembre a Parigi ne è un esempio. Fino a quel fatidico giorno, la società parigina credeva fermamente di essere in grado di mantenere una pacifica convivenza tra le diverse culture che abitano nella città, tuttavia, dopo i tragici eventi accaduti, Parigi è stata amaramente definita la “società del multiculturalismo fallito”. A tal proposito si sono sollevate opinioni contrastanti riguardo alle possibili cause alla base dei conflitti legati a questioni etnico-religiose. Ciò che è ancora più sconvolgente è che la risposta è stata di fronte ai loro (e ai nostri) occhi per ben tre generazioni ed è riconducibile alla struttura della città stessa: passeggiando per la Ville Lumière, ci si accorge infatti della netta distinzione etnica tra i quartieri della periferia. Se tale caratteristica era un tempo ritenuta un pregio che conferiva alla città l’aspetto di un caleidoscopio di culture, oggi, tali quartieri appaiono quasi come dei ghetti, in cui gli abitanti sembrano aver maturato per tre generazioni un odio riversatosi non a caso nei centri culturali più attivi di Parigi.

E tutto ciò è un vero peccato, perché quel caleidoscopio di culture tanto disprezzato oggi, sarebbe potuto diventare un ottimo esempio per gran parte della società occidentale, Italia compresa. Tuttavia è opportuno precisare che la città (e la Francia in generale), pur avendo subito un drastico ribaltamento dal punto di vista culturale, rimane comunque molto più aperta del Bel Paese, che purtroppo è ancora molto lontano dal saper sfruttare il multiculturalismo a proprio favore.Ma come è possibile tutto ciò? In che modo è possibile trarre benefici da una società multietnica? Le soluzioni sono molteplici, tuttavia l’elemento fondamentale che deve essere alla base di tale processo è il confronto, inteso come uno scambio reciproco e pluridirezionale di dialogo e di ascolto. Ma ancor prima di questo passo è necessario che l’intera società elimini una pratica che spesso viene interiorizzata inconsapevolmente, ovvero la generalizzazione: fermarsi alle apparenze, fidarsi degli stereotipi. Ed è solamente dopo aver superato tale ostacolo che si apriranno le porte verso un mondo realmente in grado di ospitare differenti realtà, ognuna delle quali è carica di personali significati e necessita di avere pari dignità delle altre.

Si tratta di un cammino assai impegnativo, in cui possono verificarsi incidenti di percorso, come il 13 Novembre, ma non solo, basti pensare ad un’altra data molto significativa, ovvero l’11 Settembre 2001. Gli attacchi alle Torri Gemelle, pur essendo stati un duro colpo per gli Stati Uniti su molteplici fronti, non hanno tuttavia scardinato quella base solida su cui è stabilito il cosiddetto melting pot che rappresenta gli U.S.A. e la sua vastità culturale. Ed è grazie ad essa se oggi abbiamo il jazz e il blues, generi musicali che non a caso ricordano le lotte sociali che hanno messo fine alla schiavitù ben 150 anni fa.In questo senso, è dunque possibile considerare il multiculturalismo come un processo evolutivo, che si muove di pari passo con la storia. Il nostro compito è quello di seguire la strada corretta, superare gli ostacoli che intralceranno il percorso, e andare avanti fino a che non verranno varcate le porte del “nuovo mondo”.Oggi più che mai, il concetto di multiculturalismo è al centro di numerosi dibattiti, soprattutto in riferimento ai fatti che stanno coinvolgendo e travolgendo gran parte del mondo: la strage del 13 Novembre a Parigi ne è un esempio.

Fino a quel fatidico giorno, la società parigina credeva fermamente di essere in grado di mantenere una pacifica convivenza tra le diverse culture che abitano nella città, tuttavia, dopo i tragici eventi accaduti, Parigi è stata amaramente definita la “società del multiculturalismo fallito”. A tal proposito si sono sollevate opinioni contrastanti riguardo alle possibili cause alla base dei conflitti legati a questioni etnico-religiose. Ciò che è ancora più sconvolgente è che la risposta è stata di fronte ai loro (e ai nostri) occhi per ben tre generazioni ed è riconducibile alla struttura della città stessa: passeggiando per la Ville Lumière, ci si accorge infatti della netta distinzione etnica tra i quartieri della periferia. Se tale caratteristica era un tempo ritenuta un pregio che conferiva alla città l’aspetto di un caleidoscopio di culture, oggi, tali quartieri appaiono quasi come dei ghetti, in cui gli abitanti sembrano aver maturato per tre generazioni un odio riversatosi non a caso nei centri culturali più attivi di Parigi.E tutto ciò è un vero peccato, perché quel caleidoscopio di culture tanto disprezzato oggi, sarebbe potuto diventare un ottimo esempio per gran parte della società occidentale, Italia compresa. Tuttavia è opportuno precisare che la città (e la Francia in generale), pur avendo subito un drastico ribaltamento dal punto di vista culturale, rimane comunque molto più aperta del Bel Paese, che purtroppo è ancora molto lontano dal saper sfruttare il multiculturalismo a proprio favore.

Ma come è possibile tutto ciò? In che modo è possibile trarre benefici da una società multietnica? Le soluzioni sono molteplici, tuttavia l’elemento fondamentale che deve essere alla base di tale processo è il confronto, inteso come uno scambio reciproco e pluridirezionale di dialogo e di ascolto. Ma ancor prima di questo passo è necessario che l’intera società elimini una pratica che spesso viene interiorizzata inconsapevolmente, ovvero la generalizzazione: fermarsi alle apparenze, fidarsi degli stereotipi. Ed è solamente dopo aver superato tale ostacolo che si apriranno le porte verso un mondo realmente in grado di ospitare differenti realtà, ognuna delle quali è carica di personali significati e necessita di avere pari dignità delle altre.Si tratta di un cammino assai impegnativo, in cui possono verificarsi incidenti di percorso, come il 13 Novembre, ma non solo, basti pensare ad un’altra data molto significativa, ovvero l’11 Settembre 2001. Gli attacchi alle Torri Gemelle, pur essendo stati un duro colpo per gli Stati Uniti su molteplici fronti, non hanno tuttavia scardinato quella base solida su cui è stabilito il cosiddetto melting pot che rappresenta gli U.S.A. e la sua vastità culturale. Ed è grazie ad essa se oggi abbiamo il jazz e il blues, generi musicali che non a caso ricordano le lotte sociali che hanno messo fine alla schiavitù ben 150 anni fa.In questo senso, è dunque possibile considerare il multiculturalismo come un processo evolutivo, che si muove di pari passo con la storia.  Il nostro compito è quello di seguire la strada corretta, superare gli ostacoli che intralceranno il percorso, e andare avanti fino a che non verranno varcate le porte del “nuovo mondo”.

La cultura delle differenze: multiculturalismo come risorsa sociale

Titolo: “Alle porte del multiculturalismo”

Autore: Meshi Bana

Classe: V (Scuola secondaria di Secondo grado)

Istituto scolastico: Polo Formativo Collegio degli Angeli (Treviglio, BG)

Insegnante referente: Michela Beatrice Ferri

Recapito dell’insegnante referente: michelabeatrice.ferri@gmail.com


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio