MICRO SISTEMA DI CURA PER LA NON AUTOSUFFICIENZA
L’evoluzione delle società moderne richiede un nuovo welfare per la gestione della non autosufficienza in cui trovano spazio diverse professioni, anche i sociologi Dall’esperienza generativa realizzata dall’azienda sanitaria di Catanzaro, tanti contenuti innovativi, tra cui anche un testo per documentare, condividere e proseguire la sperimentazione
Fra i compiti principali del sociologo uno spazio centrale vi sono quelli di analizzare i bisogni delle persone e di progettare efficaci soluzioni capaci di soddisfare aspettative e contenere costi, per le famiglie e la collettività. Le regioni del Sud d’Italia vivono da decenni il dramma della disoccupazione, causa di una nuova impennata del fenomeno dell’emigrazione registrata negli ultimi anni, ed ogni proposta di programmazione territoriale deve aver ben presente questa priorità. Dal 2012 sono stato individuato dall’azienda sanitaria di Catanzaro quale responsabile della gestione di un progetto sperimentale finalizzato a supportare a domicilio le famiglie alle prese con le esigenze di persone non autosufficienti. E’ stata un’esperienza appassionante in cui ho avuto modo di realizzare una serie di interventi ed attività che hanno spaziato in molte aree tipiche del sapere sociologico: Costruzione percorsi di formazione; Organizzazione di micro sistemi di cura; Valutazione degli interventi; Comunicazione ai cittadini. L’esperienza, tutt’ora in corso, viene realizzata nel territorio del distretto sanitario di Catanzaro e nel periodo 2013-2018 ha interessato circa 650 famiglie beneficiarie. Il progetto è in piena sintonia con le evoluzioni demografiche della popolazione ( l’Italia è da tempo in cui aumenta la percentuale delle persone anziane) ed ha permesso di realizzare concreti benefici per le famiglie( cura a domicilio della persona non autosufficiente) e per le comunità, rivitalizzate con le nuove opportunità di lavoro e dal diretto coinvolgimento di famiglie, amministrazioni comunali ed associazioni del territorio. In particolar per quanto riguarda l’occupazione , nel periodo di riferimento sono state oltre 650 le figure professionali coinvolte , in massima parte assistenti familiari ma anche assistenti sociali, sociologi; psicologi ed educatori. Un settore quindi quello della cura a domicilio che si configura , sotto i diversi aspetti, come un settore di avanguardia in cui si costruiscono percorsi di futuro.
Le prospettive
La dinamica, tra bisogni (di cura/caring) in crescita e risorse pubbliche in diminuzione, impone nuove soluzioni, possibilmente creative, con cui affrontare la sfida dei sistemi di cura dei prossimi decenni. Si avverte la necessità di esplorare nuove strade per rispondere in modo nuovo ai bisogni di benessere, qualità della vita, socialità Se i numeri della popolazione residente, ed ancor di più le previsioni demografiche fino al 2050, fotografano una società italiana sempre più popolata da persone ultra65enni, a chi spetta il compito di analizzare i cambiamenti in atto nelle nostre comunità’? Chi ha il dovere di immaginare/sperimentare nuove proposte per far vivere al meglio questa crescente fascia della popolazione? L’invecchiamento attivo è una prospettiva concreta in cui riuscire a catalizzare l’ impegno delle tante energie e delle molteplici risorse ( materiali/immateriali), di cui le persone anziane dispongono? Ecco quindi che ai sociologi si aprono, proprio nel settore della nuova concezione della SALUTE, nuove e concrete opportunità di inserimento lavorativo. E’ oramai riconosciuto da tutti gli addetti al settore la forte influenza sulle condizioni di salute delle persone delle variabili sociali , economiche ed ambientali. Con il termine “determinanti della salute” ci si riferisce a condizioni e contesti che agiscono in maniera preponderante sul benessere di ognuno. Fra questi occupano uno spazio rilevante gli stili di vita ( sedentarietà; alimentazione; uso di fumo, alcool, attività fisica), il grado di istruzione; i fattori ambientali, le reti sociali. Nonostante sia nota l’influenza dei determinanti di salute sullo stato di salute dei singoli e delle comunità, nei nostri contesti la cura è ancora imperniata sul paradigma classico del modello bio-medico. Si tratta quindi di agire anche per maturare e condividere un’idea di lavoro di promozione della salute sempre meno arroccata nei luoghi simbolo della cura medica per lasciare spazio ad esperienze di cura realizzate attraverso un lavoro nelle e con le comunità. E’ quindi compito anche dei sociologi di puntare con decisione per il potenziamento del “welfare generativo”, concetto che sintetizza un approccio culturale ed organizzativo in cui si agisce per il riconoscimento e lo sviluppo delle risorse e delle potenzialità dei singoli e della comunità di appartenenza. Un lavoro creativo che, come documentato dall’esperienza dell’ ASP di Catanzaro, si alimenta attraverso nuove alleanze tra istituzioni, famiglie, il privato sociale.
Un libro come leva
In una società che corre veloce, ed in cui non è sempre facile avere il tempo e lo spazio per conoscere ed approfondire, abbiamo sentito il dovere di lasciare traccia del nostro lavoro attraverso un libro. Il testo ha come titolo : “Una buona pratica di cura della non autosufficienza” ed ha l’ambizione di raccontare lo sviluppo del progetto, ma anche di proporre sviluppi concreti per il potenziamento del settore. Il testo ha un forte taglio sociologico e sono stati diversi i colleghi sociologi a cui ho chiesto un loro contributo. Tra questi Domenico De Masi , professore emerito di sociologia del lavoro presso l’università “la Sapienza” di Roma, che ha curato la prefazione e la postfazione del testo. Altri sociologi che hanno arricchito la riflessione sono stati Franco Prandi , esperto di formazione ed organizzazione dei servizi socio-sanitari, già direttore amministrativo dell’azienda sanitaria di Reggio Emilia, che ha scritto l’introduzione del testo, e Marco Pavone , vice presidente ASI –Calabria, tutor ed animatore delle attività di formazione ed aggiornamento delle figure professionali coinvolte nel progetto. Con Marco ho condiviso la stesura dei capitoli centrati sulla formazione degli assistenti familiari e sulla sperimentazione della comunità di pratica.
Piace pensare ad una testimonianza concreta di un welfare reso dinamico e generativo dalla freschezza delle idee che si rinnovano, alimentano e si evolvono per costruire benessere ed inclusione sociale. L’augurio è che, proprio tra i sociologi, il confronto di idee e di esperienze possa proseguire e contribuire al rafforzamento di un nuovo modo di costruire la coesione ed il futuro delle nostre comunità.
Franco Caccia
( Presi dente ASI- Calabria;
Resp.le U.O. Servizi Sociali dell’ASP di Catanzaro;
giornalista pubblicista)
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