MAURIZIO LOI, IL PIZZAIOLO IN GUERRA. LA PIZZA PORTATA ANCHE IN PALESTINA
Ciao Maurizio, ci racconti un po’ di te, del tuo cammino verso la Terra promessa quale la Palestina. Ci illustri parte del tuo percorso, i primi passi della tua avventura umana
Ho visitato vari campi profughi nel mio percorso umano e culturale,dove ho visto individui che vivono in condizioni estreme, si pensi che non possono uscire alcuni di loro. Poi devo dire che ci sono anche zone tranquille, dove non succede nulla, mentre alcuni campi profughi risalgono al 1948, laddove ci sono palestinesi rinchiusi come in una galera, mentre a Gaza c’è un altro tipo di sofferenza, perché ti privano di libertà, anche se c’è un clima di accoglienza, infatti la gente ti accoglie, ti fa sentire a casa, anche con un sorso di caffè.
Quali sensazioni e ricordi se pensi al popolo palestinese, riesci a descrivere ciò che provi con le parole: operazione imprescindibile , ma possibile attraverso il superamento degli ostacoli che provengono dalla mente
Dentro di loro c’è un forte malcontento, ti nutri dei loro dinieghi, abituati da sempre alla cultura del no: il no è la parola d’ordine. In questo ultimo viaggio abbiamo vissuto come i palestinesi, pensa che mi controllavano i documenti, vivevo in un clima di allerta continuo.
Controllavano i documenti ogni 5 minuti, ti senti parte di un programma di controllo elevato, un controllo che dà fastidio. I soldati non sono comprensivi: un giorno un soldato parlava al telefono con qualcuno, e durante la telefonata era rimasta in coda ai controlli di routine una ragazza, la cui attesa è perdurata per un arco temporale considerevole, fin quando il soldato non chiuse la telefonata ( azione di una inciviltà unica, oltre che di una mancanza di rispetto nei confronti del prossimo)
Loro vivono sotto tensione, un aspetto che percepisci anche dai poliziotti, che hanno 20 anni , i quali sono addestrati a questo tipo di cose.
Tu sei sardo, e dalla Sardegna ti sposti verso la Terra promessa, quindi porti tuo saper fare , che si tramuta nella preparazione della pizza . La pizza è un anello di congiunzione tra il popolo palestinese e l’Italia, come spieghi l’accostamento del cibo alla solidarietà che offri a tanti fratelli palestinesi
Mi sono documentato sulla pizza, sulle varianti, ci sono tracce di una pasta simile alla pizza, anche se la cucina è diversa rispetto alla nostra. Devo fare una premessa: “ Ho girato varie zone dell’Italia per lavoro, da Portocervo a Bologna, ma una cosa è certa: il cibo italiano è unico.
Esiste un pane speciale palestinese, simile al nostro, ricorda un po’ una sfoglia sottilissima, che vene cotta al forno. Il cibo accomuna tutti i popoli, ed io cerco di aggiornarmi e fare sempre cose nuove: è un orgoglio girare la Palestina.
I campi profughi: rifugio di anime e corpi innocenti, sono stati al centro del tuo viaggio. Chi ti fa compagnia nel tuo cammino
Io ho girato molti campi profughi come Dheisheh a Betlemme , e poi altri ancora ai confini con Gerusalemme, di cui porto tanti ricordi e amarezze nel cuore. Mi moglie è la mia compagna di viaggio , alla quale va la mia stima e dedizione, l’unica che ha sentito la causa palestinese sin da ragazza, invece io nel frattempo girovagavo tra Bologna e Portocervo, anche Roma: “In pratica ero concentrato su altro”.
Hai qualche progetto, a tal proposito, che possa fare da apripista ad altre linee progettuali. Ci sono partenariati nel tuo operato
Io mi occupo di Palestina , non sono cieco su Africa o altre terre, poi se posso collaborare in qualche progetto ben venga:” Mi piace lanciare dei messaggi sempre e comunque”.
Io non faccio parte di nessuna associazione, perché sono autonomo ( il mio ricavato va sempre ai miei amici palestinesi, grazie agli amici che lasciano la mancia in pizzeria , che poi sono quei clienti “sensibili” alla causa che ho sposato.)
Mi fido di tutti, io collaboro con tutti, solo che alle volte ci sono quelli più alti, quelli più bassi, e noi non ci presentiamo come “ Io sono”, ma come “ Noi facciamo” . Il mio partecipare alle manifestazioni fa emergere la mia voglia di fare, un operato al servizio di tutti. Con mia moglie partiamo e andiamo giù , ci inventiamo qualcosa e poi partiamo
C’è stato un momento in cui hai detto “ Lascio e mollo tutto”, che sono quei momenti di sfiducia verso il genere umano: “ Gli uomini a volte danno e spesso tolgono”
No non mi sono mai stancato, io riesco a prendere contatti con tutti, lavoro 18 h al giorno, e quando lavoro la pasta penso ad un progetto, ad esempio il progetto del fine settimana che poi si concluderà presso il villaggio beduino khan al ahmar, lo avevo immaginato e studiato a Settembre.
Ho chiamato persone dall’ italia, dalla Palestina, i quali mi danno consigli sui posti da visitare o ispezionare.
Mi danno suggerimenti di contatti , ai quali rivolgo le mie domande o pongo le mie perplessità.
Un messaggio che vuoi dare ai tuoi amici italiani, o a chi consideri fratelli e amici nello stesso tempo
Sono stato a Gaza ed esserci in questo posto non è come andare a Portocervo, il che implica dolori e delusioni, ci sono i soldati, la vita si interrompe, ci sono dei passaggi traumatici, che è meglio dimenticare. Non c’è la corrente elettrica, l’acqua puzza :” Il mondo si ferma lì a Gaza -caro Matteo”.
“Vedere dei cuccioletti che mangiano erba e non insalata, mi porta tanto dolore”, da premettere che ci sto solo 10 giorni, a differenza dei miei amici che ci vivono.
Hai un amico in particolare, con cui hai legato maggiormente, sempre in ambito palestinese , in particolare nei tuoi viaggi “intendo”
Io cerco di trasmettere il mio operare , mi piace parlare di Palestina, ma non entro nella questione palestinese: non differenzio i buoni dai cattivi.
Ho un amico palestinese conosciuto quest’anno, che ha studiato a Cagliari, con cui andrò questo fine settimana tra Gerusalemme e Gerico. Poi ho tanti amici virtuali, ma sai l’amicizia è una parola grossa.
Matteo Spagnuolo