LUDOPATIA, IL DOPPIO RUOLO DELLA DONNA
Dal punto di vista della patologia, di cui i miei colleghi hanno già ampiamente parlato, non è formulabile una differenza di genere: uomini e donne, in eguale misura, patiscono la malattia, manifestando sintomi della medesima entità e tipologia.
Ma è interessante capire perché un mondo, quale quello del gioco d’azzardo, che prima era solo appannaggio degli uomini, sia diventato fruibile anche dalla donne e in quale misura questa “apertura” ha orientato nuove dinamiche di genere.
Fino a qualche decennio addietro i luoghi dove era possibile giocare d’azzardo erano frequentati solo da uomini, adesso la distribuzione di slots machines e lotterie istantanee è capillare, per cui anche le donne con estrema facilità possono dare sfogo alle loro compulsività.
Personalmente mi sento di attribuire al fenomeno, che si manifesta in modo ormai dilagante fra le donne, ruoli di diverso spessore e coinvolgimento.
Un Ruolo Attivo: laddove il 38[%] della popolazione che gioca è femminile, la tipologia di queste giocatrici compulsive è caratterizzata da un’età al di sopra dei 45 anni, ha un lavoro normalmente con co
La Calabria è al secondo posto, in termini percentuali, per numero di donne che praticano con costanza il gioco d’azzardo.
Un elemento che risulta essere un comune denominatore fra queste donne è la solitudine, con tutto ciò che questo sentimento si porta dietro: isolamento, carenza di rapporti interpersonali soddisfacenti, insoddisfazioni in ambito familiare.
Dunque, anche per le donne la spirale che porta alla patologia rappresenta, a lungo andare, un rifugio sicuro al quale esse attribuiscono caratteristiche “lenitive”.
Rispetto agli uomini, le donne si ammalano di ludopatia in un’età più avanzata ed il loro primo approccio verso il mondo del gioco d’azzardo le trova particolarmente depresse.
Da questo momento in poi le modalità con cui esse vivono la compulsività e ne subiscono gli effetti devastanti, sono del tutto uguali al genere maschile.
Anche per le donne, infatti, vi sono pesanti ripercussioni sulla psiche, sull’organismo, negli affetti, nell’economia e nei rapporti sociali, ma ho già detto che è possibile attribuire loro, vari tipi di coinvolgimento.
Il secondo è il loro Ruolo Passivo.
Le donne sono anche le mamme, le mogli, le fidanzate o le sorelle di un giocatore patologico, ed è qui si potrebbe misurare, laddove è possibile, il loro spirito di sopportazione, l’intraprendenza e la capacità di affrontare il problema.
Vivere con un ludopate è terribile: ad una fase iniziale fatta di menzogne e comportamenti aggressivi, segue un calvario che queste donne sono costrette ad affrontare, e questo non sempre è possibile in modo semplice, coordinato e collaborativo.
Vivere con un ammalato di ludopatia vuol dire scontrarsi di continuo con un muro di bugie: lui mente per nascondere l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco ma, ben presto, le perdite economiche frutto del suo sciupìo, ricadono sul normale andamento familiare.
Le donne si ritrovano, loro malgrado, a dover fare i conti con tutta una serie di problematiche che vanno dal prendere coscienza dello “scivolamento” da una posizione ad un’altra del proprio nucleo familiare, al dover provvedere al risanamento di quelle situazioni che risultano sconvolte.
Ricordiamoci sempre che la presenza di un ludopate in famiglia mette a repentaglio le relazioni fra i membri della stessa, il lavoro e le opportunità sia di carriera che scolastiche.
Subìre passivamente significa che la moglie di un giocatore patologico ha maggiori possibilità di entrare in una spirale di depressione nervosa, è maggiormente a rischio di suicidio e, spesso, mette in atto comportamenti auto-lesivi quali il bere eccessivo, il tabagismo, fenomeni di obesità o bulimia e shopping compulsivo.
La moglie di un ludopate può soffrire anche di mal di testa cronico, di seri disturbi gastro-intestinali e di difficoltà respiratorie, oltre ad avere problemi di ansia, depressione e isolamento sociale e, da ultimo, va segnalato che il 23[%] di queste donne subisce anche violenze fisiche e verbali.
Quasi mai, una volta determinato questo tracollo, è il giocatore patologico a chiedere aiuto ma sono proprio i suoi più stretti familiari che prendono l’iniziativa nonostante non sia una decisione né facile, né scontata.
Qui ritorna un diverso Ruolo Attivo della donna, perché laddove è riuscita a comprendere fino in fondo cosa sia successo al proprio compagno, dopo aver superato la barriera di bugie e sotterfugi, essa si adopera in ogni modo per poter rimettere in equilibrio tutti gli elementi scompensati della famiglia, a partire proprio da lui.
Ovviamente questa patologia non la si può affrontare da soli, non solo perché la disperazione che avvolge l’intero nucleo familiare è devastante, ma anche perché la terapia va formalizzata e attuata da personale che sappia trattare le dipendenze, creando su misura un progetto di recupero.
Per finire vorrei sensibilizzare tutti, invitandovi a comprendere il più possibile il dramma che consuma intere famiglie ed a volere, con delicatezza e discrezione, prestare attenzione ai cambiamenti che vi circondano, perché uno dei rischi è quello di rappresentare, seppure involontariamente, una barriera che non lascia passare possibili richieste di aiuto.
Alla fine di questa mattinata, ognuno di voi sarà al corrente non solo del problema della ludopatia ma anche della possibilità di venirne fuori. Quindi mi auguro che, in qualità di persone che fanno parte di questa società, anche voi abbiate il vostro ruolo attivo.