LE PIATTAFORME SOCIAL, MICIDIALI STRUMENTI DI PERSECUZIONE

MAURIZIO BONANNO 22 gennaio 2016Gli ultimi devastati fatti di cronaca che hanno visto protagoniste giovani donne, devono far riflettere su come le piattaforme dei social network possano trasformarsi in micidiali strumenti di persecuzione, che minano e, a volte, possono distruggere, la vita delle persone.Sappiamo tutti perché sono nati i social network site: connettere le persone tra di loro. Un passaggio  epocale ed affascinante, che ha rotto barriere, abolito confini, accorciato il mondo e favorito la comunicazione. Oggi è chiaro a qualsiasi utente che queste piattaforme sono dei veri e propri “tool”, che valgono innanzitutto, ma non solo, per il business tramutandosi in risorse a tutti gli effetti per le Aziende, le quali possono sempre più facilmente acquisire informazioni e connettersi con i propri o potenziali clienti in maniera unica. Una connessione che, ovviamente, vale per ogni tipo di comunicazione, che riduce inevitabilmente i già stretti confini della tutela della privacy di ciascuno. La rete inghiotte tutto e tutto mantiene, ciò che è stato immesso rimane a galleggiare a disposizione di chi vuol trovarlo, a danno di chi non è stato sufficientemente prudente per tutelarsi. Chiunque abbia intenzione di lanciarsi in questo di tipo comunicazione senza paracadute, dovrebbe tenere bene a mente la potenza di questi canali perché sono i mezzi che preparano anche il nostro futuro. Non è azzardato parlare di futuro, perché siamo soltanto agli albori di questa nuova forma di comunicazione. Le prime piattaforme di social networking non sono nate poi così tanto tempo fa: ricordate Myspace? Era appena il 2003 quando fu lanciato. Facebook? 2004. Twitter? 2006. Snapchat e Periscope? 2011 e 2015. Insomma, ci troviamo a nemmeno di cinque anni dal lancio di questi strumenti che hanno già lasciato un segno non indifferente nella nostra società, sia a livello interpersonale che professionale. Queste piattaforme hanno rivoluzionato il nostro modo di fare comunicazione, di essere strumento, attivo e passivo, del business, partendo dalla targettizzazione di ciascuno di noi fino ad arrivare alla facilità con cui ognuno può essere raggiunto.Tutto questo deve fare i conti con la realtà socio-culturale che stiamo vivendo e che vede protagonisti – per lo più passivi, purtroppo! – le giovani generazioni. social network

Privi di punti di riferimento, di modelli capaci di indicare un’etica, i giovani non hanno più il senso del pudore, anzi spesso, dinanzi alla potenzialità comunicative dei nuovi social, c’è una gara a mostrarsi.Nessuno ha pensato di ricordare loro un piccolo, ma fondamentale particolare: non si torna indietro; ciò che finisce nella rete, lì rimane, per sempre presente: rimane a galleggiare a disposizione di chi vuol trovarlo, a danno di chi non è stato sufficientemente prudente per tutelarsi! La nostra sfida deve essere quella di riuscire ad entrare nelle teste di questi ragazzi prima che facciano clic, dare loro strumenti per fargli dire: mi devo fermare, perché qualunque cosa io immetto, questo non si cancella più dalla Rete. Quando la prudenza diventerà un automatismo culturale il gioco sarà fatto. Ci vorrà tempo, ma l’obiettivo deve essere quello di arrivarci, arrivarci prima che altre drammatiche vicende si consumino tragicamente.

Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ha rilevato che “c’è una generazione all’evidenza impreparata alla vita, all’amore, al sesso, ed esposta alle sirene di una rivoluzione tecnologica in sé asetticamente innocente, che rappresenta certo una grande chance, ma che abbiamo elevato a divinità contemporanea senza renderci conto della facilità con cui ci può divorare e distruggere”. I fatti ci ricordano che chi finisce schiacciato dalla macchina dei social fatica terribilmente a rialzarsi, quando e se ci riesce. Facebook, del resto, è nato per fare del male alle persone, in particolare per vendicarsi di giovani donne, come racconta lo stesso film – Social network –  sulla vita di Mark Zuckerberg. E l’avvento della diretta non può che moltiplicare i rischi, le violazioni della privacy, i motivi di persecuzione. Quanto accaduto a Napoli, drammaticamente conclusosi con il suicidio di una ragazza, ed a Rimini, dove le amiche anziché aiutare la vittima a difendersi da uno stupro si sono ingegnate a filmarlo, non è colpa loro; è colpa nostra, della nostra incapacità di educare i nostri ragazzi, della nostra permeabilità al narcisismo e alla malevolenza di massa.

Ma, se spetta alle forze dell’ordine perseguire ed alla magistratura condannare i colpevoli, spetta a ciascuno di noi tutelare i nostri ragazzi, trovare la strada e fare il primo passo sulla via che porta a riappropriarci di noi stessi, dei nostri amori, delle nostre vite. Perché non possiamo assumerci la responsabilità di trasformare questo tempo favoloso della rivoluzione digitale in un incubo infernale.

Come?

I Lions meridionali, raggruppati nel Distretto 108Ya che unisce Campania, Basilicata e Calabria, hanno colto con anticipo la sfida individuando, grazie alla lungimiranza del Governatore Renato Rivieccio, un service con una precisa tematica: “Etica e Responsabilità Sociale delle Tecnologie Comunicative”, affidandone il coordinamento ad un sociologo della comunicazione.lions

LOGO ASSOCIAZIONE SOCIOLOGI ITALIANINasce da qui, un protocollo d’intesa con i sociologi dell’ASI, Associazione Sociologi Italiani, dalla quale scaturirà uno screening che, per la prima volta, proverà a fotografare opinioni e strategie.

Un lavoro ancora solo in embrione, che utilizzerà l’anno sociale lionistico per prendere corpo, ma che da subito aprirà, come un avamposto, nuove frontiere e prospettive per una sana presa di coscienza dinanzi ad un futuro che avanza ad una velocità superiore alle nostre capacità di adattamento e che, proprio per questo, ci impone di non indugiare oltre.

                            Maurizio Bonanno – Giornalista e sociologo, dirigente Nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani


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