LE ORIGINI DELLA PEDAGOGIA INFANTILE
L’infanzia è un pianeta a portata di mano, situato tra cultura e natura, ed è soprattutto una condizione complessa. Viene elaborata all’interno di diverse discipline tra cui la sociologia, la quale fino agli anni ottanta, ha dimostrato uno scarso interesse nei confronti del bambino, facendo corrispondere il discorso sull’infanzia con l’analisi di sviluppo della socializzazione.
Le rappresentazioni sociali durante la socializzazione assumono una posizione fondamentale sia come meccanismi sociali che come meccanismi psicologici. In particolare il riconoscimento e l’attribuzione di significato agli oggetti, avviene attraverso la rappresentazione sociale, che permette la comunicazione tra gli individui, e soprattutto l’interiorizzazione delle norme e dei valori principali. Il processo di socializzazione dell’infanzia e la formazione della coscienza di sé, sono strettamente interconnessi all’interazione che il bambino intrattiene nell’ambiente in cui vive, fino a costituire un vero e proprio legame con il sociale.
Affrontando diversi studi il termine socializzazione assume diversi accezioni, all’interno della psicologia sociale viene sostituito con quello di “sviluppo sociale”, inoltre l’infanzia viene sottovalutata come categoria sociale e soprattutto considerata al singolare, nonché dal punto di vista individuale, l’immagine del bambino assume la visione di un adulto.
‹‹Secondo il sociologo Talcott Parsons, la famiglia ad un certo punto dello sviluppo del bambino non è più in grado di assolvere a tutti i compiti della socializzazione. Intervengono allora la scuola e il gruppo dei pari quali sottosistemi del sistema sociale che aggiungono un nuovo criterio di differenziazione sulla base dell’universalismo dell’asse generalizzale e sessuale.››
Egli ha una visione particolare del bambino, poiché lo valuta come un essere incapace di relazione sociale all’interno della quale domina la ragione. L’infante ha la consapevolezza di dipendere dagli altri relativamente al soddisfacimento dei propri bisogni, l’effetto che ciò produce è la visione della madre come un oggetto.
Secondo lo psicologo e psicoanalista britannico John Bowlby, il rapporto tra bambino ed oggetto si forma attraverso motivi emozionali e non logici.
‹‹Il bambino, fin dalla nascita, possiede caratteristiche “sociali” egli è infatti dotato di comportamenti efficaci nel rapporto interpersonale, soprattutto dal punto di vista emotivo, come il sorriso, lo sguardo, l’abbraccio.››
All’interno della teoria fenomenologica fondata dal filosofo e matematico Edmund Husserl, il bambino non viene posto all’interno di una società bensì viene collocato all’interno di un contesto di totale libertà e parità con l’adulto. Il bambino fin dalla nascita si ritrova all’interno di un mondo inter-soggettivo, una struttura che sorge dall’attività umana ed è un mondo incentrato soprattutto sulla cultura. Un mondo sociale dove gli individui si sviluppano sulla comprensione, interazione e soprattutto sulla base dell’altro.
‹‹Il mondo sociale in cui è collocato l’uomo che vive tra gli uomini, non è per nulla omogeneo ma strutturato in molti modi, e ciascuna di queste sfere o regioni del mondo sociale è caratterizzata da una particolare tecnica di comprensione dell’altro.››
La socializzazione dunque viene vista come un processo attraverso il quale, l’uomo impara a diventare membro della società, proprio per questo motivo il sociologo Peter Lodwing Berger, noto come coautore insieme a Thomas Luckmann tendono a suddividere la socializzazione in primaria, la quale fa riferimento alla fase legata all’infanzia, e secondaria ove l’individuo accede all’interno dei diversi settori della società già socializzato.
La fase dell’infanzia viene vista come una fase di transizione.
Nella cultura antica e prevalentemente in quella medievale, il bambino era considerato privo di parola e di ragione, lontano dalla condizione umana e strettamente legato all’animalità. All’interno della pedagogia il bambino occupa una situazione temporanea, nonché la posizione di un uomo in miniatura.
Allo scrittore, filosofo e musicista Jean-Jacques Rousseau si attribuisce il merito di una vera e propria scoperta del bambino e l’individuazione degli elementi di differenziazione tra uomo e bambino, in quanto vi sono differenti modi di pensare, vedere le cose, e percepire il mondo. Grazie ad egli vengono apprezzate diverse qualità presenti nel bambino, quali: l’innocenza, la semplicità e la spontaneità. Lo scopo dell’educazione infantile non è quello di formare l’adulto, bensì riconoscere all’infante il ruolo di soggetto privilegiato all’interno dell’azione educativa, riconoscendogli doti e specifiche capacità. L’infante trasfigura la realtà, non attraverso l’intelligenza, bensì attraverso la fantasia ed il sentimento.
Fabrizio Caramagna si definisce uno scrittore e ricercatore delle meraviglie, in uno dei suoi testi cita:‹‹Non sei mai stato bambino se non sei saltato a piedi pari dentro una pozzanghera, svegliando le fate che dormivano e facendole saltare in mille gocce di luce fino al cielo.››
dott.ssa Denisa Alexandra Cojocariu – sociologa