L’ARROGANZA DELLA SCIENZA

Testimonianze dal fronte anti virus

Dopo i miei turni di febbraio in pronto soccorso, con la paura dei malati febbrili che giungono sempre in maggior numero, le notizie che giungono da Huhan con i numeri sempre crescenti dei contagi nonostante le restrizioni, i colleghi di Huhan che cadono come mosche, l’indifferenza delle nostre istituzioni, mi reco, il giorno 14 febbraio in pronto soccorso: pretenderò che il primario mi dia retta.

Mi siedo nella sala visite dove c’è già una delle valorose grandi donne che portano avanti con umiltà e competenza i nostri pronti soccorsi italiani. Aspetto per circa 1 ora il primario. Il primario come la maggior parte dei responsabili è un uomo, uno yes man, una persona vagamente disturbata con tratti di disturbo narcisistico di personalità. Uno che parla tanto e lavora poco. Sono tutti molto simili.

Posso sostenerlo perché nei miei quasi 30 di professione, ho lavorato in almeno dieci pronti soccorsi diversi. Penso di poter trarre conclusioni: i primari sono uomini passivi aggressivi.La cosa bella dell’aver lavorato in tanti luoghi è la rete di contatti che ti porti. Siamo tutti un grande popolo di medici che ci riconosciamo, ci comprendiamo, ci diamo una mano.È una fratellanza.

“IL TELEGRAFO DEL CREPUSCOLO”

Quando serve accade una sorta di «telegrafo del crepuscolo»: ricordate nella carica del 101 quando Pongo il protagonista si metteva ad ululare e diffondeva con il suo grido la notizia da un orizzonte all’altro?

La stessa cosa capita tra noi, medici di pronto Soccorso, magari non ci sentiamo per anni, poi quando capita siamo pronte a condividere, a raccontarci la vita, questo comporta sapere tutto prima, molto prima di altri. Invece per i responsabili è diverso. Essere responsabile comporta un certo potere, comporta dipendere dall’alto, dover dare conto a qualcuno a cui si deve essere riconoscenti. Dover dire di sì.

Differente il ruolo di chi sta in trincea.

Le dottoresse sono generose, responsabili delle vite a loro affidate, indipendenti e libere: ovunque le metti sono funzionali, fanno il loro, salvano vite, promuovono la salute. Sono tante le dottoresse mie amiche, solidali, umili, competenti, appassionate. Sono loro le vere protagoniste. Mia sorella è una di loro, mia figlia è una di loro. Tutte le mie migliori amiche lavorano in pronto soccorso sono loro che proteggono le nostre vite.

Ebbene il primario mi irride: ma dai? Non l’avevamo preventivato!

«È un falso problema. Applichiamo il protocollo SARS. È tutto sotto controllo.Vedi problemi che non esistono». Non mi ha detto «non rompere i coglioni» ma poco ci mancava.

Me ne vengo via delusa. Fatemi almeno vedere che abbiamo le mascherine. Fatemi almeno vedere un percorso alternativo per chi si presenta in pronto soccorso con la febbre.

Intanto leggo i resoconti dei medici di Huhan. Non sono pubblicazioni scientifiche, non hanno l’arroganza della scienza. Non solo Lancet o riviste di prestigio, sono pubblicazioni grezze in un brutto inglese.Sono piuttosto un grido di dolore e di fuga dalla morte.

Cosa dicono questi medici?

Dicono che muoiono gli uomini, non muoiono quasi mai i bambini, quasi mai i giovani, le donne vivono specie se hanno l’artrite reumatoide e fanno le terapie croniche con il plaquenil. Sopravvivono gli asmatici, quelli che fanno il cortisone ma ci mettono di più a guarire, 6 settimane. Ma con il cortisone non muoiono. Muoiono gli obesi, gli uomini di mezza età. Muoiono se si riempiono di anti-infiammatori e questi muoiono sanguinando.

Non sono pubblicazioni scientifiche. Sono gridi di dolore. E poi ci danno immagini, tante immagini radiologiche preziose. Ce le facciamo girare, facciamo un gruppo con telegram, un nuovo social, e diffondiamo queste preziose informazioni.

Sulla base di queste osservazioni mi faccio una mia idea, mi procuro il plaquenil, un vecchio farmaco antimalarico, si prescriveva a chi si recava in area malarica, magari in viaggio di nozze. Costa molto poco, 6 euro, 3 euro agli ospedali, 2 euro con la ricetta, è un farmaco sicuro, solo chi soffre di favismo non può assumerlo.

Lo distribuisco ai miei parenti, a mia madre, mio fratello, mia sorella, i miei figli i miei amici, mio marito: se giunge il contagio questo ci aiuterà. Io inizio ad assumerlo da subito, lavoro vicino all’area rossa prima o poi il virus arriverà. Non voglio contagiarmi.

Provo a parlarne con qualche collega: mi prendono per matta.

Non ci sono pubblicazioni scientifiche: già la scienza. L’esperienza dei morti non conta nulla?????

E poi il rischio degli effetti collaterali! Ma quali?

Il favismo come abbiamo già ricordato e le aritmie. Io non soffro né dell’uno né dell’altro. Comunque, ribatto: se l’abbiamo prescritto per andare in viaggio di nozze possiamo prescriverlo per andare a lavorare!

Ne parlo con gli amici dell’Albania e del Brasile

È un farmaco poco costoso, associato all’azitromicina ed al deltacortene sono le terapie salva-vita che i medici di Huhan hanno praticato.

SociologiaOnWeb


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