L’AMICIZIA POTEVA UNIRE GUELFI E GHIBELLINI

 

RAO 30 ottobre 2015Il nome del sociologo Polacco Zygmunt Bauman, noto non solo agli addetti ai lavori ma anche al grande pubblico, si è imposto nell’arco degli anni anche al grande pubblico non solo per la freschezza dei temi trattati ma soprattutto per aver coniato la definizione “società liquida”. Tale affermazione, ormai di utilizzo ricorrente, viene utilizzata sempre di più per descrivere  quei fenomeni sociali che animano la vita di tutti noi. Il fenomeno di cui parla Bauman, oggi assume una valenza assoluta nei rapporti amicali, nei rapporti affettivi, nel mondo dell’economia e della comunicazione in quanto ormai tutto sembra essere riconducibile al processo tendente a cristallizzare ogni rapporto solido. Insomma, l’essere umano sembra essere condannato a divenire sempre di più un anfibio e sempre meno uomo.  Tutta la “liquidità” che ci circonda, prima o poi finirà per coprire la superficie terrestre impedendoci di continuare a percorrere la strada tracciata dall’uomo sino ad ora? Naturalmente pongo ai lettori questo interrogativo sperando di generare un minimo di riflessione, sia  sulla qualità della vita che ognuno di noi quotidianamente è portato a costruire, sia per la qualità della vita che ognuno di noi  vivrà, proprio in funzione delle scelte praticate precedentemente. In questa breve rubrica vorrei soffermarmi su quanto generato da una  “liquidità”, rilevabile nei rapporti amicali. Difatti, sembra essere passata una gomma dalle dimensioni giganti sul foglio in cui c’era stampata la parola amicizia. Questo tipo di rapporto però viene continuamente declamato in tutte le ricerche sociali prodotte e consultabili sia in formato cartaceo sia in formato digitale. In tempi non sospetti questo tema fu trattato anche da Aristotele e Cicerone. Difatti, proprio Cicerone, nel suo trattato “de amicitia”, dedicato all’amico Attico, scrive un elogio all’amicizia definendola come il bene più prezioso dopo la sapienza, alla quale peraltro sempre si accompagna. Probabilmente la società post-moderna, dotata di un sapere superiore  a coloro che afferivano alla società classica, per poter demolire il ruolo dell’amicizia, ha deciso di affogarlo nello stagno dell’individualismo, quest’ultimo figlio di un atteggiamento praticato principalmente da una società che, da una parte avverte sempre di più la sofferenza della solitudine  e dall’altra, non riesce più a nutrire sentimenti veri, alimentati dal calore umano. Il mondo della filosofia, nell’arco dei secoli, si è espresso con nutriti contributi in tale direzione.

Due elementi potrebbero essere sufficienti ad aprire la nostra analisi sull’argomento: da una parte la comparazione delle differenti prospettive nutrite nei confronti dell’amicizia durante un arco temporale, breve o lungo, che ognuno di noi vorrà utilizzare per trarne le proprie conclusioni; dall’altro, osservando il fenomeno anche da una prospettiva  filosofica, noteremo sicuramente la diversità della percezione e della pratica dell’amicizia durante le epoche osservate. Tutto ciò potrà indurci a riflettere sulla solidità o sulla fragilità dei legami amicali del Terzo Millennio. L’avvento del “mondo virtuale” e l’estensione del “Politically Correct”, sono due tra le tante cause che hanno minato al fondamenta dell’amicizia, rendendola sempre meno una virtù e sempre  più simile ad una pertinenza sociale dal valore quasi irrisorio. Non era così in altre epoche. Per esempio, durante il Medioevo, l’amicizia era considerata simile alle  alleanze politiche dei nostri tempi: indispensabili per governare. In tal senso, a darci un profondo contributo, è stato proprio Dante, descrivendoci la sua Firenze e  rammentandoci la famosa contrapposizione degli schieramenti politici da noi conosciuti come Guelfi e Ghibellini,  tra loro distanti in ogni rapporto, anche in quello amicale. Purtroppo, al mantenimento dei rapporti amicali, oggi bisogna avere anche una determinata contezza nel gestire anche la crisi e la conclusione di un rapporto amicale. Anche in questo caso, attraverso una semplice ricerca, possiamo trovare risposte nella cultura classica. Difatti, Aristotele fornisce a tale causa un notevole contributo volto a sottolineare il vuoto che si crea nei rapporti amicali privi di quella consapevolezza che alimenta la mancanza di chiarezza, a volte volute ed a volte causate da quelle incomprensioni costruite proprio con l’intento di liberarsi definitivamente dal giudizio sincero e schietto che soltanto un vero amico potrebbe offrirci per superare una difficoltà o una indecisione sia essa in ambito amicale sia in ambito familiare. In realtà, solo in quest’ultimo caso sarà possibile portare avanti legami veri, crescendo con il confronto diretto e soprattutto imparando a misurarsi con il punto di vista di altre persone. Non credo di aver scoperto l’acqua calda affermando quanto detto in questa mia riflessione. Sono certo che molte persone potranno scegliere di vivere la loro “solidità” anteponendola alla “liquidità” proposta da un sistema sociale smarrito e poco incline alla responsabilità delle virtù e dai valori.

Francesco Rao

Direzione Nazionale ANS –


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