La violenza di genere e la società dell’odio
La violenza di genere è sempre più ancorata allo sviluppo della società dell’odio. Brutalità fisiche e verbali sono diventate un motivo ricorrente che non risparmia l’universo donna: ragazze, adolescenti, giovani e signore di qualsiasi età e condizione sociale. Viviamo nell’era della disumanizzazione che ci mette di fronte a prepotenze dai mille volti: percosse, aggressioni, femminicidi. Episodi animaleschi che lasciano segni indelebili anche in realtà geografiche, da sempre considerate oasi di tranquillità, tolleranza e solidarietà. Nonostante la crescente condanna e la presa di coscienza del fenomeno, la cultura della violenza di genere non solo sopravvive, ma è in continua crescita: una donna su tre, infatti, è vittima di prepotenze. Una scia interminabile che, spesso, culmina nel femminicidio. Oggi, come in passato, la donna deve fare i conti con una società maschilista che, nella vita come sul lavoro, la schiavizza, le toglie la dignità e addirittura la speranza.
La ricorrenza del 25 novembre, giornata contro la violenza di genere, deve essere spogliata dell’abito celebrativo per indossare quello della proposta e dell’azione politico-sindacale.Le parole di Papa Francesco, pronunciate nell’omelia della messa allo stadio nazionale di Bangkok, che ha richiamato i governanti della Thailandia sul problema prostituzione, anche minorile, legata al turismo sessuale,vanno interpretate come un richiamo all’intera umanità sulla condizione della donna. La schiavitù del sesso non ha latitudini ed il fenomeno continua ad essere un business delle organizzazioni criminali.La violenza sulle donne ha mille facce: la subisce anche chi riesce ad abbandonare i campi profughi libici per approdare a Lampedusa.Quel sogno di raggiungere la libertà, molto spesso, finisce nei fondali del Mare Nostrum, dove giovani mamme annegano stringendo il figlioletto al petto. Episodi che la società metabolizza in fretta per fare largo all’indifferenza o addirittura all’odio veicolato dalla politica sovranista.
L’odissea delle immigrate non fa parte delle narrazioni, ma di una quotidianità senza orizzonte. “Mamma sto morendo perché non respiro…ti voglio bene”: questo l’ultimo sms alla madre di una ventiseienne vietnamita ritrovata cadavere, assieme ad altri 39 compagni di viaggio, lo scorso mese di ottobre in un camion frigo in Gran Bretagna. In un mondo disumano, sono donne e bambini che più di ogni altro pagano il tentativo di approdare in contesti geografici dove la libertà è un diritto. A volte non immaginano che anche nelle democrazie occidentali non c’è posto per chi scappa da guerre, persecuzioni, schiavitù e dalla miseria. Esseri umani respinti, confinati per interminabili giorni sui natanti che li hanno salvati in attesa di un porto sicuro.È violenza di genere quando una lavoratrice è mobbizzata, quando il suo salario è diverso da quello di un collega, quando la sua giornata lavorativa non lascia spazio alla sua famiglia ed anche quando mancano gli asili nido, i consultori, l’assistenza sociale.
Non si può sottacere sulle poche opportunità occupazionali offerte al mondo femminile soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo come la Calabria. La politica litiga, mentre aumenta la disoccupazione, e alle vecchie si aggiungono le nuove povertà imposte dalla globalizzazione.Il mondo è alle prese con una metamorfosi antropologica connessa al progresso tecnologico che ci ha catapultati nell’era digitale. Sono mutati i paradigmi della comunicazione, diventata semprepiù virtuale, che limita l’efficacia dei freni inibitori fino a farci diventare cittadini della società dell’odio con rigurgiti razziali che viaggiano veloci lungo le autostrade telematiche. E attraverso i social media, strumenti che non vanno assolutamente criminalizzati, vengono veicolati linguaggi sessisti, razzisti che, come sta accadendo negli ultimi tempi, hanno come bersaglio le donne. Anche quante sono state private dei loro anni più belli perché segregate nei campi di concentramento nazisti. In Italia, come nel resto del mondo, si sono formate colonie molto agguerrite di hater: odiatori di professione, che hanno i loro influencer nella vita politica, sociale e culturale del nostro Paese. I loro messaggi di odio, oltre duecento e-mail al giorno, continuano ad avere come obiettivo la senatrice Liliana Segre.
Se questa è democrazia…
Nausica Sbarra
Coordinatrice, Donne, Giovani e Immigrati Cisl Calabria