LA VERA ATOMICA NON E’ LA PRESCRIZIONE, MA L’APOCALISSE PROVOCATA DAL MALTEMPO

Camera dei deputatiAltro che bomba atomica sulla prescrizione, l’Italia vive una grande emergenza. Le scene apocalittiche che interessano la Penisola, da Nord a Sud passando per le isole, assomigliano all’effetto provocato da tante atomiche che la natura sta sganciando su un territorio fragile come le ossa di un centenario. Quattordici milioni di alberi distrutti dal maltempo di queste ultime settimane, conseguenza dei cambiamenti climatici che interessano il pianeta violentato e sfruttato dagli egoismi dell’uomo e dalla miopia di potenti capi di stato, non è certo   un fatto normale in un Paese che, senza interventi tesi a riparare gli enormi danni provocati dell’incuria dell’uomo, appare destinato ad una lunga e lenta agonia.Le strade spazzate via dalla furia delle acque, abitazioni invase dallo straripamento di fiumi e torrenti, le coste cancellate dai marosi, bambini che annegano per la piaggia caduta o che scompaiono nel fango, famiglie che pagano con la vita per i mancati interventi sul territorio, l’economia di interi comprensori regionali ridotti in brandelli non sono forse paragonabili ai danni provocati da una bomba atomica?Drammi collettivi che i singoli cittadini, alla fine, sono costretti a vivere sulla loro pelle. Oggi, regioni come il Trentino, la Liguria, il Veneto, la Calabria, la Sicilia (tanto per citare alcune realtà geografiche alle prese con l’emergenza) sono state gravemente danneggiate dal maltempo; ieri l’Abruzzo, le Marche, il Lazio devastate dal terremoto con gli abitanti costretti a patire per i ritardi dell’intervento statale. L’emergenza in Italia non è un fatto nuovo, ma è diventata cronica per la mancanza di un piano di salvaguardia del territorio, montano e costiero, di difesa del patrimonio paesaggistico, dei centri storici che sono il fiore all’occhiello dell’offerta turistica del Belpaese. E allora, di cosa vogliamo parlare?  Gli italiani gradirebbero che si parlasse del loro futuro e non già dello scontro sotterraneo tra Di Maio e Salvini, del distinguo tra i ministri Buongiorno e Bonafede.

 I morti, le distruzioni, i danni all’economia richiedono un altro tipo di dibattito, altre proposte, altri interventi in aggiunta a quelli programmati o in itinere. E ciò anche se si dovesse momentaneamente rinviare qualche punto del contratto di governo, magari tra quelli che provocano attrito tra i due maggiori azionisti dell’esecutivo gialloverde.   Agli italiani, è vero, interessa la sicurezza, che non è soltanto quella per impedire l’invasione del sacro suolo della Patria dall’immigrazione irregolare; non è soltanto evitare che la prescrizione cancella reati.  Interessano l’occupazione e lo sviluppo che non possono, assolutamente, ridursi in mancette elettorali per  agevolare l’assalto alle istituzioni dell’Ue; interessano le grandi infrastrutture per non isolare l’Italia rispetto al resto delle economie occidentali e non già  le ossessioni luddiste che provocano solo emarginazione; interessa curare la grave ferita di Genova di cui, a tre mesi dal tragico episodio agostano, ancora non  si conoscono le vere cause del crollo e chi sono i colpevoli di un evento, forse annunciato, che non è frutto del caso: fulmini, bobine precipitate dal transito di mezzi di trasporti speciali  che hanno la sostanza  delle fake news. Gli italiani che hanno dato fiducia a leghisti e grillini chiedono tante altre cose: altrettanto indispensabili rispetto al rogito notarile che, fino ad oggi nonostante le incompatibilità, tiene unità l’attuale maggioranza di governo. Da guardare con interesse – ci mancherebbe altro – considerata l’incapacità della storica classe dirigente di affrontare le conseguenze drammatiche delle politiche neo liberiste. Il fascino della globalizzazione ha ammaliato gran parte delle classi dirigenti degli ultimi trent’anni che non hanno avuto il coraggio di varare politiche locali in grado di fare scudo all’attacco allo stato sociale sferrato da modelli di economia mondiale.

Gli effetti positivi sull’economia e il benessere dei cittadini registrati dal sistema Italia durante i “gloriosi trenta” hanno prodotto una sorta di narcosi che ha impedito alla politica di assumere provvedimenti locali per limitare alcuni effetti della globalizzazione.  Anche la grande crisi del 2008 che dagli Stati Uniti si è spostata in Europa è stata sottovalutata, come se fosse un problema degli altri, che non ci riguardasse. I rischi sono stati sottovalutati, forse, per nascondere sotto il tappeto la polvere della corruzione e il sistema marcio dei partiti che la denuncia del compianto Enrico Berlinguer- fatta nel luglio del 1981 in un’intervista ad Eugenio Scalfari – aveva indicato come “macchine di potere e di clientela” e che tale degenerazione è stata “l’origine dei malanni dell’Italia”.Anche i discendenti di quegli stessi partiti che per tanto tempo hanno gestito il sistema clientelare, oggi, si scandalizzano per l’avanzata del populismo, quando i loro antenati, pur di conquistare o consolidare il consenso, sono stati i fautori del populismo istituzionale.

Oggi, invece, di disegnare un progetto in grado di creare sviluppo e occupazione, si attua la politica della demonizzazione delle forze di governo e dei loro leader, ignorando, o facendo finta di non capire (come viene confermato dai sondaggi), che i gialloverdi traggono consenso dal disagio che attraversa trasversalmente la società italiana, convinta che se il Paese è più povero la colpa ricade su chi l’ha governato in passato. Questo è un grave errore, e al tempo stesso un ulteriore pericolo che non si affronta con i social e la stampa schierata a difesa di un sistema che garantisce l’interesse dei mercati e trasforma l’uomo da cittadino a scarto. Ma per far questo i tradizionali partiti hanno l’obbligo di fare autocritica: tutti, iniziando dalla sinistra. Per scacciare i fantasmi del passato però non bastano le estemporanee crociate contro populismi e sovranismi, ma il ritorno al primato della Politica.  Quella con la P maiuscola, capace di programmare e decidere nell’interesse dei cittadini, di tutti i cittadini, senza la pressione di quanti si affidano alla libertà della rete per convincere la gente di essere in grado di governare e, dunque, di salvare il Paese.

Concetti facili da enunciare, ma difficili da applicare. E l’attuale stato di confusione lo sta dimostrando.

                  Latella testone  Antonio Latella  – giornalista e sociologo


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