LA RELAZIONE TRA INNALZAMENTO DELL’ISTRUZIONE, CRESCITA DELLA PRODUTTIVITA’ ED EMPOWERMENT FEMMINILE

DORIANA DORO 1La teoria del capitale umano (Becker, 1964; Blaugh, 1970) sviluppatasi all’inizio degli anni ’60 è una teoria sistemica che vede l’educazione come un vantaggio (commodity). Le qualificazioni che l’istruzione dà costituiscono un capitale che può essere speso per acquistare altri vantaggi sociali (reddito, prestigio, potere) dato che le posizioni più importanti, secondo la teoria funzionalista, sono riservate alle persone più istruite, che sono, o sono considerate, migliori. Se si considera l’istruzione un bene di investimento, si ritiene che essa possa accrescere la possibilità, personale o collettiva, di produrre beni economici ed è possibile compiere delle valutazioni di carattere quantitativo, misurandone il contributo alla crescita economica e determinando il “saggio di rendimento” dell’investimento in capitale umano. Ne consegue che i singoli sono incentivati a studiare per migliorare le loro prospettive occupazionali e che i governi progrediti investono in istruzione, in quanto, una società più istruita ottiene, in un tempo più breve, livelli di sviluppo più elevati. Alla luce di queste considerazioni teoriche, si può evidenziare che, se da un lato il livello d’istruzione femminile oggi è fortemente aumentato superando anche, in alcuni casi, quello maschile, di contro si assiste ad un incredibile “spreco”di risorse. Spreco significa, in termini economici, non utilizzare in maniera produttiva delle risorse che si hanno a disposizione. Lo spreco, così inteso, ha dei risvolti, delle conseguenze. Nelle svariate situazioni in cui la donna, non potendo scegliere, rinuncia, lo spreco porta innanzitutto ad un ristagno dello sviluppo economico di una Nazione. La Road Map e le politiche di genere dell’Unione europea avevano fissato, entro il 2010, l’obiettivo della parità di genere inteso come il raggiungimento della piena uguaglianza. Questo significa trovare un modo giusto per intraprendere delle misure efficaci. C’è stata già un’evoluzione in tale senso: determinate lauree e professioni erano femminili solo per una ristretta minoranza. Oggi le donne medico, avvocato, magistrato, ingegnere, architetto, manager sono in netto aumento. Sono segnali positivi ma non bastano. 2 L’accesso alle professioni è aperto in maniera paritaria ma la progressione nella carriera, il famoso tetto di cristallo è tante volte impedito alla donna. In Italia nei gangli del potere: nella politica, nella direzione dei giornali, nelle strutture manageriali delle grandi imprese il gioco è tra uomini nei posti al vertice. Ci sono anche differenze oggettive nelle retribuzioni : le donne che raggiungono posizioni di alto livello hanno comunque stipendi inferiori. Un fattore fortemente ostacolante è la maternità. Bisogna tuttavia considerare che la donna in carriera di oggi risponde al management moderno che non vuol più dire lavorare e raggiungere una progressione di carriera in nome del dio denaro, la donna è portavoce più dell’uomo del lavoro come servizio, non è mercificazione in termini di denaro e di potere, ma lavora e cerca di migliorare professionalmente per passione. Oggi deve ancora dominare l’idea fordista che ci debba essere una corrispondenza tra tempo di lavoro e prodotto realizzato? La donna ha senz’altro meno tempo rispetto all’uomo perché deve conciliare i propri impegni familiari con l’attività lavorativa. Si tratta dunque di attuare un piano d’intervento anche nel nostro Paese, ciò che è già stato fatto da tempo nelle Nazioni del Nord Europa, a livello prima legislativo e poi con una determinata politica di un ulteriore ampliamento dell’offerta di servizi a sostegno della donna. Offrire servizi utili per aiutare le donne che hanno sempre fatto tante cose da sole con sacrifici enormi anche in termini di rinunce, persino ad avere una famiglia per poter raggiungere determinate gratificazioni professionali. Ci dovrebbe essere uno stipendio base uguale per donne e uomini, bisognerebbe poi dare di più in base al merito che sia maschile o femminile questo non dovrebbe importare in quanto l’intelligenza e le capacità sono di entrambi i sessi ma occorre unire a tutto questo un’adeguata politica di servizi per aiutare la donna. Concludo con una citazione. “Non esiste una donna astratta, ma persone diverse tra di loro per condizioni economiche, culturali, di appartenenza ad una determinata società o religione, diverse per pensiero e per opinioni politiche. Il sesso non è l’unico elemento che per un verso differenzia e per l’altro unifica. E poi non esistono le donne amanti della pace, non violente, rispettose dei diritti umani e dell’ambiente, ecc., ma ogni donna ha la sua individualità, le sue aspirazioni, le sue capacità. Perché le donne possano aspirare alla leadership sono necessarie alcune condizioni. Anzitutto la libertà: quando non esiste la possibilità di esprimere le proprie opinioni senza pericoli o minacce non vi possono essere donne leader. 3 Le donne fanno parte dell’umanità, né peggiori né migliori degli uomini, con gli stessi pregi e gli stessi difetti, con gli stessi desideri e la stessa intelligenza. Tra le donne leader e il tessuto sociale di avanzamento della condizione femminile vi è un rapporto di reciprocità: le donne leader aiutano lo sviluppo delle altre donne, ma non sarebbero mai leader se non avessero dietro di sé una società in cui le donne hanno peso e responsabilità.” (Dagli atti del Convegno Internazionale “Le donne, la leadership: un’utopia”. Torino, 14 ottobre 2006. Intervento di Maria Magnani Noya). Si è liberi e c’è un vero senso di libertà quando si può scegliere. Il processo di sviluppo umano è inteso come espansione della libertà. Riflettendo sulla condizione femminile, in senso universale, la donna non può raggiungere un livello accettabile di Empowerment, come auspicano tutte le politiche di genere, se non può essere messa nella condizione di poter scegliere, soprattutto e in tanti casi, per le condizioni economiche di svantaggio in cui riversa, non solo per i condizionamenti culturali ai quali è soggetta, rispetto a tutti i contesti della vita in cui è indispensabile una risposta, quando le è permesso dire di no e quando si vede costretta a dire di si. La libertà, così intesa, cioè la capacità di scelta degli individui, ha un valore intrinseco ed è condizione del benessere, della felicità e della piena realizzazione della persona.

Doriana Doro   – Sociologa


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