LA FAMIGLIA E GLI ABUSI VERSO L’INFANZIA.
Le violenze all’infanzia, purtroppo una costante nella storia dell’umanità, sono oggi prese in considerazione da più punti di vista. Esistono violenze sia nella società (per es. il lavoro minorile, la prostituzione, il traffico di organi,) che nella famiglia.
FAMIGLIA E VIOLENZA
Per indicare le molteplici violenze sul bambino, oggi si tende ad usare il termine generale di abuso (Child abuse): in tal tipo di problemi si è passati da un’ottica prevalentemente medica ad un’ottica psico-sociale che mette a fuoco le cause e gli effetti dei comportamenti adulti. Le età particolarmente vulnerabili sono quelle dell’infanzia e dell’adolescenza. Riflettiamo sul concetto di abuso.“Gli abusi sono gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale: manifestazioni sono la trascuratezza e/o lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale e da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino. Una delle forme più frequenti di abuso è il maltrattamento (altre forme sono lo sfruttamento a scopo di lucro, l’avvio alla prostituzione, alla droga ecc..). Anche la nozione di maltrattamento riveste un carattere relativo perché dipende da modelli socio-culturali e dai valori presenti in una società. Il maltrattamento a livello familiare comprende una serie di comportamenti e situazioni spesso interagenti e può essere ulteriormente specificato.
MALTRATTAMENTI FISICI
Sono molto diffusi e sono stati studiati in particolare da Kempe e dal suo gruppo a Denver. Vi si può constatare l’esistenza di ecchimosi, ematomi, fratture con caratteristiche particolari, emorragie intracraniche ed oculari,ecc….Tali manifestazioni vanno inquadrate in un’analisi dei fattori familiari e sociali: i componenti della famiglia non sono in grado di fornire spiegazioni convincenti ed il fanciullo si mostra spesso ripiegato su se stesso o impaurito.E’ molto difficile stabilire i casi di decessi e di invalidità permanente; sembra, però, che in determinati gruppi la mortalità sia compresa fra il sei ed il ventotto per cento.
OFFESE PSICHICHE
Sono difficili da scoprire ed una definizione è quanto mai problematica. Forse si potrebbe dire: ”Può essere considerata come un’offesa di ordine psichico derivante da maltrattamenti ogni comportamento suscettibile di ferire in modo duraturo o definitivo il sentimento della propria dignità che ogni essere umano deve possedere (es. il disprezzo continuo e profondo, l’abbandono morale, le violenze verbali e simboliche). Gli effetti molto dipendono dalla sensibilità del bambino, dal tipo di relazione che egli ha con i membri della famiglia e dal sostegno affettivo che può trovare al di fuori. Le reazioni più frequenti sono l’irascibilità, il comportamento pseudo-adulto, la diffidenza eccessiva, l’angoscia.
Tutti i ceti sociali non sono esenti da tal genere di offese.
ABUSI SESSUALI
Essi, più di altri tipi di abusi permettono di misurare le trasformazioni sociali e culturali via via intervenute soprattutto in relazione a forme di repressione, disapprovazione, tolleranza che possono suscitare. Una definizione del Consiglio d’Europa afferma che è abuso sessuale nei confronti dell’infanzia sia ogni rapporto che provochi lesioni fisiche sia ogni rapporto che non rispetti nel bambino il diritto ad una libera scelta. I motivi profondi dell’abuso sessuale sono diversi , molto complessi e variano se l’incesto è consumato fra padre e figlia, madre e figlio, ecc… In genere sono sintomo di gravi psicosi e di disgregazione familiare.
TRASCURATEZZE
Esse fanno riferimento a maltrattamenti passivi, legati ad assenze di cure e a negligenze che danneggiano la crescita e lo sviluppo del fanciullo.
Si può parlare di trascuratezze quando vengono a mancare le cure legate al cibo, all’alloggio, al vestiario, alla scuola, ma non semplice è una definizione del fenomeno e non facile l’applicazione ai casi concreti che devono tener conto dell’ambiente sociale e culturale. Un autore (Polanski) definisce la trascuratezza “Quella condizione in cui una persona responsabile dell’assistenza al bambino, sia deliberatamente o per straordinaria disattenzione, permette che egli soffra per un’esperienza evitabile nel presente e/o non provveda ad uno o più elementi comunemente considerati come essenziali per il suo sviluppo fisico, psichico, affettivo”.
PROBLEMATICHE
1.Nelle famiglie maltrattanti ricorrono incidenze significative quali situazioni di isolamento sociale e culturale, condizioni di povertà, emarginazione, disoccupazione, alloggi spesso inadeguati; ma tali aspetti non costituiscono le uniche ragioni dei maltrattamenti: essi possono solo provocare l’aggravamento di una situazione familiare già compromessa. Parecchie sono le teorie che tentano di spiegare le cause dell’abuso nei riguardi del bambino (e, più in generale, le varie forme di violenza all’interno della famiglia): l’abuso, in ogni caso, sottintende sempre una crisi a livello personale e familiare. Un tempo ci si basava su una spiegazione che metteva in luce un modello psicopatologico: il genitore violento veniva identificato con lo psicopatico e l’alcolizzato, oggetto, a suo tempo, di esperienze infantili negative.Nei genitori che maltrattano i figli è certamente presente una storia personale di violenza e disagi, ma alcool e droga non sembrano avere una funzione causale vera e propria nello scatenarsi del fenomeno del maltrattamento.Oggi si tende a credere che il genitore che maltratta non si differenzi eccessivamente dalla generalità delle altre persone: difficile è tracciare un quadro personologico ed una tipologia precisa.Solo alcuni tratti di personalità sembrano ricorrenti: una tendenza all’isolamento, una immagine povera e distorta di sé, un forte senso di dipendenza, una scarsa capacità di controllo degli impulsi, la tendenza ad una inversione del ruolo genitoriale. Alcuni studiosi hanno focalizzato le loro ricerche sulle madri che abusano. Tali madri avrebbero un’incapacità di fondo ad investire nel bambino le proprie risorse fisiche, psichiche e psicologiche, a comprendere le sue reazioni e necessità, attribuendo spesso al figlio sentimenti impropri.Esse sarebbero prive (o quasi) di affetto, di senso di colpa ed intolleranti alle frustrazioni.
- Quanto alla prevenzione e al trattamento, oggi le discipline sociali tendono a distinguere una prevenzione primaria, una secondaria ed anche una prevenzione terziaria. Con il termine di prevenzione primaria si indica l’insieme delle misure volte ad eliminare le cause degli abusi; esse intendono prevenire l’insorgere del fenomeno ed il suo manifestarsi; con prevenzione secondaria si indicano quegli accorgimenti che mirano a trattare il fenomeno in maniera puntuale per prevenire una manifestazione completa ed il suo ripetersi ( vi rientrano, per es., la pronta identificazione dei casi di maggior rischio, la registrazione di casi e di dati, i corsi per l’ educazione genitoriale ed anche interventi durante la crisi per es. gruppi di aiuto, ecc…). Nella prevenzione terziaria, che è il trattamento in senso stretto dei fenomeni di violenza, vengono collocate “tutte quelle misure strettamente individualizzate o specifiche che la società pone in essere a posteriori dopo che si è verificato un determinato episodio critico. In tal categoria si fanno rientrare la psicoterapia e le risposte di tipo giudiziario-punitivo”.
UNA BREVE CONCLUSIONE
Oggi l’infanzia, senza dubbio, è al centro delle preoccupazioni delle famiglie ed anche di chi lavora in campo politico e sociale ( si parla di “Ecologia dell’infanzia”), ma è anche bene ricordare che molti sono i minori i cui diritti sono calpestati e che, non godendo di una crescita equilibrata, forse domani presenteranno, più di altri, problemi a livello personale e sociale.
BIBLIOGRAFIA
-R.S.Kempe, C.H.Kempe “Le violenze sul bambino” Armando, 1980.
-G.Gulotta, “Famiglia e violenza”, Giuffrè, 1984.
A.C. Moro “I diritti inattuati del minore” Ed.La Scuola, Brescia, 1983
Dr. Doriana Doro, sociologa
Vice presidente Dipartimento Piemonte