LA FAMIGLIA CON SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, LINGUISTICO E CULTURALE

MARIA RITA MALLAMACI 3 ottobre 2015La famiglia, oggetto di attenta osservazione da parte dei sociologi, è uno dei prodotti della storia, essendo la somma concatenata di una serie di esperienze storiche. Serve, in questo contesto, puntare la nostra lente di ingrandimento sulla famiglia che presenta carenze socio-economiche, linguistiche e culturali.Ho voluto estrapolare direttamente dal dizionario Treccani il significato del termine svantaggio, presente nel titolo:“Lo svantaggio è una condizione sfavorevole che riduce o addirittura toglie le probabilità di riuscita, o reca danno per qualche motivo o a qualche fine, o mette comunque in una situazione di inferiorità rispetto ad altri…” Già questa semplice definizione mette in luce tutta una serie di condizioni negative e, nel caso di una famiglia, termini come: ridurre, togliere, recare danno, inferiorità, indicano l’estrema difficoltà nella quale essa si può trovare.Quando si parla di famiglia è bene avere coscienza che il suo sviluppo e le sue vicende sono strettamente legati alle condizioni sociali, economiche, culturali e politiche della società in cui essa vive, e che la stessa è fortemente dipendente da alcuni valori di riferimento essenziali e dalle tendenze culturali propri della società. Quella che è sotto i nostri occhi ha, dunque, un passato e, come tutto ciò che è in perenne evoluzione, quasi nulla corrisponde al modello che ci siamo lasciati alle spalle e che è stato classificato col nome di “Famiglia Patriarcale”.

La famiglia patriarcale ha costituito un modello familiare che ha caratterizzato soprattutto il periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Al suo interno le decisioni del padre, il capo famiglia, non erano mai messe in discussione da nessun altro componente, pena una punizione che veniva applicata senza esitazioni, come saltare il pasto. Tutto era accentrato nelle sue insindacabili e inappellabili decisioni: la famiglia dipendeva da lui. Il padre, che spesso era il padrone, aveva un comportamento piuttosto rude e sbrigativo, ma d’altra parte si lasciava alle spalle una guerra che aveva distribuito terrore e miseria, in una società tutta da rifare, con una economia inesistente. Toccava a lui riprendere le fila di una dignità familiare che si era perduta: è stato questo il padre che, con una fatica incredibile e con la collaborazione di tutta la famiglia, ha creato le basi per il raggiungimento della sicurezza, della tranquillità, dell’equilibrio psico-fisico, economico e sociale della stessa. Certo, se ne ricava una immagine di uomo molto forte, che credeva in determinati valori morali e che riteneva che solo attraverso specifici comportamenti si potesse mantenere l’unità familiare, era anche dotato di un altissimo senso del dovere e non si abbandonava facilmente al timore di affrontare il futuro, o perlomeno era abituato a non mostrare mai le proprie fragilità. Le donne della famiglia patriarcale conservavano un ruolo di manifesta riservatezza all’interno delle mura domestiche, vestendo i panni di angelo del focolare o, laddove era strettamente necessario, collaboravano con il marito prevalentemente nel lavoro dei campi.

Il linguaggio di questa famiglia era codificato in modo preciso e concreto, non lasciava spazi a dubbi e fraintendimenti: i suoi componenti, certo, parlavano poco durante le ore di lavoro ma quand’anche il tempo libero era fatto di silenzi o poche parole, chi di dovere riusciva a comprendere perfettamente cosa faceva e come stava la famiglia. La vista e l’udito erano più che sufficienti per cogliere, senza filtri, ogni dettaglio ed ogni sfumatura dialettica e comportamentale. Gli adulti, il capofamiglia e le donne di casa, vigilavano e riuscivano ad “annusare” i cambiamenti, le trasformazioni, le realizzazioni e le difficoltà di ciascun membro.Tutto ciò si concretizzava, a seconda delle stagioni: durante l’inverno davanti al braciere, lo strumento più usato soprattutto nelle campagne per riscaldarsi, poi quando la famiglia era a tavola per il convivio serale e, durante l’estate, quando erano tutti seduti a godere del fresco nell’aia di casa. Questa era la famiglia rappresentata e supportata dall’articolo 29 della Costituzione italiana: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

I sacrifici compiuti costituivano le basi di un progetto familiare e sociale fondato soprattutto sul riscatto e sulla possibilità di migliorare il proprio status, e fu così che avvenne che nei decenni successivi la situazioni mutò radicalmente.Di fatto gli anni ’60-’70-’80 rappresentano un ulteriore periodo di trasformazione dal punto di vista sociale, economico, politico e culturale e conducono al consolidamento di un altro tipo di famiglia, quella che è arrivata ai nostri giorni e che viene definita “Famiglia Nucleare”, conseguenza diretta dello sviluppo della “Famiglia Molecolare Tradizionale”, tipica di quegli anni, che conservava ancora al suo interno modelli di comportamento tradizionale mescolati alle risultanze provenienti dagli effetti mondiali della contestazione giovanile e dallo sviluppo del movimento femminista. Questo cambiamento ha generato notevoli difficoltà, scardinando alcuni valori considerati fino a quel momento intoccabili, ma d’altra parte la rivoluzione sociale e culturale degli anni ’60 ha fatto scaturire nuove esigenze, creando inevitabili modificazioni nella struttura familiare che non è riuscita ad oltrepassare indenne il sovvertimento delle priorità preesistenti.

Indubbiamente il modificato ruolo sociale e politico delle donne ha avuto una grossa influenza nella composizione del nuovo assetto familiare, e ha determinato profondi cambiamenti in quella che un tempo era stata anche una famiglia numerosa: da questo momento in poi si sceglie quanti figli avere, anche in base alle aspettative di realizzazione personale e professionale che hanno i coniugi.E ancora, questo è il periodo in cui si cominciano a vedere i risultati consolidati della lotta alla analfabetizzazione, iniziata già dalla metà degli anni ’50.In effetti la famiglia patriarcale, avendo spesso una struttura lavorativa a carattere agricolo-rurale, non era dedita prioritariamente agli studi, le famiglie, molecolare prima e nucleare in seguito, puntano al compimento degli studi universitari per i propri figli. Profondi cambiamenti caratterizzano anche l’ambito educativo: negli anni ‘70, quasi per moda, si lascia ai figli una sorta di libero arbitrio sin dall’infanzia, alcune correnti sociologiche e pedagogiche promuovono l’assenza dei “NO” dal linguaggio intra familiare e l’assenza di regole strutturate, generando una sorta di “possibilismo educativo” e puntando allo sviluppo della personalità del bambino considerando i divieti di qualunque natura ed in ogni ambito, quali inutili barriere.

Un altro fattore che ha segnato un passaggio importante e ha determinato un mutamento epocale in ambito socio-culturale, sempre dalla metà degli anni ’50 in poi, è stato l’avvento della televisione: il mezzo televisivo ha radicalmente cambiato il rapporto tra la famiglia e la società.Lo sviluppo esponenziale del suo utilizzo, oltre a quello di tutti i mezzi di comunicazione di massa, ha ridotto drasticamente il tempo del confronto all’interno del nucleo familiare, ha dilatato a dismisura la possibilità di gestire il tempo di libero, soprattutto dei bambini e degli adolescenti, ed ha introdotto una serie di linguaggi non recepibili, nell’immediato, dagli adulti ma assorbiti, in tempi strettissimi, proprio dai più piccoli.Inoltre, fra gli strumenti che hanno contribuito alla amplificazione delle potenzialità umane vi sono internet ed il cellulare, queste tecnologie costituiscono tutt’ora una sorta di protesi umana che aumenta il raggio d’azione per realizzare cose altrimenti impossibili, ma che sostanzialmente influenzano e modificano la vita quotidiana delle persone.

Dagli anni ‘90 in poi il cellulare occupa il posto d’onore essendo un mezzo di comunicazione particolarmente intrusivo non solo nella vita degli adulti, ma anche in quella degli adolescenti e  dei bambini. Il cambiamento sociale portato dalla rivoluzione digitale oggi, e dalla televisione prima, per molto tempo non è stato accompagnato da alcun tipo di educazione alle immagini, ma oggi noi sappiamo che non serve informare, perché abbiamo già tanta informazione ed i giovani in particolare ne hanno troppa, serve rendere consapevoli. Serve che i ragazzi tornino ad una vita reale, dove l’incontro con gli altri sia l’incontro con l’umanità.Ed ancora, il processo di modernizzazione della famiglia ha generato, nel corso del tempo, nuovi modelli improntati anche sul principio della flessibilità, che è la stessa che caratterizza gli attuali processi di produzione. La perdita delle forme di vita sociale basate sulla routine e rappresentate da un lavoro fisso o a tempo indeterminato, ed il continuo confrontarsi con il rischio, soprattutto quello economico, espone gli individui e le loro famiglie al pericolo che i cambiamenti dei percorsi di vita e qualunque altra modificazione portino ad una qualche “deriva”.

Questa è anche la famiglia che demanda al suo esterno una serie di ruoli:

  • al mezzo televisivo, che conduce per mano il bambino attraverso il suo tempo libero;
  • alla scuola che rappresenta, oltre che il luogo dello sviluppo culturale e personale dei bambini e dei ragazzi, anche un momento, nell’arco della giornata, in cui gli insegnanti coadiuvano i genitori nello sviluppo educativo dei loro figli.

Succede molto spesso, però, che il tutto avvenga nel disinteresse dei genitori che non intrattengono con gli insegnanti adeguate modalità collaborative e questo costituisce un altro grave danno nel processo dello sviluppo individuale dei figli che si ripercuote anche all’interno delle mura domestiche, cioè della famiglia. Per contro accade che, proprio nelle dinamiche socio-scolastiche, emerga un nuovo tipo di genitore, definito dagli inglesi genitore spazzaneve per la attitudine di mamme e di papà a “ripulire” la strada dei propri figli da qualsiasi ostacolo, fallimento o insuccesso che  possa loro capitare.Ciò accade in modo preventivo, quando i genitori si attivano per far sì che ai figli vada sempre tutto bene, ed in modo successivo, quando cercano di porre rimedio a quelle situazioni sfuggite al loro controllo. Moltissimi genitori vivono nell’affanno, per far sì che i figli non incontrino mai difficoltà, sconfinando spesso anche nella sfera strettamente personale, come le relazioni sentimentali se si tratta di adolescenti.

 

*A QUESTO PUNTO DELLA RELAZIONE, LA MODERATRICE DEL CONVEGNO, CON ATTO D’IMPERIO,  HA TOLTO LA PAROLA ALLA RELATRICE… 

“SOCIOLOGIAONWEB”, CONVINTA DI FARE COSA GRADITA AI SUOI LETTORI, HA DECISO DI RIPORTARE ANCHE LA PARTE CHE I CONVEGNISTI NON HANNO POTUTO ASCOLTARE. 

 

Vi sono casi in cui i figli vengono eccessivamente guidati, e condizionati, nella scelta del percorso di studi da intraprendere o nella scelta dello sport da praticare e, ancora, moltissimi genitori difendono, oltre misura, i propri figli davanti alle istituzioni scolastiche affermando che gli stessi sono sempre in buona fede, qualunque cosa facciano, che sono studiosi profittevoli, e giudicano assolutamente ingiusti sia le valutazioni che i provvedimenti presi dagli insegnanti.Dal momento che noi sappiamo che i figli, sin da piccoli, acquisiscono la capacità di riconoscere i propri errori ed i propri limiti, comprendiamo come i comportamenti di questi genitori sono disfunzionali perché ostacolano la crescita e non aiutano a sviluppare il ragionamento critico dei propri figli che, quindi, coltivano anche l’idea che ogni cosa che fanno sia giusta ed ogni situazione che affrontano debba essere sempre rivolta a proprio favore. I genitori che agiscono così sono fortemente impreparati ad affrontare gli insuccessi dei figli e vivono le loro difficoltà come se fossero le proprie, credono sia necessario eliminare ogni occasione negativa dalla vita dei loro figli per non dover essere loro stessi a porre rimedio, e così facendo inibiscono loro qualunque espressione risolutiva, lasciandoli in una condizione di minorità e di immaturità.L’insicurezza che predomina nella nostra società e che incombe sul futuro dei giovani non aiuta a risolvere o attenuare queste dinamiche, d’altra parte, però, è compito dei genitori fornire sostegno e supporto per la crescita e lo sviluppo dei propri figli, ma tutto ciò andrebbe fatto senza rendere impossibile o prevenire le loro autonomie e le loro modalità di affrontare la vita.Se i genitori agiscono in modo non eccessivamente protettivo e senza minare la fiducia dei propri figli ciò equivale, soprattutto in questi momenti non floridi dal punto di vista socio-economico, a vincere una grande sfida. Infatti, è proprio in un periodo come questo, caratterizzato da un’alta insicurezza sociale, che i ragazzi se non sono eccessivamente protetti, hanno la possibilità di maturare e trovare da soli le migliori capacità ed energie per costruirsi un ruolo nella vita, adatto a sé stessi.

CONCLUSIONI

La disamina storica della famiglia sollecita, a mio parere, un paio di interrogativi che voglio condividere con voi, cosicché ognuno per la propria parte e la propria specialità possa elaborare un pensiero, anche con carattere risolutivo. Se la famiglia ha sempre avuto un potente rapporto col suo esterno, se il proprio sviluppo e le proprie trasformazioni sono passati attraverso un incessante lavoro di scambio, un’osmosi che ha portato al suo interno rivoluzioni, sovversioni, cancellazioni, guerre, miserie, incertezze e paure: perché la famiglia a struttura patriarcale è riuscita, a suo tempo, a convertire il tutto in un progetto di futuro e di riscatto, mentre la famiglia a struttura tecnologica, oggi, rimane involta in una spirale soffocante che, spesso, non ammette via d’uscita? Dal mio punto di vista le considerazioni vanno fatte seguendo almeno un paio di percorsi: uno è quello legato al proliferare di una modalità socio-comunicativa a carattere eccessivamente globalizzato, l’altro è legato al concetto di responsabilità. Nel primo caso è riscontrabile come la cultura, l’economia ed il linguaggio, in questo momento storico non hanno più confini riconoscibili, la famiglia non ha, già da qualche tempo, un rapporto diretto con la realtà che la circonda: piuttosto assorbe, spesso senza i filtri necessari, modelli sociali e culturali che non aspettano e non le consentono di maturare nuovi parametri, creando stati di impotenza e di angoscia che opprimono. Laddove, dunque, la famiglia non ha gli strumenti necessari per strutturarsi, ponendo al suo interno senso del limite, individuazione delle capacità insite e valori propri di riferimento, rimane fagocitata da un sistema sociale che apparentemente offre di tutto e di più, ma che in realtà non consente l’azione negli spazi giusti per lo sviluppo dell’autonomia familiare e l’autodeterminazione dei suoi componenti.Nel secondo caso, invece, andrebbe valutato il senso di responsabilità e cioè, mentre cinquanta o cento anni fa dire “famiglia” non richiedeva spiegazioni, né di senso né di significato, perché tutti sapevano cosa fosse, oggi servono analisi e chiarimenti proprio perché manca la responsabilità e la formazione stessa alla maternità e alla paternità.Vivere con il timore della società del futuro non aiuta, la società non supporta le responsabilità familiari anzi, per citare il sociologo Sandro Bernardini, “… l’attuale società legittima a tutti i livelli l’irresponsabilità”. Questo non perché le mamme siano cattive o i padri pessimi, ma perché la società non legalizza più, da tempo, istituti di responsabilità a nessun livello e ovviamente sappiamo già chi ne fa le spese: i minori. D’altra parte assistiamo quotidianamente alla cronicizzazione di uno strano fenomeno: l’infantilizzazione degli adulti che diventa l’adultizzazione dei bambini.

 

        Maria Rita Mallamaci Sociologa – Criminologa

        Vice presidente ANS Dipartimento Calabria

        Convegno Nazionale ANPEC – Reggio Calabria 3 ottobre 2015

 

BIBLIOGRAFIA

“I sociologi e la famiglia” Nuovi bisogni Nuove Risposte

interventi di Bernardini e Censi, 2006 , Cooperativa Sociale Maggio 82, Associazione Nazionale Sociologi, ANS Dipartimento Lazio, Consorzio Sociale COIN

“Dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare e tecnologica” Percorso storico-economico-sociologico

Renzo Montemurno, 2008, Cannarsa Editoria Grafica

“Guinzaglio elettronico” Il telefono cellulare tra genitori e figli

Brancati, Ajello, Rivoltella, 2009, Donzelli Editore

“La famiglia è competente” Consapevolezza, autostima, autonomia: crescere insieme ai figli che crescono

Jesper Juul, 2007, Feltrinelli Saggi

“Genitori grandi maestri di felicità”

Giovanni Bollea, 2005, Feltrinelli Saggi

“Crescere con la TV e internet” dal telecomando al mouse

Luciano Arcuri, 2008, Editrice il Mulino

 

            P.S.

 

Certi convegni formativi – informativi, a volte, per come si svolgono, diventano polpettoni che impediscono alla platea  di gustarne gli ingredienti, anche i più raffinati , e lasciano al palato  il gusto di un logorroico brodo di cui solo il cuoco ne va fiero. Ci è dispiaciuto  aver appreso che il contributo della Vicepresidente dell’ANS Calabria  non sia avvenuto nell’interezza del suo contenuto. Una parziale visione sociologia, sicuramente, non avrà lasciato il dovuto segno rispetto a un argomento di grande importanza sociale e pedagogica. Le relazioni, peraltro concordate, sono il frutto di un impegno lavorativo che merita assoluto rispetto. Per questo esprimiamo solidarietà alla dottoressa Maria Rita Mallamaci.

Antonio Latella


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