LA DIMENSIONE MULTICULTURALE E’ LA GRANDE SFIDA PER LA NOSTRA SOCIETA’

 

BRUZZESE ANNAMARIAUna storia indiana, tratta dal Sakuntala di Kalidasa, uno dei drammi più famosi della letteratura sanscrita, narra di un grande elefante che se ne sta davanti ad un saggio immerso nella meditazione. Il saggio guarda e dice : « Questo non è un elefante ». Dopo un pò l’elefante si volta ed incomincia ad allontanarsi lentamente. A questo punto il saggio si chiede se per caso non possa esserci in giro un elefante. Alla fine l’elefante se ne va. Quando è ormai sparito, il saggio vede le orme che l’animale ha lasciato e dichiara con sicurezza : « Qui c’era un elefante ».

La storia fu segnalata da Bruner (1990), psicologo dell’educazione, da un suo amico israeliano ed è stata ripresa da Geertz (1995), antropologo culturale.

Ho appreso questa storia dal libro di Mantovani, L’Elefante Invisibile (1998), che lessi ai tempi dell’ Università per l’esame di Antropologia culturale. Ebbene, al di là del contenuto del libro, di indubbio interesse, anch’io come l’autore, ritengo che l’immagine dell’elefante invisibile agli occhi del saggio, sia ad oggi una raffigurazione efficace del concetto di multiculturalità e ancor più della dimensione culturale nella nostra società.

Di multiculturalità si parla molto, è un dato di fatto, il concetto descrive la compresenza di culture diverse entro una società. Ma è pure un dato di fatto che, la nostra società difficilmente sa riconoscere la dimensione culturale e ancora più difficilmente la sa affrontare. Come un elefante invisibile : la dimensione culturale è invisibile perché non si sa come e cosa guardare, forse a causa dei nostri pochi strumenti conoscitivi o forse perché spesso la comprensione avviene a posteriori, dopo i fatti, come l’elefante che è riconosciuto dalle orme, anziché dalle zanne o dalla lunga proboscide.

Stante anche le notizie che i mass media trasmettono, ciò che emerge nella nostra società è una sensazione di spaesamento: da un lato assistiamo all’invasione di culture non occidentali (diverse dalla nostra) e dall’altro percepiamo che la nostra stessa cultura sta mutando. Così, per mancanza di elementi e strumenti per comprendere l’attuale cambiamento, e soprattutto per difendere la propria identità culturale, concediamo sì uno spazio all’altro ma in nome di diritti da noi stessi costruiti, senza scambio, senza capire, senza infine accogliere l’altro e l’altra cultura. Assistiamo sempre più a due opposte tendenze che si scontrano: da un lato quella globalizzante, dall’altro, quella identitaria. La prima, sappiamo bene, come non rispetta le differenze, e in nome dell’economia mondiale, produce l’identico globale. La seconda, in difesa dell’identità “a tutti i costi” produce solo limiti, chiusure, e un’improbabile ricerca dell’identico a sé stesso. In entrambi i casi, il risultato è un appiattimento culturale. Non si tratta di scegliere tra globalizzazione e identità particolare. E’ necessario che tutte le società siano chiamate ad affrontare la grande sfida multiculturale che è in atto. In che modo? Mantovani, nel suo libro, sostiene che trovarsi davanti ad una cultura diversa è come trovarsi dinanzi ad un bivio: possiamo disconoscerla e disprezzarla oppure capirla e rispettarla. A noi la scelta, dunque. La storia e la sociologia ci insegnano che i rapporti tra gli uomini sono sempre oscillati tra negazione e affermazione della diversità, scontri e incontri tra culture. Pertanto ognuno di noi deve abituarsi a vedere l’altro non come una minaccia ma come un’opportunità di arricchimento senza però dimenticare le proprie radici e la propria memoria storica e culturale.

Ben vengano i progetti di intercultura, soprattutto nelle scuole, dove vi è una presenza crescente di bambini di famiglie immigrate (o fondate su situazioni di immigrazione), ed è proprio dalle nuove generazioni che bisogna partire per affrontare la grande sfida multiculturale.  Nella logica dell’ intercultura i processi di socializzazione non mirano all’integrazione delle diversità bensì all’ interazione tra le diversità.  L’intercultura è orientata all’arricchimento reciproco finalizzato alla convivenza pacifica e alla ricerca collettiva di soluzioni appropriate per far fronte alle difficoltà del multiculturalismo (Nanni e Al. 1999).

Infine, se vogliamo spingerci oltre,  attraverso l’intercultura è possibile realizzare la transcultura, cioè la capacità di muoversi all’interno di diverse culture senza essere totalmente assorbiti da nessuna di esse; il che è possibile solo quando riconosciamo ogni cultura come espressione di un fondamento comune a ciascun uomo. Ma procediamo a piccoli passi, la sfida multiculturale è tutt’ora in atto, speriamo di non uscirne sconfitti. Una società multietnica e multiculturale è possibile, bisogna riuscire a vedere la cultura come una rete che permette alle differenze di co-esistere e di ri-conoscersi.

 

Annamaria Bruzzese – Sociologa


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