LA CONCEZIONE DELLO STATO DI MACHIAVELLI
In questo articolo prenderemo in considerazione la concezione dello Stato di Machiavelli. Tale concezione è pesantemente condizionata dal fortissimo pessimismo di Machiavelli che pensava che gli uomini fossero per natura malvagi. Ma proprio da questo pessimismo scaturisce per Machiavelli la necessità dello Stato, considerato il solo rimedio con cui si poteva vincere la crudeltà pericolosa degli individui.
<<=== Prof. Giovanni Pellegrino
Nei capitoli centrali del Principe il concetto sul quale Machiavelli insiste continuamente per giustificare i consigli crudeli che egli dà al suo principe è che solo operando duramente contro chiunque lo minacci egli salverà lo Stato e con esso la possibilità stessa del vivere civile. Secondo Machiavelli per mantenere lo Stato occorrono alcune virtù e soprattutto tre istituzioni: religione, leggi, milizia, mancando le quali non può esservi che estremo disordine estrema rovina.
Per questo Machiavelli discute spesso della religione, insiste sulle leggi e pone al centro del suo pensiero le milizie. Per Machiavelli la religione non è un sentimento individuale ma un fatto sociale che obblighi al rispetto della parola data e leghi l’individuo allo Stato. Machiavelli è estremamente duro con la Chiesa cattolica che viene accusata apertamente di aver causato la rovina dell’Italia. Spesso Machiavelli estende l’accusa dalla Chiesa alla stessa religione cristiana accusata in confronto con la religione pagana di essere troppo tendente a richiamare l’attenzione degli uomini dalla terra al cielo.
Lo Stato per l’autore fiorentino accentra in sé tutta la vita civile e la stessa vita interiore dell’uomo cosicché nel pensiero di Machiavelli pare esservi poco spazio per altri valori fuori dallo Stato. Rimossi o subordinati questi valori non resta che lo Stato e non resta che il cittadino giudicato secondo il suo grado di socialità e la forza delle sue virtù civiche. Da ciò l’insistenza del Machiavelli sul termine di virtù una parola che deriva dal latino vir. La virtù si arricchisce di una nuova carica morale e sentimentale e diventa la virtù per eccellenza ovvero quello che distingue il vero cittadino dall’uomo privo di socialità.
L’opera del Machiavelli è tutta piena di eroi caratterizzati dal massimo grado della virtù. Questi personaggi si mettono in evidenza per la loro abilità di fondare e mantenere in vita gli Stati grazie alla loro eccezionale virtù. Tuttavia, il Machiavelli figlio anche in questo del suo tempo constata l’esistenza di limiti all’agire umano che è condizionato dalla situazione in cui opera. È ciò che Machiavelli chiama “occasione” e che noi con una parola moderna possiamo definire situazione condizionante. Per Machiavelli l’uomo anche geniale e “virtuoso”. Al massimo grado per poter esprimere interamente le sue qualità deve trovarsi in situazioni che gli permettano di mettere in atto le sue doti potenziali. Ma se” l’occasione” condiziona l’agire politico anche degli uomini più virtuosi vi è fuori dalla portata delle capacità umane una forza che può limitarle.
Machiavelli chiama tale forza col termine Fortuna. La Fortuna è per lui ciò che è estraneo al volere dell’uomo e alla sua capacità di previsione. La Fortuna è altresì il caso brutale che può intervenire e distruggere i disegni meglio architettati, l’avvenimento fortuito che può annientare l’uomo più virtuoso. In questa concezione del mondo e dello Stato di Machiavelli era implicita anche una morale. Infatti, l’accentuazione del valore dello Stato, come unica istituzione che assicuri una vita civile, dovevano portare logicamente Machiavelli a fissare per le nostre azioni un criterio di giudizio meramente politico. Machiavelli non poteva accettare pertanto una legge morale dettata da Dio che fosse fuori dal potere dello Stato.
Machiavelli fondò un nuovo criterio di giudizio morale fondato solo sulla “verità effettuale “cioè sulla realtà qual essa effettivamente è. Possiamo dire che col concetto di verità effettuale elaborato da Machiavelli la politica diventava davvero un’attività autonoma dotata di una morale sua propria che le permetteva di trovare una sua piena autonomia. Nel pensiero di Machiavelli l’uomo politico va giudicato e condannato o esaltato solo per la congruenza delle sue azioni ai suoi fini. Le pagine fondamentali per capire questo aspetto del pensiero di Machiavelli sono i capitoli centrali del Principe là dove egli tratta delle virtù che il principe deve possedere.
In tali pagine del Principe egli cerca di dimostrare come certe azioni buone secondo la morale dell’uomo privato siano cattive in politica inquanto danneggiano lo stato e con esso la comunità. Al contrario altre azioni cattive, se commesse dal privato, sono buone in politica in quanto aiutano a mantenere in vita lo Stato e pertanto aiutano la comunità. Vi è dunque in Machiavelli una distinzione tra morale privata e morale politica e le infrazioni che Machiavelli consiglia nei riguardi della morale corrente, sono consigliate solo per il politico e solo in quanto utili allo Stato.
D’altra parte, Machiavelli fa una distinzione tra principi e tiranni considerando tiranno chi governi a suo vantaggio, principe che agisce nell’interesse dello Stato cioè della collettività. A mettere insieme i tanti passi del Principe nei quali egli consiglia la violenza la crudeltà ma solo quando sono necessarie, verrebbe voglia di dire che il principe sia concepito dal Machiavelli come una vittima della sua posizione, un uomo costretto dalla malvagità altrui ad essere anche crudele. Il Principe per Machiavelli è una specie di asceta della politica disposto a giocarsi anche l’anima pur di adempiere al proprio dovere e mantenere in vita lo Stato.
D’altra parte, è evidente in Machiavelli la preoccupazione nei riguardi del popolo oggetto di una cura alla quale si deve sacrificare tutto dal buon nome all’anima. In estrema sintesi si può dire che Machiavelli considera il suo Principe uno strumento il solo possibile allora a servizio dei sudditi; pertanto, la morale crudele che egli consiglia solo quando sia necessaria è vista appunto in funzione di quel benessere dei sudditi che è conseguente all’esistenza di una Stato ordinato e tranquillo, sicuro da nemici esterni e non condizionato dai disordini provocati dai nemici interni.
Secondo Machiavelli contro i nemici interni vi è il riparo della severità ragionata del Principe, mentre contro quelli esterni vi sono le milizie, uno dei problemi che più preoccuparono il Machiavelli e che egli risolse in un modo che è veramente caratteristico per comprendere il suo pensiero. Egli nella sua vita pubblica ebbe modo di constatare il disordine che regnava quando lo Stato si serviva di milizie mercenarie. Pertanto, Machiavelli fu indotto a consigliare la costituzione di milizie cittadine, che essendo costituite appunto da cittadini non creassero quei problemi propri delle milizie mercenarie. Pertanto, Machiavelli aveva chiara la visione di uno Stato che pur essendo tutto accentrato nelle mani di un principe fosse però costruito in modo tale da garantire il benessere e la tranquillità dei sudditi.
I sudditi quindi dovevano essere interessati alla difesa dello Stato in modo tale che esso non doveva utilizzare milizie mercenarie . Machiavelli appunto perché era mosso da interessi politici vivi e passionali non si accontenta di analizzare e descrivere ma è portato continuamente a sottoporre ai risultati della sua analisi le esigenze della sua passione . Molto importanti sono anche le opere storiche del Machiavelli che possono essere considerate un complemento degli scritti politici nel senso che con esse il Machiavelli intendeva dimostrare ,attraverso lo studio del passato, la validità delle sue tesi.
Lo scritto storico più importante sono le Storie fiorentine .Il fine di tale opera è indicato chiaramente nel proemio dove il Machiavelli rimprovera gli storici umanistici di essersi limitati a raccontare gli avvenimenti di politica estera tralasciando le discordie interne . Machiavelli al contrario degli storici umanistici insiste proprio sulla storia interna di Firenze convinto che tale storia può essere di ammaestramento ai contemporanei e insegnar loro le virtù e i vizi che hanno condotto alla situazione presente.
Concludiamo tale articolo dicendo qualcosa sul giudizio formulato sul Machiavelli dopo la sua morte . Per capire la fortuna di Machiavelli bisogna pensare che subito dopo la sua morte ebbe inizio l’età della Controriforma durante la quale il mondo cattolico fu impegnato a difendersi dalla Riforma Luterana . Inoltre, il mondo cattolico fu costretto a combattere con gli aspetti del Rinascimento in contrasto con la sua concezione della vita .La nuova generazione perciò respinse i rimproveri del Machiavelli alla Chiesa cattolica accusata di avere impedito l’ Unità d’ Italia . La nuova generazione cattolica respinse altresì i rimproveri ancora più gravi al cristianesimo accusato di aver infiacchito gli animi .
Per queste ragioni Machiavelli divenne il bersaglio maggiore dei teorici della Controriforma tanto che il termine di Machiavellismo fu usato dai cattolici per indicare una dottrina eretica e immorale . A difenderlo da queste condanne provenienti dal mondo cattolico alcuni scrittori elaborarono già nel 600 la tesi ripresa anche dal Foscolo, di un Machiavelli che avrebbe finto di consigliare il principe per poterne invece svelare le malefatte e denunziarle al popolo . Questa è una tesi che contravviene alla realtà storica . Altri autori infine hanno esaltato il Machiavelli presentandolo quale campione del pensiero laicista e apostolo dell’ Unità italiana ( basti pensare al De Sanctis). Detto ciò, riteniamo concluso il nostro articolo sulla Concezione dello Stato di Machiavelli .
Prof. Giovanni Pellegrino