LA CALABRIA DELLE MANI TESE E QUELLA DEGLI SGARBI E BRIATORE
Come ogni anno di questi periodi a Cosenza, presso il SERT dell’Ospedale Civile dell’Annunziata, si verifica la medesima vergogna, un vero e proprio atto di oltraggio alla dignità dell’uomo. Migliaia di persone, per la maggior parte anziani ed invalidi, che hanno diritto all’esenzione per il ticket sanitario vengono obbligate a fare ore ed ore di fila prima per ritirare il bigliettino magico che da diritto a procedere, a distanza di almeno una settimana, presso gli stessi uffici e dopo altre ore di fila, alla regolarizzazione della pratica che dovrà essere poi ripetuta il prossimo anno ancora e tutti gli anni a venire finché morte non ci separi. Il tutto si verifica appunto dinanzi al SERT, in via Fiume, per la strada e senza alcun riparo in caso di intemperie, con il pericolo costante di essere investiti dalle auto in transito su di una carreggiata notevolmente ristretta dalle auto lasciate in doppia e tripla fila. Insomma giornate di caos che portano estremi disagi alla popolazione interessata e non, con vigli urbani che devono provvedere a regolamentare il traffico impazzito e guardie giurate che fanno fatica a tenere calme persone molto innervosite, per non dire altro, dallo stato di fatto. È la fotografia della Calabria bisognosa, della Calabria inefficiente ed incurante delle necessità dei propri cittadini, della Calabria delle mani tese e protese al bisogno. Sembra di vedere le stesse immagini che si registrano di questi tempi in Siria, o nei campi profughi della Grecia, Turchia, della stessa nostra Italia, con i rifugiati che tendono le mani per ricevere un tozzo di pane, un brik di latte od un medicinale. Le stesse scene che abbiamo vissuto in prima persona quando, attraverso un progetto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ci recavamo presso il campo Rom sito sul fiume Crati a distribuire, con i volontari dell’Avas, generi di prima necessità. Le stesse medesime immagini, con gente che si accalcava, urlava ed inveiva per avere ciò che gli era stato promesso, ciò che gli spettava di diritto.
Si i diritti, quelli che vengono calpestati quotidianamente e per il rispetto dei quali non ci si ribella più, tanta è ormai l’assuefazione allo stato procurato di bisogno. In questa terra ormai tutto sembra preordinato, sembra scontato che la gente, i giovani, non debbano lavorare, ma emigrare per costruirsi un futuro; che ci debba essere una sola autostrada, continuamente in costruzione o in sistemazione, mentre sulla SS 106 ionica si continua a morire perché quella strada è un attentato alla vita umana; che in Calabria gli aeroporti si debbano chiudere invece che aprire, come quello di Reggio Calabria; che i malati debbano patire la disorganizzazione di un sistema sanitario al collasso: con dei pronto soccorso che sembrano più accampamenti di guerra che non strutture di civiltà del 2016, con malati costretti anch’essi ad emigrare al Nord d’Italia dove le strutture sanitarie presentano ancora standard qualitativi elevati e rispetto per il paziente; dove le persone con disabilità sono costrette, giorno per giorno, a sentirsi persone diverse perché c’è una società che li vede come dei malati ai quali deve essere garantita protezione sociale e cura, invece che degli essere umani la cui condizione di disabilità non deriva da qualità soggettive degli stessi, bensì dalla relazione tra le caratteristiche delle persone e le modalità dei segni attraverso le quali la società organizza l’accesso ed il godimento di diritti, beni e servizi. Per cui una persona si trova in condizione di disabilità non perché si muove con una sedia a rotelle, comunica con il linguaggio labiale, ma perché gli edifici sono costruiti con le scale, si pensa che comunicare sia possibile solo attraverso il linguaggio orale, ecc. L’elenco sarebbe oltremodo lungo se ci soffermassimo sulle conseguenze che questo stato di cose, questo stato di bisogno procurato, sta creando: situazioni di indigenza e livelli di povertà assoluta che si moltiplicano e fanno aumentare le masse di bisognosi che dovranno rivolgersi agli sportelli sanitari per avere l’esenzione del ticket. Una cane che si morde la coda e di cui nessuno si cura, tranne che nei periodi di elezioni dove tutti elargiscono promesse per i bisognosi, i disabili, i disoccupati, il verde, la cultura. Ma le promesse nei periodi elettorali sono come le repliche dei film: sono sempre buone per chi non le ha viste.
A questo aggiungiamo che in Calabria, ed a Cosenza in particolare, il tasso di natalità è ZERO, il che significa che, oltre a diventare una regione, una città, di vecchi, in un’epoca sempre più vicina dei calabresi si sentirà parlare solo nei libri di storia come un popolo scomparso per l’indifferenza collettiva. Eppure basterebbe iniziare dalle piccole cose per cercare di uscire da questo vuoto che ci avvolge: nel Nord d’Italia sono gli stessi medici di famiglia che rilasciano ai propri pazienti il certificato di esenzione in base ad una lista che trovano sul proprio personal computer. Una semplice accortezza, un segno di civiltà ed efficienza, di organizzazione e amore per il lavoro, ma in questo periodo a Cosenza ci sono le elezioni amministrative e per i cittadini sono pronti tanti slogan e promesse appunto, manifesti e santini, facce sorridenti e bene auguranti su facebook, non fatti concreti. Cosenza in questo periodo è una città distratta dall’appuntamento elettorale che sembra più mondano che di impegno civico. Allora le amministrative sono più una passerella per ex ballerini, showman e showoman, divi del cinema e della tv. E’ il periodo del gioco e delle burle, degli Sgarbi e dei Briatore, delle capre e dei caproni, delle cene e dei festini per procacciare voti, a nessuno interessa se ci sono persone che non possono curarsi e devono anche fare ore di maledette file davanti al SERT di Cosenza per avere il bigliettino magico.
Davide Franceschiello – sociologo ( Dirigente Nazionale dell’ASI – Associazione Sociologi Italiani)