L’8 MARZO IO NON MI VIOLENTO

SONIA ANGELISI 9 agosto 2015Come non buttare giù due righe su una delle feste più consumistiche dell’anno. Questo articolo magari non avrà un taglio puramente sociologico, ma sottende riflessioni che mirano al “pensare la nostra società”, in particolare alla figura della donna. Sul vocabolario della Treccani troviamo la seguente definizione di ricorrenza:  il fatto di ricorrere, cioè il ritorno periodico di un avvenimento a determinati intervalli di tempo. Premettendo che personalmente le ricorrenze mi puzzano di commemorazione, mi chiedo cosa ci sarà mai di “ritorno periodico” in quella che viene indicata come Giornata Internazionale della Donna nella opulente società occidentale, in cui tutto è ridotto a mero spettacolo?

L’8 marzo dovrebbe  rammentare a donne ed uomini le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne da sempre sottomesse al dominio maschile. Che questa sottomissione sia scomparsa significa raccontarci una bugia: in modo palese o subdolamente celato, la donna ancora è costretta a subire discriminazioni in tutte le parti del mondo, anche nel nostro civilissimo mondo industrializzato. Non si mettono in dubbio i risultati ottenuti dalle lotte femministe, tuttavia è ancora nettamente visibile il marchio dell’emarginazione, soprattutto quando si vanno a rompere le convenzioni morali e sociali edificate a mura insormontabili intorno alla figura e al ruolo della donna.

L’8 marzo dovrebbe essere un’occasione per ricordare le discriminazioni e le violenze cui le donne sono ancora oggetto in molte parti del mondo. La Giornata della Donna come viene concepita dalla maggioranza, invece, sembra da un lato ghettizzare ulteriormente la condizione femminile, e dall’altro limitare e sminuire quei momenti di riflessione, di dialogo tra uomini e donne su tutte quelle drammatiche condizioni che stigmatizzano le esistenze femminili: le spose bambine, le mutilazioni genitali che segnano tragicamente e irreparabilmente la vita di 100 milioni di ragazzine nel mondo, i femminicidi passionali, gli stupri, i maltrattamenti fisici tra le mura domestiche, lo stalking, ma anche la più sottile  e subdola violenza psicologica fatta di denigrazioni, disprezzo, svilimento.

Accanto alle situazioni estreme appena citate, le donne si ritrovano quotidianamente a lottare per rivendicare delle pari opportunità, proprio perché la nostra partecipazione economica, politica e sociale  è ostacolata continuamente dalle discriminazioni di genere. Sostenere, dunque, che il “ritorno periodico” connesso alla ricorrenza non vede nè il pieno realizzarsi degli obiettivi da sempre inseguiti dalle donne,  nè il ripresentarsi di occasioni di meditazione e pensiero sulla condizione femminile, non mi pare essere un’esagerazione. Dai social alla vita reale, l’8 marzo non si dialoga: l’8 marzo si danno gli auguri.

Verrebbe da fare un appello a tutte: donne, quando l’8 marzo tra un bicchiere di vino e un boccale di birra dimentichiamo di parlare di noi, delle fatiche tutte al femminile che ci hanno condotto ad una condizione migliore ma non ancora dignitosa dell’essere umano, commettiamo su di noi una violenza. Tutte le volte che pretendiamo una mimosa l’8 marzo invece del rispetto ogni giorno, commettiamo su di noi una violenza. Tutte le volte che permettiamo al consumismo di svendere le nostre conquiste sociali come una sciocca festicciola, commettiamo su di noi una violenza. Tutte le volte che permettiamo alla logica del profitto di limitare il nostro desiderio di maternità, che pieghiamo la testa di fronte a comportamenti frutto di mentalità patriarcali e maschiliste, tutte le volte che facciamo l’impossibile per somigliare agli uomini allo scopo di sentirci donne progredite, commettiamo su di noi un’immane violenza.

Infine, tutte le volte che ci diamo gli “auguri” l’8 marzo senza avere memoria degli abusi e delle lotte compiute in nostro nome, commettiamo su di noi una violenza. Impariamo ad avere memoria, ad avere rispetto della nostra storia e pretendiamo che ogni giorno non sia una lotta. Non vorrei essere retorica, ma senza memoria non abbiamo futuro e continueremo a violentarci ogni giorno e a perpetrare violenza contro le donne di domani, alle quali insegneremo ad esigere mimose senza nemmeno saperne il significato.

Sonia Angelisi -sociolga


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