Joker, un corso di sociologia in meno di due ore❗️
“Mia madre diceva sempre di sorridere e mettere una faccia felice…. Mi diceva che ho uno scopo: portare risate e gioia nel mondo.” Arthur Fleck “Joker”(2019)
Introduzione
Ci sono film e film… Alcuni si inseriscono nell’immaginario collettivo perché “pop” e altri per il fatto che toccano alcune corde molto particolari del Sé individuale e sociale…. A questa categoria appartiene “Joker”, uscito nelle sale il 3 ottobre 2019, diretto da Todd Phillips, con Joaquin Phoenix che interpreta il protagonista, Arthur Fleck, affiancato da Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy e Brett Cullen. Si tratta di una pellicola che ha riscosso molto successo alla 76ª mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, tanto è vero che si è aggiudicato il Leone d’oro per il miglior film. Bisogna precisare che, tranne per alcune caratteristiche, non ha nulla a che vedere con il Joker apparso per la prima volta nel mondo dei fumetti negli anni 40. Si tratta di un’opera del tutto diversa che ben si presta ad un’ampia e variegata analisi sociologica, dal momento che è impregnato, dal primo frame all’ultimo, degli assunti fondamentali di questa disciplina, tanto che c’è da chiedersi se Phillips non abbia letto Merton, Goffman, ecc. E’ necessario rammentare che i film si prestano ad una lettura sociologica, dal momento che appartengono alla categoria sociologica delle “rappresentazioni sociali” ovvero una particolare tipologia di “(…) conoscenza, una elaborazione cognitiva, che i soggetti sociali, definiti per la loro appartenenza di un gruppo, effettuano sotto l’influenza di quadri sociali di pensiero e di norme di comportamento collettive, integrando i dati della propria pratica e della propria esperienza”(Jodelet 1989)”.
Siamo nella Gotham City del 1981, una città in pieno abbandono… In questo scenario grigio e caotico ritroviamo Arthur Fleck, un uomo che vive con sua madre, Penny, in uno dei sobborghi più degradati della città. Arthur è affetto da un particolare disturbo neuropsicologico che gli causa, in situazioni di forte stress, delle risate incontrollabili… Ha un solo sogno: diventare un grande cabarettista, come il suo idolo Murray Franklin, che segue in tv insieme a sua madre. Nonostante sogni la gloria, deve accontentarsi, per poter vivere, di fare il pagliaccio…Dopo un’aggressione subita in strada, un suo collega gli consegna una pistola per difendersi… L’arma, durante uno spettacolo gli cade dalla tasca, evento che causa ne il licenziamento immediato… Disperato, entra in metropolitana per tornare a casa, ancora travestito da pagliaccio, quando un gruppo di yuppie lo prende di mira, iniziando così a schernirlo… In un momento di follia estrae la pistola e commette il suo primo atto criminale. L’efferatezza dei crimini sconvolge l’opinione pubblica, tanto che, dopo aver diramato l’identikit dell’assassino, molti abitanti iniziano a truccarsi da pagliacci, trovando una certa vicinanza nel desiderio di eliminare gli esponenti delle classi sociali più abbienti. In tutto ciò Arthrur scopre non solo di essere stato adottato, ma anche di essere stato vittima di abusi da parte del compagno di sua madre…Risentito soffoca sua madre con un cuscino… Il suo mito, Murray Franklin dopo aver visto un video di Arthur in un cabaret, decide di invitarlo nel suo show.
Arthur per il suo grande debutto in televisione crea un trucco da pagliaccio molto più elaborato, si cosparge i capelli di gelatina verde, e dopo aver eliminato il collega di lavoro che gli aveva consegnato la pistola, e disseminato due agenti, giunto negli studi televisivi, chiede di farsi annunciare come Joker, l’epiteto a lui rivolto da Murray. Durante lo show in diretta, prima, dichiara di essere stato l’autore degli omicidi in metropolitana e poi fredda Murray… Il film si conclude con Arthur in un ospedale psichiatrico, in cui, dopo aver scambiato qualche battuta con una psichiatra, lo si vede percorrere il corridoio del manicomio sporco di sangue…
Joker: un intreccio di elementi sociologici
Arthur Fleck/ Joker è in tutto e per tutto un ideal-tipo dell’attore sociale che intraprende una carriera criminale secondo le teorie sociologiche; non è un caso infatti se in una scena con Murray arrivi a dire: “Cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario con una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia? Te lo dico io cosa ottieni: ottieni quel che c…. ti meriti”. Partiamo proprio da questa battuta per cercare di analizzare i vari aspetti di Joker in chiave sociologica. Arthur è un soggetto con disturbi depressivi e una patologia neuropsichiatrica che si manifesta con delle risate incontenibili, segno di un forte livello di ansia, causata da lesioni cerebrali inflitte durante l’infanzia dal compagno della madre adottiva, Penny. Notiamo come una patologia psichiatrica venga vissuta con una certa riprovazione e ribrezzo, tanto è vero che è costretto ad esibire un cartellino in cui spiega la causa delle sue risate … Riecheggia così l’eco delle posizioni di Thomas Szasz, che considera la malattia mentale come il prodotto di una costante tensione, di una lotta per decidere come vivere e come relazionarsi con gli altri. Per cui le malattie mentali, secondo Szasz, così come sono viste dalla psichiatria non sono altro che una “metafora che abbiamo scambiato per fatto. Noi chiamiamo le persone fisicamente ammalate quando il loro funzionamento corporeo viola certe norme anatomiche e fisiologiche; similmente chiamiamo mentalmente ammalate le persone quando la loro condotta viola certe norme etiche, politiche e sociali”(Szasz 1974). Infatti Arthur, comprendendo la visione scientista della psichiatria, rivolgendosi alla sua psicoterapeuta dice: “Lei non mi ascolta! Mi fa sempre le stesse domanda ogni settimana: come va il lavoro? Hai avuto pensieri negativi?”. Questo personaggio, quindi, vive in gran parte gli esiti sociali negativi della sua patologia, che lo porta ad interpretare il sick role, ovvero il ruolo del malato, che secondo Parsons, si accompagna ad una sorta di disattivazione delle comuni attività. Viene meno l’apporto, della persona ammalata, al buon funzionamento della società, che si traduce in un significativo distaccamento dal sociale stesso.
“La cosa peggiore di avere una malattia mentale, è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi”(Artur Fleck), cioè anche se sei ammalato tu devi essere sempre e comunque produttivo per il sistema altrimenti sei out, sei fuori dai giochi! Si tratta di un’affermazione così funzionalista, che supera a momenti, interi trattati di sociologia funzionalista e integrazionista! Perché di fatto, chi è portatore di una forma di diversità, di una particolare patologia, non è assoggettato ad una sorta di delicatezza nel non notarla“Questi individui debbono fare i conti con la triste caratteristica di produrre danni quasi in tutti gli incontri in cui si trovano(Goffman. 2003).
Ora passiamo ad un altro passaggio importante della battuta “….con una società che lo abbandona e poi lo tratta come immondizia”. Arthur si riferisce a tutto il set sociale che versa in condizioni tali per cui i meno abbienti non hanno possibilità essere tutelati dal sistema… Il che ha un chiaro richiamo alle teorie conflittualiste, in cui la variabile benessere dipende dalla distribuzione delle risorse, che muta a seconda della posizione e possibilità di accesso alle stesse. Cioè il sistema sociale è più orientato verso i gruppi, le classi più abbienti, tanto è vero che Arthur sottolinea un aspetto molto importante, riferendosi alle vittime della metropolitana “Oh ma perché tutti si disperano per quei tre? Se fossi stato io a morire sul marciapiede voi mi avreste camminato sopra! Io vi passo accanto ogni giorno e non mi notate!”. Con questo passaggio viene marcato in suo ruolo, e quindi la sua bassa posizione occupata nel sistema gerarchico della società in cui è inserito! Un sistema in cui le norme di ogni tipo portano impresse dentro di sé il marchio dei gruppi sociali più potenti…Poiché sono in molti a vivere la sua stessa condizione, diviene per così dire, leader, eroe, mito per tutte quelle persone che provano sulla propria pelle l’inferiorità economica, e quindi individuale e sociale. Infatti, Gotham City sprofonda nel caos, in seguito all’uccisione dei tre yuppie, poiché le classi sociali meno agiate si rendono conto che i propri interessi non sono più soddisfatti, aggregandosi, così, in un gruppo di interesse contro il sistema, cioè “un gruppo i cui membri condividono espliciti intenti comuni e traggono vantaggio da politiche e pratiche sociali simili”(Sullivan 2014).
Un ulteriore aspetto, inerente alle questioni di classe, necessita di essere analizzato… Ovvero il simbolismo della scala che Arthur, in almeno tre scene percorre… Nel periodo antecedente agli omicidi nella metropolitana, Fleck percorre la scala al buio dal basso verso l’alto…. E’ come se il regista voglia sottolineare quanto in basso fosse collocato, e quanto debba faticare per portare un po’ di luce, e quindi la possibilità di farsi notare dal resto della società, dal resto della struttura gerarchica… Dopo l’assassinio dei tre ragazzi, accade qualcosa, una presa di consapevolezza, “Per tutta la vita non ho mai saputo se esistevo veramente… Ma ESISTO… E le persone iniziano a notarlo”; infatti per la prima volta percorre la scala dall’alto verso il basso, in piena luce, per recarsi al suo grande debutto nel mondo dello spettacolo accanto al suo idolo Murray. Sembra quasi che il regista abbia ben in mente, in chiave sociologica, quanto sia difficile il meccanismo della mobilità sociale, inteso come la capacità di collocarsi in una classe sociale superiore, dal momento che le classi presentano una “(…)rigidità dei confini delle classi dal quale dipende (…) il tasso di mobilità sociale esistente in una società: entrare in certe classi (operai, contadini, impiegati) è facile, ma è difficile uscirne, com’è difficile entrare in altre (alti dirigenti, proprietari terrieri)”(Gallino 2014).
Conclusioni
“Tutti, in effetti, sono orrendi oggigiorno, abbastanza da far impazzire chiunque” Arthur Fleck.
Potremmo dire che questo film, questa rappresentazione sociale, è un vero e proprio viaggio nei diversi meandri della sociologia, e quindi della società e forse di un attuale “Umano… Troppo umano” tanto per citare Nietzsche! La deprivazione, la violenza estrema, il tradimento e la rivalsa… Un vissuto paradossale: essere costretto a ridere pur non avendo mai gioito nella propria vita… Questo Joker è un cattivo che nasce reietto per diventare eletto… Un cattivo che diventa eroe in una società intollerante verso ogni forma di diversità… Da invisibile diventa visibile… Più volte è stato costretto a rifugiarsi nei meandri più angusti della sua città… Eppure riesce ad innalzarsi, ad andare contro il sistema per affermarsi, per raggiungere i suoi scopi… Proprio con il sangue… Perché da sempre si suggellano nuovi patti sociali con questo “ematico inchiostro”… Delirio/realtà, verità/falsità, ridere/piangere… E’ questa la commedia esistenziale…. “That’s life”….
Davide Costa-Sociologo
Bibliografia
Gallino L.2014, Dizionario di sociologia Deagostini Libri S.p.A., Novara;
Goffman E. 1969, La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna ed. orig.: 1959;
Goffman E. 2003, Espressione e identità. Giochi, ruoli, teatralità. Il Mulino, Bologna;
Jodelet 1989 “La rappresentazione del corpo e delle sue trasformazioni” in Farr, R.M., Moscovici S., “Rappresentazioni sociali” Il Mulino, Bologna;
Merton R. K. 1968, Teoria e struttura sociale, Bologna, il Mulino, trad it. 2000;
Sullivan T. J. 2014, Politiche sociali Un approccio sociologico ai problemi sociali, Pearson Italia, Milano, Torino;
Szasz T. 1974, Ideology and insanity, Penguin, Harmondsworth.