Ipercontrollo nella famiglia normale e patologica…Se lo ami davvero lascialo andare
L’ipercontrollo…il fatto che si tratti di controllo in relazioni interpersonali e famigliari già suscita in noi avversione: cosa può esserci di normale in un controllo! Figurarsi in un ipercontrollo! Già, di fatto almeno in alcune fasi della nostra vita, nostra madre, o chi in sua vece, ha esercitato su di noi un controllo stretto, molto stretto che noi definiremo come ipercontrollo. Questo controllo è stato funzionale alla nostra crescita o meglio alla nostra incolumità dal momento che viviamo in luoghi non adatti a bambini di età inferiore agli 8 anni. Certo sarebbe bello poter far fare ai nostri figli esperienza, lasciare che si feriscano, magari in modo lieve in modo che sperimentino i limiti, che vedano da soli cosa si può fare e cosa risulta pericoloso. Ci sono due limiti secondo me insormontabili a questa considerazione: 1. Alcune esperienze sono troppo gravi mettono a rischio la vita stessa del fanciullo e la sua qualità di vita futura, la sua incolumità, e non vanno fatte. 2. La nostra società non dispone di spazi adatti, per cui anche nelle aree gioco il bimbo raramente può essere lasciato completamente solo. Alcuni esempi: sarebbe bello anziché limitare la libertà fisicamente il bimbo potesse utilizzare utensili e oggetti di comune utilità in modo da scoprirne il senso e l’uso, ma in casa nostra può davvero imparare ad utilizzare i gas, o l’acqua calda, o le stoviglie senza ferirsi?
Può imparare ad attraversare la strada senza rischio, facendo tentativi ed errori? Bene credo che tutti siamo d’accordo sul fatto che i genitori debbano vigilare sui figli in misura tanto maggiore quanto minore è l’età.Chiameremo questa vigilanza resa necessaria dal nostro stile di vita e dai pericoli delle nostre case come ipercontrollo. Di fatto però crescendo il controllo deve via via attenuarsi e le madri dovrebbero modulare la propria presenza in relazione alle sempre migliori autonomie del fanciullo. Questa modulazione sul controllo dei figli non è facile da stabilire, per mille motivi: dall’insicurezza circa il non essere una buona madre, alle esperienze negative precedenti, o al controllo subito ed interiorizzato dalla madre stessa nella propria infanzia che viene pertanto riproposto. Ciò che ne risulta è un eccessivo controllo protratto oltre i ragionevoli limiti di età e competenze. Di questi meccanismi ne abbiamo discusso nella trilogia: L’ipercontrollo nella famiglia normale e patologica: Se lo ami davvero, lascialo andare ISBN-13: 978-1071-19069-2; e Il doppio legame, modalità di comunicazione nella famiglia normale e patologica. Settembre 2018. ISBN 978-1718-15413-1; e Il ricatto affettivo, una modalità di relazione nella famiglia normale e patologica. EFBI Dicembre 2018. ISBN 978-1790-77095-3.
Concludendo ipercontrollo, ricatto affettivo e doppio legame, sono le principali modalità di relazione, nelle nostre famiglie. Questi meccanismi radicati, accettati e considerati normali, vengono riproposti di generazione in generazione. Di fatto l’ipercontrollo impedisce al figlio di crescere e di essere autonomo. Lo deresponsabilizza impedendogli di scegliere. Nella peggiore delle ipotesi crea una dipendenza affettiva tra controllore e controllato. Se abbiamo fiducia nei nostri metodi educativi dobbiamo avere coraggio di lasciare liberi i nostri figli. Se stimiamo i nostri figli dobbiamo lasciarli liberi, sappiamo che loro faranno del proprio meglio e se dovessero sbagliare sanno che potranno contare sul nostro aiuto e la nostra solidarità. Il ricatto affettivo invece è una sorta di maledizione, associa l’amore alla ricompensa, nella migliore delle ipotesi, allo sfruttamento dell’altro assoggettandolo ai nostri servigi nei casi più gravi. Svilisce quanto di più prezioso abbiamo nei rapporti interpersonali. Celebra la fedeltà ad ogni costo al prezzo della vita stessa. Il doppio legame stabilisce una modalità di comunicazione esclusiva e controllante che solo che ne è coinvolto può comprendere, impedisce di fare scelte libere, di avere una vita e desideri propri.
Questi comportamenti iper-controllanti o ricattanti non riguardano solo la famiglia tradizionale con genitori e figli…ma tutte le relazioni interpersonali. Nella famiglia la responsabilità educativa è sicuramente più grande: i nostri figli assorbono come spugne ed interiorizzano i nostri comportamenti. È una grande responsabilità quella educativa che come adulti noi tutti abbiamo, indipendentemente dall’essere o no genitori vedi anche: Genitori quasi perfetti, stili parentali tra pedagogia e psicologia. A. Aceranti, S. Vernocchi. ISBN 9781976115271. 2018. Quando si tratta di famiglie composte da individui adulti l’intento educativo viene meno, ma rimangono validi i valori di fraternità, collaborazione, sostegno, aiuto, amore e reciproca dedizione, sicuramente un modello di relazione basato sull’ipercontrollo, sul ricatto o sul doppio legame mina le relazioni interpersonali. Il bisogno di amare e di essere riamati non conosce limiti di età. Direi anzi, non conosce limiti. Nei rapporti interpersonali mettiamo in atto le stesse relazioni che abbiamo appreso in famiglia dove ciascuno di noi impara ad amare, ad essere fratello, sorella, impara il valore della vita, della cultura, della fede, del denaro.
Proponiamo ciò che abbiamo appreso.
L’ipercontrollo ha la sua radice nell’acquisizione dei limiti, quindi nei primi anni di vita, 0-3. Entro i 3 anni il bimbo ha la percezione del sé distinto dal sé materno. Nella definizione del sé si definiscono i confini della persona, si limita e ribadisce la propria territorialità, nella legittimazione della proprietà privata, nella limitazione delle libertà personali, si definisce il senso del diritto. Il ricatto affettivo ha la sua radice nel baratto, nello scambio, ti do affinché anche tu mi dia. E va bene, anzi benissimo finché si tratta di lavoro, in tutte le relazioni un certo scambio è naturale, spontaneo: ti faccio un regalo in occasione del tuo compleanno, mi aspetto che tu faccia altrettanto, vengo con te ad una festa per farti compagnia spero che tu faccia la stessa cosa. Ricordiamoci che ciascuno di noi cerca di fare del proprio meglio, ogni individuo per sé e per i propri cari cerca di «essere» del proprio meglio. Nell’amore, nell’affettività c’è dell’altro: il baratto, lo scambio, non sono sufficienti. Nelle relazioni amorose riproponiamo gli stessi schemi interiorizzati della nostra infanzia e consideriamo amore, attenzione, tenerezza qualcosa che in realtà, magari per altri non è. L’ipercontrollo nelle relazioni amorose crea sfiducia, oppressione, il controllato si sente soffocato finisce per allontanarsi. Ciascuno ha il proprio stile genitoriale, anzi ciascuno ha il proprio stile di amore. È possibile analizzare in modo scientifico gli stili educativi genitoriali? È possibile modificare il proprio stile educativo? Se il nostro stile educativo si fonda sull’ipercontrollo, sul ricatto affettivo o sul doppio legame sarebbe auspicabile diventarne consapevoli e limitare i danni.
L’ipercontrollo…il fatto che si tratti di controllo in relazioni interpersonali e famigliari già suscita in noi avversione: cosa può esserci di normale in un controllo! Figurarsi in un ipercontrollo! Già, di fatto almeno in alcune fasi della nostra vita, nostra madre, o chi in sua vece, ha esercitato su di noi un controllo stretto, molto stretto che noi definiremo come ipercontrollo. Questo controllo è stato funzionale alla nostra crescita o meglio alla nostra incolumità dal momento che viviamo in luoghi non adatti a bambini di età inferiore agli 8 anni. Certo sarebbe bello poter far fare ai nostri figli esperienza, lasciare che si feriscano, magari in modo lieve in modo che sperimentino i limiti, che vedano da soli cosa si può fare e cosa risulta pericoloso. Ci sono due limiti secondo me insormontabili a questa considerazione: 1. Alcune esperienze sono troppo gravi mettono a rischio la vita stessa del fanciullo e la sua qualità di vita futura, la sua incolumità, e non vanno fatte. 2. La nostra società non dispone di spazi adatti, per cui anche nelle aree gioco il bimbo raramente può essere lasciato completamente solo. Alcuni esempi: sarebbe bello anziché limitare la libertà fisicamente il bimbo potesse utilizzare utensili e oggetti di comune utilità in modo da scoprirne il senso e l’uso, ma in casa nostra può davvero imparare ad utilizzare i gas, o l’acqua calda, o le stoviglie senza ferirsi?
Può imparare ad attraversare la strada senza rischio, facendo tentativi ed errori?
Bene credo che tutti siamo d’accordo sul fatto che i genitori debbano vigilare sui figli in misura tanto maggiore quanto minore è l’età. Chiameremo questa vigilanza resa necessaria dal nostro stile di vita e dai pericoli delle nostre case come ipercontrollo. Di fatto però crescendo il controllo deve via via attenuarsi e le madri dovrebbero modulare la propria presenza in relazione alle sempre migliori autonomie del fanciullo. Questa modulazione sul controllo dei figli non è facile da stabilire, per mille motivi: dall’insicurezza circa il non essere una buona madre, alle esperienze negative precedenti, o al controllo subito ed interiorizzato dalla madre stessa nella propria infanzia che viene pertanto riproposto. Ciò che ne risulta è un eccessivo controllo protratto oltre i ragionevoli limiti di età e competenze. Di questi meccanismi ne abbiamo discusso nella trilogia: L’ipercontrollo nella famiglia normale e patologica: Se lo ami davvero, lascialo andare ISBN-13: 978-1071-19069-2; e Il doppio legame, modalità di comunicazione nella famiglia normale e patologica. Settembre 2018. ISBN 978-1718-15413-1; e Il ricatto affettivo, una modalità di relazione nella famiglia normale e patologica. EFBI Dicembre 2018. ISBN 978-1790-77095-3.
Concludendo ipercontrollo, ricatto affettivo e doppio legame, sono le principali modalità di relazione, nelle nostre famiglie. Questi meccanismi radicati, accettati e considerati normali, vengono riproposti di generazione in generazione.Di fatto l’ipercontrollo impedisce al figlio di crescere e di essere autonomo. Lo deresponsabilizza impedendogli di scegliere. Nella peggiore delle ipotesi crea una dipendenza affettiva tra controllore e controllato. Se abbiamo fiducia nei nostri metodi educativi dobbiamo avere coraggio di lasciare liberi i nostri figli. Se stimiamo i nostri figli dobbiamo lasciarli liberi, sappiamo che loro faranno del proprio meglio e se dovessero sbagliare sanno che potranno contare sul nostro aiuto e la nostra solidarità. Il ricatto affettivo invece è una sorta di maledizione, associa l’amore alla ricompensa, nella migliore delle ipotesi, allo sfruttamento dell’altro assoggettandolo ai nostri servigi nei casi più gravi. Svilisce quanto di più prezioso abbiamo nei rapporti interpersonali. Celebra la fedeltà ad ogni costo al prezzo della vita stessa.
Il doppio legame stabilisce una modalità di comunicazione esclusiva e controllante che solo che ne è coinvolto può comprendere, impedisce di fare scelte libere, di avere una vita e desideri propri. Questi comportamenti iper-controllanti o ricattanti non riguardano solo la famiglia tradizionale con genitori e figli…ma tutte le relazioni interpersonali. Nella famiglia la responsabilità educativa è sicuramente più grande: i nostri figli assorbono come spugne ed interiorizzano i nostri comportamenti. È una grande responsabilità quella educativa che come adulti noi tutti abbiamo, indipendentemente dall’essere o no genitori vedi anche: Genitori quasi perfetti, stili parentali tra pedagogia e psicologia. A. Aceranti, S. Vernocchi. ISBN 9781976115271. 2018. Quando si tratta di famiglie composte da individui adulti l’intento educativo viene meno, ma rimangono validi i valori di fraternità, collaborazione, sostegno, aiuto, amore e reciproca dedizione, sicuramente un modello di relazione basato sull’ipercontrollo, sul ricatto o sul doppio legame mina le relazioni interpersonali.
Il bisogno di amare e di essere riamati non conosce limiti di età. Direi anzi, non conosce limiti.Nei rapporti interpersonali mettiamo in atto le stesse relazioni che abbiamo appreso in famiglia dove ciascuno di noi impara ad amare, ad essere fratello, sorella, impara il valore della vita, della cultura, della fede, del denaro. Proponiamo ciò che abbiamo appreso.L’ipercontrollo ha la sua radice nell’acquisizione dei limiti, quindi nei primi anni di vita, 0-3. Entro i 3 anni il bimbo ha la percezione del sé distinto dal sé materno. Nella definizione del sé si definiscono i confini della persona, si limita e ribadisce la propria territorialità, nella legittimazione della proprietà privata, nella limitazione delle libertà personali, si definisce il senso del diritto. Il ricatto affettivo ha la sua radice nel baratto, nello scambio, ti do affinché anche tu mi dia. E va bene, anzi benissimo finché si tratta di lavoro, in tutte le relazioni un certo scambio è naturale, spontaneo: ti faccio un regalo in occasione del tuo compleanno, mi aspetto che tu faccia altrettanto, vengo con te ad una festa per farti compagnia spero che tu faccia la stessa cosa. Ricordiamoci che ciascuno di noi cerca di fare del proprio meglio, ogni individuo per sé e per i propri cari cerca di «essere» del proprio meglio. Nell’amore, nell’affettività c’è dell’altro: il baratto, lo scambio, non sono sufficienti.
Nelle relazioni amorose riproponiamo gli stessi schemi interiorizzati della nostra infanzia e consideriamo amore, attenzione, tenerezza qualcosa che in realtà, magari per altri non è. L’ipercontrollo nelle relazioni amorose crea sfiducia, oppressione, il controllato si sente soffocato finisce per allontanarsi. Ciascuno ha il proprio stile genitoriale, anzi ciascuno ha il proprio stile di amore. È possibile analizzare in modo scientifico gli stili educativi genitoriali? È possibile modificare il proprio stile educativo? Se il nostro stile educativo si fonda sull’ipercontrollo, sul ricatto affettivo o sul doppio legame sarebbe auspicabile diventarne consapevoli e limitare i danni.
dottoressa Simonetta Vernocchi
( medico, antropologa, socia Associazione Sociologi Italiani)