IMMIGRAZIONE, POVERTA’ O RISORSA?

MAURIZIO BONANNO 26 settembre 2015Alla fine del 2013 l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr 1) aveva annunciato il superamento di una soglia storica: per la prima volta dalla seconda guerra mondiale il mondo ha registrato più di 50 milioni di profughi. Un anno dopo il numero è arrivato a 59,5 milioni. Intanto, nei primi nove mesi del 2015, sempre secondo l’Unhcr, più di 411mila migranti hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere il vecchio continente, superando il totale degli arrivi nei quattro anni precedenti (dal 2010 al 2014). Sempre secondo l’Unhcr , 875mila migranti e profughi sono arrivati via mare in Europa dal 2008 al settembre 2015. Anche se tutti fossero rimasti in Europa, si tratta comunque dello 0,17% della popolazione europea (che è di 507 milioni di abitanti).L’OCSE (2) dal canto suo, ha stimato che «L’Europa raggiungerà nel 2015 un livello senza precedenti di richiedenti asilo e rifugiati, salendo fino a un milione di procedure d’asilo». Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel documento sulle prospettive migratorie presentato a Parigi, «I costi umani sono spaventosi e inaccettabili» Una stima di 350.000-450.000 persone otterrà certamente lo status di rifugiato o simile. Si tratta di una cifra superiore a qualsiasi altra crisi dei rifugiati dalla Seconda guerra mondiale».

A soffrire purtroppo della crisi umanitaria in via di aggravamento saranno in modo speciale i bambini e i ragazzi. «Una caratteristica particolarmente dura e preoccupante dell’attuale crisi dei rifugiati – si legge sempre nel documento Ocse –  è l’importante numero di minori non accompagnati tra i richiedenti asilo». Non tutti i minori non accompagnati finiscono nel sistema d’asilo: «In Italia, per esempio, dei 10.500 assistiti dallo Stato nel 2014 solo il 24% ha presentato una richiesta d’asilo». Per l’organizzazione internazionale con sede a Parigi questa categoria di migranti «rappresenta un’enorme sfida in termini di alloggi, supervisione, scuola, sistemi di assistenza minorile». Nella tragedia del Mediterraneo che si sta consumando giorno dopo giorno, davanti ai nostri occhi impassibili, muoiono donne, bambini e uomini incolpevoli. E, insieme a loro, muoiono speranze e – chissà – anche occasioni di sviluppo, di crescita, di occupazione, di impresa. Questa quotidiana carneficina ha un peso morale e umano, che è il primo da considerare, e non può essere mai strumentalizzato a fini ideologici. La società globale, in cui da almeno trent’anni viviamo, con l’affermarsi delle nuove tecnologie, ha introdotto alcune notevoli differenze, la prima delle quali è l’emergere di nuovi Stati poveri verso un benessere prima sconosciuto e contemporaneamente l’aumento della miseria in zone del mondo già povere. Le diseguaglianze si sono accresciute in misura sconvolgente. Questa situazione ha portato le migrazioni ad un livello mai conosciuto prima.

Questo perché, da quando l’uomo è apparso sulla terra, il fenomeno delle migrazioni è sempre stato presente e dominante, ma riguardava comunità relativamente piccole. Ora centinaia di milioni di persone vogliono trasferirsi da Paesi in preda alla miseria ed alla barbarie vera e propria verso luoghi più ricchi e più pacifici. Sarà il caso di ricordare che il primo fattore di ogni migrazione è economico: una spinta alla ricerca di speranze, lavoro, pace. Certo, nelle migrazioni ci sono anche i rifugiati, chi scappa da guerre o persecuzioni, e per loro la prima violenza che subiscono è quella della privazione dei mezzi di sostentamento. E se nell’immediato fermare questo commercio è compito della politica, che deve avere il coraggio di scegliere fra le tante soluzioni emerse – dall’intervento in Libia ai campi di accoglienza nei territori di origine, dalla lotta agli scafisti al blocco navale – successivamente la società intera deve interrogarsi su quali potrebbero essere le soluzioni più efficaci e giuste per salvare non solo vite, ma anche futuro. Perché chi riesce a raggiungere le nostre coste, non ha quasi nessuna possibilità di trovare un canale regolare per lavorare e vivere dignitosamente.

In Italia impera il meccanismo dei flussi: solo dopo che per diversi anni un immigrato ha lavorato in nero da clandestino, può sperare che si apra la famosa finestra della regolarizzazione e che rientri nei numeri previsti, per poter finalmente avere accesso ai servizi, chiudere l’incubo dell’arresto o dell’espulsione e anche pagare le tasse. In questa stessa situazione di incertezza e di illegalità sono costrette a convivere anche quelle aziende che non possono regolarizzare l’operaio o l’informatico straniero che magari lavora da anni nel loro cantiere o ufficio. In tutto questo, trova terreno fertile la criminalità, che, senza scrupolo alcuno, falsa la concorrenza e distrugge il mercato per interi settori. Il risultato è che gli immigrati tendono a scivolare in attività illegali, dalla prostituzione allo spaccio, gli stipendi regolari si abbassano anche per i lavoratori regolari, le imprese si trovano a spendere cifre per la formazione di dipendenti che un decreto di espulsione può vanificare in un attimo. Davanti a tremila morti nel Mediterraneo lo scorso anno, che rischiano di diventare 10 volte tanti nel 2015, è giusto pensare all’emergenza, ma non può bastare, non può essere il solo modo di fare. La politica scelga, agisca, e faccia in fretta. Il Governo chiami alle sue responsabilità Bruxelles, a meno di non voler rinunciare al sogno degli Stati Uniti d’Europa, e si assuma le proprie responsabilità.

Anche perché siamo già entrati in una fase in cui le migrazioni di massa non saranno affatto pacifiche, ma scateneranno scontri violenti ed anche mutamenti politici rilevanti. In Italia, in Francia e in altri Paesi d’Europa, ad esempio, queste reazioni sono già in atto, ma sono anche destinate a crescere: metteranno in discussione la moneta unica e faranno risorgere i nazionalismi come reazione all’ideale dell’unità europea. Eppure, uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mostra che tra il 2007 e il 2009 in quasi tutti gli stati europei le famiglie immigrate hanno versato più tasse e contributi di quanto non abbiano beneficiato in termini di servizi e sussidi. Questo è dovuto prevalentemente a questioni demografiche: la maggioranza dei migranti è in età lavorativa e non grava molto sulle casse dello stato che la ospita (per esempio sul sistema sanitario e quello pensionistico). In un mondo dove i flussi fossero gestiti in accordo alle esigenze del mercato del lavoro e favorendo l’integrazione, l’immigrazione avrebbe di sicuro un impatto positivo. In Italia, i dati Istat elaborati dalla Fondazione Moressa (3) mostrano come i lavoratori immigrati tendono a esercitare in aree differenti da quelle dei lavoratori italiani.

Secondo l’Unhcr tra i dieci paesi con più profughi pro capite c’è solo un paese europeo: Malta. Dei 59,5 milioni di profughi registrati dall’Unhcr alla fine del 2014, solo 1,5 milioni hanno trovato accoglienza in Europa. Una piccola frazione rispetto al totale: Turchia e Libano insieme ne accolgono il doppio. L’Italia, come sottolinea l’inchiesta di Valigia Blu (4), accoglie un profugo ogni mille persone e risulta sotto la media europea (1,1 ogni mille) e ben al di sotto di Svezia (11 ogni mille) e Francia (3,5 ogni mille). In Medio Oriente, il Libano accoglie circa 1,2 milioni di profughi (232 rifugiati ogni mille abitanti), pari a un quarto della popolazione del paese e la Giordania 672.930 profughi, 87 ogni mille abitanti. Eppure, inevitabilmente l’Europa è destinata a diventare un paese meticcio, cioè teatro di una mescolanza di etnie che in parte già c’è, ma stavolta il livello del meticciato è destinato a crescere in misura esponenziale. Una ricerca dell’Istituto Universitario Europeo mostra come un’Europa senza migranti si muoverebbe verso un drammatico calo demografico, con conseguente insostenibilità del suo welfare e il rischio di non rimanere al passo con i tempi.

Come spiega Leonid Bershidsky (5) su Bloomberg View, secondo le ultime stime della Commissione europea nel 2015 in Europa ci sono quattro giovani per ogni pensionato, ma nel 2060 ce ne saranno solo due. E, come scrivono ancora gli autori della ricerca dell’Istituto universitario europeo le opzioni sono due: “O gli stati europei chiudono le frontiere e accettano di vedere l’Europa pesare sempre meno in un mondo in crescita o si aprono alla migrazione e permettono all’Europa di crescere”. Proviamo, per una volta, a programmare, invece di inseguire le emergenze. Ma come? E perché?

Basta partire da una constatazione: cosa unisce, ad esempio, Apple, Google, IBM, Oracle, Facebook, eBay e Amazon?

Non solo sono tutte aziende innovative, che hanno uno strepitoso successo, ma sono state tutte fondate da immigrati di prima o seconda generazione. Sono società che non esisterebbero se gli Usa non avessero saputo trasformare il fenomeno migratorio in una risorsa, anche imprenditoriale. È questa la differenza di approccio verso un problema planetario. Perché l’antidoto non è quello di abolire la diseguaglianza, che entro certi limiti è perfino un elemento di stimolo della produttività del sistema, ma di contenerla entro limiti accettabili. E, dunque, programmare, non lasciarsi sopraffare dinanzi ad un fenomeno di enorme portata ed impossibile da fermare, per trasformare nuove incombenti povertà in potenzialità. Perché, anche se non è detto che pure in Italia si possa realizzare un’azienda come Apple, lo stesso non possiamo dire a proposito delle centinaia di migliaia di competenze professionali e di piccole idee imprenditoriali che vengono sprecate, non mettendo a frutto queste potenziali intelligenze che arrivano da altre realtà sociali e geografiche. Al contrario, magari, la prossima volta potremo parlare di un’impresa di successo il cui socio è un ragazzo arrivato nel 2015 in Italia, con quei barconi in quelle terribili condizioni, ma con un sogno da realizzare e che noi abbiamo reso possibile… favorendo così lo sviluppo del nostro Paese.

 

              Maurizio Bonannogiornalista e sociologo ANS

San Mango d’Aquino 26 settembre 2015

[1] L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees) è l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati; fornisce loro protezione internazionale ed assistenza materiale, e persegue soluzioni durevoli per la loro drammatica condizione. È stata fondata il 14 dicembre 1950 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite

2 L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) è un’organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed una economia di mercato. L’organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva che consente un’occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri. L’OCSE conta 34 paesi membri e ha sede a Parigi, nello Château de la Muette.

3 La Fondazione Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre CGIA. La Fondazione Moressa ha acquisito specifiche qualifiche e competenze legate allo studio del fenomeno migratorio indirizzato in maniera prevalente ai temi dell’economia dell’immigrazione.

4 Dall’inizio del 2015, secondo i dati dell’UNHCR, sono sbarcate in Italia 121mila persone (di cui il 78% uomini, il 12% donne e il 10% bambini). Una cifra che corrisponde allo 0,2% della popolazione italiana. Lo conferma Mario Morcone, capo del dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno

5 Leonid Bershidsky è un editorialista di Bloomberg View, scrittore, autore di tre romanzi e due libri di saggistica. È  stato il fondatore ed editore del quotidiano russo Vedomosti, un progetto congiunto di Financial Times e Wall Street Journal, e il primo editore dell’edizione russa di Forbes.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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