Il significato giuridico-sociale del Crocefisso, in qualità di simbolo religioso

PHOTO Assistente prof.MiccoliL’ostensione del Crocifisso in luoghi pubblici è tema ancora oggi molto dibattuto. Ciò è dovuto al fatto che l’esigenza di integrazione culturale, generata dal fenomeno migratorio, ha suscitato non poche polemiche sulla presenza del simbolo religioso, sia indosso alle persone, sia all’interno delle aule scolastiche, degli ospedali e dei tribunali. La giurisprudenza italiana si è diverse volte espressa a favore del mantenimento della reliquia religiosa, alla luce del valore culturale che essa rappresenta, confermandone l’accezione del “patrimonio storico del popolo italiano”, già sancito nel nuovo Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica del 1984. Il Crocifisso viene, infatti, considerato un vero e proprio bene etico- culturale, in grado, non soltanto di sciogliere, per sua intrinseca natura, quello che molti hanno tentato di confutare, ovvero il rispetto della laicità dello Stato; ma addirittura, è in grado di garantire l’effettiva eguaglianza delle confessioni religiose e del loro libero esercizio all’interno del medesimo contesto sociale.Ciò implica che l’esibizione del simbolo palesemente cristiano non può fermarsi alla mera interpretazione della singola professione della religione cattolica, in quanto il bagaglio culturale che esso “contiene”, per ragioni storiche e per via delle tradizioni appartenenti al nostro Paese, delinea un’eguaglianza e un pari trattamento di tutte le altre libertà religiose, senza discriminazione alcuna.

Dunque, la garanzia dell’eguaglianza tra cittadini, contemplata a livello costituzionale dall’art. 3 (e potremmo aggiungere, più in generale “tra persone”, includendo così la ratio dell’art. 2 Cost., il quale riconosce l’universalità dei diritti inviolabili dell’Uomo) è inevitabilmente il fondamento dell’art. 8 Cost., ove si attribuisce piena facoltà di esercizio alle diverse associazioni di fedeli.  Gli unici limiti imposti sono, a rigor di logica sociale, il rispetto del nostro ordinamento giuridico e, quindi, della dignità sociale, intesa come onorabilità di cui ogni uomo deve necessariamente godere.crocifisso aula tribunaleIl Crocifisso assurge a valore simbolico di un’intera civiltà e della coscienza etica collettiva[1], non soltanto perché riconferma il bisogno o l’interesse delle persone di nutrire la parte spirituale delle proprie coscienze, ma anche, e soprattutto, per il fatto che il cambiamento sociale deve pur sempre far capo a quelle libertà già costituzionalmente previste e a quelle che potrebbero essere introdotte, a fronte delle nuove consuetudini sociali, nel pieno ossequio di quei diritti che non possono in alcun modo essere modificati (neanche attraverso un procedimento di revisione del Testo costituzionale, i cd. principî). L’azione così “livellatrice” del simbolo religioso determina, per di più, la reciproca non ingerenza tra ordine civile e ordine religioso: si pensi all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. La libertà di insegnamento si impregna del concetto laico della libertà di impartire nozioni sulla storia della religione cattolica, sul fatto che l’insegnamento non esprime, di per sé, l’esercizio della libertà religiosa. Piuttosto, è il “sentimento” sotteso alla laicità che consente l’insegnamento della stessa nelle scuole pubbliche. Ciò, in quanto la condizione di “parità delle coscienze” è funzionale alla libertà di esprimere il proprio pensiero e di insegnare, secondo il metodo che ciascuno ritiene più opportuno (considerazioni di tipo psico-pedagogico e buon costume a parte). Ciò significa che, indipendentemente dalle scelte confessionali, l’insegnamento e la pratica religiosa rimangono azioni disgiunte e ugualmente libere.

Crocifisso aula scolasticaC’è da aggiungere che il Crocifisso non identifica soltanto l’astensione dello Stato, delle persone e dei gruppi dal libero esercizio del credo religioso, in quanto simbolo di laicità- eguaglianza (il vilipendio è penalmente previsto e punito, a tutela dei valori sinora espressi); ma, anche, che è simbolo volto a ridefinire le usanze, le credenze e la cultura storicamente imprescindibile dal popolo italiano, in un quadro più ampio e garantista della supremazia dell’ordinamento giuridico (e, quindi, della sovranità dello Stato). In altre parole, “Paese che vai, usanza che trovi”. A grandi linee, è così, anche se il concetto di Stato ha assunto, nel corso del tempo, diverse connotazioni, soprattutto in merito all’intervento dello stesso per salvaguardare e assicurare l’eguaglianza sostanziale e il libero esercizio dei diritti da parte di tutti, emigranti inclusi.I nostri padri Costituenti hanno intenzionalmente inserito, nella parte dei principî fondamentali, dei diritti che, per loro fattezza, sono inviolabili ed irrinunciabili, a prescindere dalle differenze di sesso, razza, lingua, religione, etc. . Se da ciò ne deriva una norma programmatica, ovvero un obiettivo di realizzare il libero esercizio di tali libertà, nelle circostanze di tutti i giorni, si ha l’obbligo di chiedersi se il novellato tentativo di difendere la nostra storia e la nostra cultura trova un reale fondamento nel significato che molti (semplicisticamente) vogliono far passare, o, se c’è da considerare altro e oltre.

Dott.ssa Chiara Maisto

Assistente Prof. Michele Miccoli

 

Bibliografia:

  1. Caretti, U. De Siervo, “Istituzioni di diritto Pubblico”, Giappichelli Editore, 2010;

Tesi personale in Diritto Pubblico Cum Laude di Chiara Maisto “I simboli di identificazione religiosa”, Relatore: Prof. Avv. Claudio Chiola, Novembre 2007.

 

[1] Cass. Pen., Sez. IV, n. 439, 1 Marzo 2000.


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