Il caso Silvia Romano
” Non arrabbiatevi per me” …..
di Elisabetta Festa
Si chiama Silvia Romano è milanese ed ha 24 anni, ha conseguito nel 2018 poco prima della sua partenza, la laurea in Mediazione Linguistica per la Sicurezza e Difesa Sociale al Ciels (Centro di Intermediazione Linguistica Europea). Collaborava con una onlus chiamata “Africa Milele,” una piccola organizzazione del marchigiano che opera a Chakama in Kenia per progetti di sostegno all’infanzia. Era partita come volontaria con l’unico intento di dare una mano. E’ stata rapita nel novembre del 2018, nell’ufficio di questa organizzazione, durante un attacco armato guidato da otto persone successivamente poi venduta da questi ai terroristi somali di Al Shabaab.
Al-Shabaab in lingua somala, in arabo: الشباب, al-Shabāb; in italiano “i Giovani”, dall’arabo Ḥizb al-Shabāb, ovvero “Partito dei Giovani”), anche indicato come «Movimento di Resistenza Popolare nella Terra delle Due Migrazioni» (MRP), è un gruppo terroristico jihadista sunnita di matrice islamista attivo in Somalia, nato intorno al 2006.
Il gruppo si è creato a seguito della sconfitta dell’Unione delle Corti Islamiche (UCI) a opera del Governo Federale di Transizione (GFT) e dei suoi sostenitori, in primo luogo i militari dell’Etiopia, durante la guerra civile in Somalia. È la cellula somala di al-Qāida, formalmente riconosciuta nel 2012. Da numerosi governi e servizi di sicurezza occidentali è considerata un’organizzazione terroristica. Nel giugno 2012 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha posto taglie su numerosi capi del gruppo. Questa formazione islamista è presente nelle regioni del sud della Somalia e mantiene vari campi di addestramento nei pressi di Chisimaio. Alcuni finanziamenti per al-Shabaab provengono dalle attività dei pirati somali. ( Wikipedia.)
Il suo rapimento è durato ben 18 mesi, e si è concluso il 10 maggio di quest’anno. La sua liberazione dopo lunghe trattative è avvenuta a Mogadiscio. Al suo rientro ha affermato di essere sempre stata trattata bene dai suoi rapitori e di essersi convertita liberamente e spontaneamente all’Islam dopo metà della sua prigionia leggendo il Corano.
Scende dall’areo di Ciampino vestita con lo jilbab, abito tradizionale indossato dalle donne in Kenya ed in Somalia a riceverla i suoi familiari e esponenti dell’attuale governo. Fin qui sembra una storia a lieto fine, ma diventa in realtà per la giovane donna, l’inizio di un secondo incubo. Viene infatti attaccata sui social, sui giornali e addirittura in parlamento da un deputato; la accusano di essere una terrorista, una traditrice che merita la morte e le accuse si spostano in men che non si dica anche al governo che avrebbe pagato un riscatto, quindi utilizzato soldi pubblici, per far rientrare in patria l’infedele. Non volendo approfondire la sterile argomentazione dello scontro politico, tra le forze di opposizione e quelle governative, è bene fare invece una riflessione generale sulla risposta sociale di questo accadimento.
La prima stortura è la mancata risposta univoca sulla vicenda, ci si aspettava infatti un sentimento collettivo di pura gioia per la fine della reclusione di Silvia, una ragazza mossa da buoni sentimenti, da spirito umanitario, che fa della cura dell’altro la sua ragione di vita, in un mondo in cui spesso, specie le nuove generazioni, si è spinti da bel altri sentimenti e condotte di vita più tranquille e spensierate. Ebbene una persona così, che riesce ad uscire indenne, sana e salva da un incubo del genere, meriterebbe una medaglia al valore e non una seconda crocifissione a cui invece è stata ignobilmente sottoposta.
Da questa prima stortura se ne ricava un’altra, che ci rivela una fetta di società superficiale e decisamente priva di ogni componente empatica. Persone incapaci di immedesimarsi, nel suo buio quotidiano, nel suo convivere in solitudine, senza un appiglio, senza nessun punto di riferimento, e non per pochi giorni, ma per ben 18 mesi, come già detto, a contatto solo con i suoi rapitori ( uomini sconosciuti armati col volto coperto, questo ci racconta) per cui le uccisioni sono, non solo all’ordine del giorno, ma normali. Con il terrore di essere struprata, torturata, seviziata, e come non parlarne bene, al suo rientro nonostante tutto, se ciò non avviene.
Sindrome di Stoccolma? Sarebbe più che giustificata…sfido qualsiasi persona in una situazione del genere a non ringraziare il proprio carnefice per avergli salvato la vita.. A non assecondare ogni minima richiesta, a non accettare ogni imposizione, pur di aver salva la vita.
Il sentimento dominante è paura, solo paura…..sacrosanta paura….!!!! Ma come si fa a non capire questo. Come la si può criticare invece, per la veste che indossa, mentre abbraccia finalmente i suoi cari.
C’è una parte del nostro Paese, che ha perso di vista coscienza e buon senso, bisogna ritrovarle invece, specie, ma non solo, in periodi come quello che stiamo vivendo. Le tante morti, da Covid19, dovevano pacificare gli animi non renderci più cinici, ma a quanto pare purtroppo le cose non stanno così.
Ci sono momenti che richiedono silenzio, pudore, rispetto, unità. E la sua conversione vera o presunta, non dovrebbe essere oggetto di discussione, né sottoposta a tifoserie di basso grado. Ricordiamo inoltre che siamo un paese laico, che difende la libertà di religione, come sancito dall’art.19 della nostra Costituzione. Il caso Romano ci svela una deriva intellettiva e un odio sociale che regnano indisturbati, così come sono facili gli stigmi, gli stereotipi e i semplicistici e riduttivi pensieri dicotomici: occidente contro oriente, bianco contro nero, destra contro sinistra, nord contro sud…..ecc.ecc. Dovrebbe invece, essere per chiaro che convertirsi all’ islam non significa essere terrorista. Il culto è cosa ben diversa dall’azione criminale, anche se in nome di Allah, l’Isis ha commesso atroci crimini questa resta una stortura della loro mente criminale. Ricordiamo poi, solo per memoria storica, che anche in nome della religione cattolica, o di quella ortodossa, o di quella celtica ecc., si sono commessi orrendi crimini contro l’umanità.
Il caso della Romano ci impone una attenta riflessione. Bisogna abbattere questo depauperamento ed “anomia” civici, sostituendoli con pratiche di alta moralità ed eticità a partire dalle istituzioni.
Silvia anche nel rispondere con affetto ai suoi sostenitori, dimostra grande intelligenza: ” Non arrabbiatevi per me” ….. non degnandosi di citare in questo commento giustamente, i suoi stupidi persecutori italiani…..Silvia ha un cuore grande, un coraggio da leone, e farà della sua vita cosa riterrà più giusto fare….dal canto nostro, non possiamo che dirle :
BEN TORNATA !!!
Dott.ssa Elisabetta Festa – sociologa