I SOCIOLOGI NON HANNO UN ORDINE, MA LA LORO PROFESSIONE E’ RICONOSCIUTA DALLO STATO ITALIANO CHE HA ISTITUITO UN ELENCO TENUTO PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

LATELLA 4 Gennaio 2016 2“I sociologi figure professionali determinanti nella riorganizzazione dei servizi sanitari ai cittadini”. Questo l’incipit di un comunicato del Dipartimento Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi, con il quale si chiedeva all’Asp di Cosenza la revoca della decisione di cancellare i due posti in organico di sociologo dirigente. La nota, apparsa sui quotidiani, sulle agenzie di stampa in Tv e sui siti web (ma anche su sociologiaonweb.it) ha provocato diverse reazioni. Legittime, ma non tutte condivisibili.  L’ANS Calabria non ha assunto tale posizione per scimmiottare quanti intervengono sui problemi dei cittadini per consolidare o aumentare il consenso, ma ha inteso difendere il ruolo di una categoria, quella dei sociologi, che possiede competenze specifiche di cui   la società postindustriale non può fare a meno.  Nel comunicato, in particolare, si rimarcava il lavoro del sociologo “nel campo dell’organizzazione aziendale; dell’orientamento del cittadino e della comunicazione; della ricerca di nuovi bisogni delle diverse fasce d’età; dell’analisi del contesto territoriale” (tanto per citare alcune sue competenze). Un intervento che teneva conto dai tantissimi giovani calabresi laureati in sociologia che fanno parte del grande bacino dei disoccupati che pur di avere un lavoro, anche precario, sono costretti a lasciare la nostra terra.

Le competenze del sociologo sono indispensabili sia negli enti pubblici (nel caso specifico il settore sanitario) sia nel settore privato. L’attività dell’ANS Calabria, per libera scelta, non viene veicolata sui mass media: i vertici lavorano in silenzio senza farsi tentare dalle sirene del modello dell’apparizione autoreferenziale. Dati Eurostat delle ultime ore evidenziamo che l’Italia è penultima, davanti alla Grecia, nella classifica europea dei giovani che solo tre anni dopo la laurea riescono a trovare un posto di lavoro. Ma questo è il dato nazionale, mentre quello relativo alla Calabria non è riportato.Torniamo alla posizione dell’ANS sul problema dell’Asp di Cosenza per soffermarci su un gruppo Facebook che in un post esprimeva perplessità sulla funzione rappresentativa dell’Associazione Nazionale Sociologi.

I sociologi italiani non hanno un ordine professionale, ma chi svolge questo lavoro può far parte di un apposito elenco tenuto presso il Ministero della Giustizia in applicazione di una direttiva dell’Unione Europea che l’Italia ha recepito nell’agosto del 2014. Per essere iscritti e rimanere in questo elenco, che riconosce a tutti gli effetti di legge la professione del sociologo, occorrono 60 crediti formativi l’anno (questo prevede lo statuto dell’ANS).Forse non tutti sanno che l’Unione Europea, da tempo, chiede agli Stati membri di abolire gli ordini professionali per liberalizzare il lavoro di categorie che continuano ad operare come vere e propri caste che, di fatto, sono una zavorra al rinnovamento dell’Italia.In altri paesi, anche extracomunitari, non esiste l’ombrello dell’ordine ed il mercato, libero da lacci e laccioli, sceglie le migliori professionalità senza attendere il nullaosta ordinistico.  Non dimentichiamo che gli ordini sono un residuato delle corporazioni fasciste. Il futuro delle categorie professionali, dunque, dovrà essere tutelato dalle associazioni di categoria, democraticamente elette e rappresentate.  Il resto appartiene al passato che da noi continua a resistere al liberismo e non tiene conto della globalizzazione dei mercati.

Antonio Latella – Giornalista professionista,  sociologo (Presidente Dipartimento Calabria dell’Associazione Nazionale Sociologi) e direttore di “sociologiaonweb.it”


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