I NUOVI POVERI, GLI ITALIANI: RIFLESSIONI SOCIOLOGICHE, POLITICHE E CULTURALI
“L’Italia non è un Paese di giovani e per giovani”. La lenta e progredita involuzione economica e politica che sta affrontando il bel Paese dimostra un quadro totalmente opposto dalla bella favola narrata sui libri di storia avvenuta durante il boom economico del dopoguerra. Tuttavia le disuguaglianze economiche e sociali si intrecciano in un meccanismo lento ed indolore diffondendo sempre più rapidamente la piaga del secolo: la disoccupazione. A detta dell’economista John Maynard Keynes “Si ha disoccupazione involontaria quando, nel caso di un piccolo aumento del prezzo delle merci-salario rispetto al salario monetario, sia l’offerta complessiva di lavoro da parte di lavoratori disposti a lavorare al salario monetario corrente, sia la domanda complessiva di lavoro a quel salario, sarebbero maggiori del volume di occupazione esistente”. Ma chi sono i nuovi poveri in Italia? I dati ISTAT ci offrono uno sguardo altamente negativo al riguardo: si parla di categorie, dei giovani under trenta e le regioni prese di mira fanno parte dell’antico e vasto Regno dei Borboni, il Meridione. L’ISTAT e l’OCSE si basano su un indicatore ben preciso “l’indice di disuguaglianze del reddito disponibile”, esso definisce le differenze tra i ceti più benestanti e quelli meno abbienti della popolazione dall’Unione europea. Il primo posto tra le regioni meno abbienti lo guadagnano la Calabria e la Sicilia tanto che l’indicatore delle disuguaglianze economiche in queste due regioni è superiore a quello registrato in Paesi dell’Est Europeo come Romania e Bulgaria (aumentato dal 2008 in poi). Le regioni del Nord Italia appaiono meno sacrificate da questo punto di vista, causa lo sviluppo industriale più diffuso e progredito e risorse materiali ben sfruttate. Si parla di dati, di cifre sconvolgenti: 7.500 persone vivono in povertà estrema, il 45% sono prevalentemente italiani, 16.000 sono i senza fissa dimora, il 34% vivono in strada da più di 4 anni. Ad esacerbare gli animi degli italiani sono le continue tasse esorbitanti e lo stipendio pare non basti a coprire tutte le spese.
Molti vengono sfrattati dalle loro già umili abitazioni e costretti a dormire ad esempio nelle proprie auto senza ricevere alcun sussidio, assistenza o cure necessarie. Sono in molti a recarsi presso varie associazioni di volontariato, Caritas, per ricevere qualche pasto caldo o semplicemente trovare un po’ di compagnia in quanto la maggior parte sono abbandonati a loro stessi. Inoltre varie associazioni offrono oltre ai pasti, anche alloggio (diurno e notturno) e delle docce. Sono donne e uomini che in un passato non molto lontano avevano un lavoro con uno stipendio il quale gli garantiva di condurre una vita media e che oggi la pensione è briciole a confronto dei sacrifici svolti una vita intera. L’iniqua distribuzione delle risorse influenza non solo l’ambito economico ma anche dal punto di vista culturale le famiglie disagiate non riescono a far completare gli studi ai propri figli costretti anche loro a rimboccarsi le maniche già in tenera età. Infatti solo il 33,5% posseggono un diploma di scuola superiore, l’università è una prerogativa che molti non possono permettersi. Lo status socio/economico si riversa in maniera consequenziale a quello socio/culturale per cui troviamo giovani sfruttati malgrado le pesanti ore di prestazioni lavorative, in particolare nell’ambito della ristorazione, famiglie prendersi carico economicamente dei figli disoccupati a 30 anni, arrancare per sopravvivere. “Il reddito è una variabile generazionale” pertanto l’unica categoria che non ha rischiato, nell’ultimo decennio, di subire la crisi sono gli anziani, i quali, i più fortunati, permettono una fonte di reddito anche ai propri figli e nipoti. A ciò tuttavia si aggiungono il crollo del tasso di natalità e lo spopolamento del Paese, i giovani emigrano in cerca di fortuna in Germania, Svizzera, Bruxelles. A detta di Voltaire “Il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la morte, il vizio e il bisogno”.
Dott.ssa Francesca Santostefano Sociologa