FIL – FELICITA’ INTERNA LORDA

QUANDO RIPARTIREMO, RICORDIAMOCI CHE…

di Sonia Angelisi


Al termine di questa emergenza che ha costretto tutti i Paesi del Mondo a cristallizzare lo scorrere della vita, a spegnere momentaneamente i motori dell’economia, dovremo pensare a un piano di ripartenza che  tenga conto degli errori passati allo scopo di non essere più commessi.

Abbiamo spesso letto che il virus Covid-19 si è mostrato come malattia e come guarigione contemporaneamente, come malattia perché ci ha tolto il respiro di vita, un respiro che possiamo vedere in duplice veste:  il respiro in senso stretto a causa di una virulenta  e pericolosissima polmonite interstiziale che non ci permette di respirare autonomamente legando la nostra vita a un ventilatore artificiale il quale sostituisce l’attività dei nostri muscoli inspiratori fornendo l’energia necessaria per assicurarci la giusta quantità di ossigeno;  il respiro in senso lato inteso come accorciamento del nostro tempo di vita, di riduzione dei nostri spazi di socializzazione, l’impossibilità di godere dell’ossigeno derivante da relazioni ricche di contatto umano, di abbracci, di strette di mano, di sguardi reali. Contemporaneamente vediamo nel Coronavirus una guarigione: la Natura si è riappropriata di alcuni suoi spazi brutalmente strappati da una irrispettosa attività umana; le tartarughe sono riuscite finalmente a nidificare in pace sulle spiagge del Pacifico, i delfini raggiungono le acque dei porti, il buco dell’ozono si è ristretto ai suoi minimi storici, l’inquinamento visto dallo spazio si è ridotto drasticamente persino nelle aree considerate a più alta densità di particelle inquinanti. Il respiro tolto all’uomo si è tradotto in un ampio sospiro di sollievo per Madre Terra. Ma, si sa, Gaia non è stata mai avara con i suoi figli e anche l’umanità stessa beneficia di questo sospiro globale: l’uomo affannava nella frenesia della quotidianità senza rendersi conto di avere sempre il respiro corto, un tempo di vita ridotto a tempo di lavoro, una delega costante degli affetti a fredde istituzioni, adesso tutte queste storture prodotte dal capitalismo più ortodosso fanno spazio a  una lentezza tanto agognata e mai raggiunta, una lentezza che si fa largo nelle nostre esistenze costringendoci a uno stop necessario e vitale.

Cosa ci aspetterà quando dalla fase 1 di emergenza passeremo alla fase 3 di apertura di tutte le attività?

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato sin da subito di sburocratizzazione di tutte i servizi per consentire una rapida ripresa dell’economia.

Allo stesso tempo, è stato molto chiaro con i vertici europei: la ripresa e gli aiuti all’Italia non devono essere pensati come se scrivessimo un manuale di economia, perché oggi siamo chiamati a scrivere una delle più importanti pagine della storia. Il messaggio, allora, diventa chiaro: non è più pensabile concepire la crescita economica slegata dal suo contesto. Questa dissociazione, questo pensiero figlio della logica cartesiana ha prodotto fino ad oggi danni enormi e incalcolabili: dal depauperamento delle risorse naturali all’innesco di processi di distruzione del pianeta per ora forse non ancora irreversibili, basti pensare al riscaldamento globale.

TEORIA DELLA DECRESCITA FELICE

Tornano alla mente le teorie della decrescita felice di Latouche seppur utopistiche per alcuni versi, sicuramente necessarie per altri, i fondamenti dell’economia solidale, quel sistema economico alternativo che pone le sue basi sulla solidarietà, sulla filiera corta, sulla giustizia e l’etica, le proposte sul FIL (Felicità Interna Lorda) l’indice che avrebbe dovuto sostituire il PIL nella valutazione del benessere di una società. Sul PIL sappiamo, infatti, che la sua crescita è determinata anche da fattori negativi e deleteri per una società: le guerre incrementano il PIL, ad esempio, ma non sono affatto indicative di un aumento del benessere sociale. Valori culturali, benessere interiore, protezione dell’ambiente devono, allora, diventare le linee guida su cui improntare un  nuovo piano di sviluppo che punti a una più ampia economia del benessere.

Il ruolo dei sociologi nella definizione di un progetto che preveda le caratteristiche sopra elencate,  diventa cruciale. Mi piacerebbe prendere spunto da questo breve articolo per invitare i  miei colleghi a fare rete sia tra di noi sia con altri professionisti, una rete cooperativa, non fittizia e autoreferenziale come spesso accade. Sarebbe utile e necessario organizzare più tavoli operativi regionali composti da diversi professionisti dell’economia e del sociale, che possano dialogare con le istituzioni al fine di indicare le soluzioni più inerenti alla realizzazione di una nuova economia del benessere.

Nella speranza che questa istanza venga fattivamente accolta, vi lascio con una acuta riflessione di Serge Latouche:

Sergio Lautouche

Allora il progetto di uscire dalla società di crescita, uscire dalla società dei consumi, uscire dall’economia, il ritrovare il sociale o meglio ancora il societale. Questa rivoluzione è prima di tutto una rivoluzione culturale, ma che non si può decidere dall’oggi al domani, è un lungo processo storico. Quando ho iniziato a fare delle conferenze sulla decrescita ho pensato che si doveva cambiare strada prima del collasso, ma ora sono sempre più pessimista, penso che non eviteremo il collasso, dobbiamo prepararci al dopo collasso e speriamo che il collasso non sia un collasso totale e che ci sia la possibilità per l’umanità di avere un futuro, di inventare un nuovo futuro.”

Sonia Angelisi – sociologa e ricercatrice indipendente


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