Fenomeno migranti, quando l’inserimento si trasforma in partecipazione sociale
A Montalto Uffugo (Cosenza) in concomitanza con “la giornata nazionale del rifugiato” ha preso il via un corso d’inglese gratuito della durata di due mesi. Fin qui niente di nuovo se non fosse che gli insegnanti di questo corso sono dei migranti , che fanno parte del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
Dallo scorso anno, Montalto Uffugo fa parte della rete degli enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo.(FNPSA) L’adesione prevede l’accoglienza integrata basata sul concetto di empowermwnt inteso come “ un processo individuale e organizzato, attraverso il quale le singole persone possono (ri)costruire le proprie capacità di scelta e di progettazione e (ri)acquistare la percezione del proprio valore, delle proprie potenzialità e opportunità”(Manuale per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza e integrazione per i richiedenti ed i titolari di protezione internazionale, Roma, p.4- Servizio Centrale SPRAR).
L’iniziativa , è stata accolta immediatamente da due giovani migranti Mosa e Mohamed, di origine afghana, beneficiari insieme ad altre persone, del progetto SPRAR” le note dell’accoglienza”. La locandina del progetto recita: “Io qui a Montalto Uffugo sono un’ospite di un progetto di accoglienza”; “Io da qui sogno di ricostruire la mia vita”; “Io sono qui e non voglio sentirmi un peso”; “Io sogno che l’accoglienza sia sempre per tutti scambio ed arricchimento reciproco”.
Questa disponibilità verso la comunità montaltese,già dimostrata durante la prima giornata ecologica, svoltasi il 31 maggio sul territorio, ha comprovato quanta voglia di integrazione alberghi in queste persone, già tediate dal dramma e dalla sofferenza del distacco dalla propria terra, dai familiari ,dalla propria casa.
Il proporsi all’iniziativ è un palese desiderio di incontrare “l’altro”, un modo di comunicare, per far conoscere la propria storia ed il proprio vissuto, è un modo per ringraziare una comunità che li ha accolti, ma pure il riscatto dal vincolo benefattore- beneficiato; anche se il benefattore molto spesso ricambia con sfruttamento, isolamento, soprusi, intolleranza. Sì, perché la società “ civile “ è un popolo strano, accetta il diverso, o per provenienza geografica o per formazione sociale, quando viene come atleta a gareggiare nei nostri stadi o come artista a riempire le nostre platee, ma non lo tollera quando viene come povero: è la povertà che ci disturba, perché ci costringe a metterci in discussione.
C’è una specie di provincialismo culturale che ci impedisce di aprirci al nuovo e per conseguenza ci fa vedere nel diverso solo il limite e non le sue potenzialità. Noi pretendiamo che le merci ed il denaro circolino liberamente nel mondo, ma poi ne ostacoliamo la circolazione delle persone. Non scordiamoci che anche noi siamo debitori per la nostra esistenza: i credenti verso Dio , le persone razionali verso la storia e gli uomini che l’hanno fatta , il nostro migrante , sofferente per la precarietà e le difficoltà dei tempi, verso il paese ospitante.
Si rende necessaria dunque un’informazione riguardante i motivi che spingono le popolazioni a questi veri e propri esodi. Essi affrontano viaggi su mezzi di trasporto obsoleti e fatiscenti, pagano cifre considerevoli al business della tratta di persone , accettano di convivere, ammassati nei luoghi di prima accoglienza, con persone diverse per abitudini e tradizioni e tutto questo non per turismo o per avventura, ma per situazioni di guerra o per fame, con la speranza o l’aspettativa di una vita migliore a cui tutti abbiamo diritto.
Daniela Benedetta Scarlato – sociologa ANS