Emergenza educativa e crisi dell’istituzione familiare nella liquidità dei processi della digital age
di Luca Raspi
Educazione e famiglia: un binomio umano
Quando si parla di educazione si fa riferimento ad una realtà di complessa definizione.
<< == Prof. Luca Raspi
Lo stesso potenziale semantico del termine rimanda ad una stratificazione concettuale, che storicamente evoca sia il processo di crescita, apprendimento, formazione, istruzione e socializzazione di un soggetto, sia gli ambienti strutturali ed istituzionali quali la famiglia, la scuola e le più svariate tipologie di gruppi: «Nell’uso quotidiano, quando si parla di educazione, s’intende anzitutto una particolare attività umana, connessa a determinate figure e ruoli particolari, come genitori, maestri, insegnanti, sacerdoti, istitutori, educatori all’interno di un rapporto interpersonale particolare, e rivolta a nutrire, curare, formare individui della generazione in crescita» (1).
L’educazione è qualcosa di prettamente umano, non consiste nel mero allevare, ma si dà come un sapere che consente ad una persona in crescita di poter essere pienamente inserito nel consorzio umano in cui si trova a vivere: «L’uomo ha prodotto una serie di conoscenze tramandabili per rispondere alle esigenze esistenziali legate alla crescita ed alla vita sociale e si è prodigato affinché quanto conquistato restasse vivo grazie alle dinamiche relazionali che legano gli individui nei complessi intrecci sociali. Questo agire non deve essere pensato in modo meccanicistico, ma come impegno dell’adulto nei confronti del giovane per aiutarlo a tirare fuori le proprie capacità, sostenendo una configurazione positiva dei propri talenti in fase di sviluppo. In questa logica di trasmissione del sapere acquisito, egli va oltre il mero allevamento dei suoi figli e, donando loro un bagaglio esperienziale frutto dell’elaborazione intellettuale, si impegna a far sì che venga appreso dai più giovani» (2).
Il sapere fondamentale che un soggetto in crescita riceve avviene nell’ambito familiare. La famiglia è la struttura fondamentale in cui la persona si struttura ed apprende gli elementi essenziali per porre in essere le condizioni necessarie della convivenza sociale. Si tratta del nucleo primario in cui l’esperienza di vita con l’altro è palestra per conoscere l’esserci nel gruppo. È il trampolino di lancio che precede l’inserimento nelle strutture istituzionali ed in senso più ampio nella società. La famiglia risulta, pertanto, la prima comunità umana, in cui la persona impara a vivere la relazione con i suoi simili. Nonostante i cambiamenti che le diverse epoche hanno caratterizzato questa istituzione, cellula del corpo sociale, essa è, comunque, ancor oggi costituita da un insieme più o meno ampio di persone unite fra loro da un rapporto di vita in comune, di parentela, di legami affettivi.
Non cessa di essere l’elemento fondamentale di ogni società, essendo intrinsecamente tesa, nella sua propria dinaminicità, alla continuazione della vita della specie. La famiglia satura pertanto il fine biologico della perpetrazione del genere umano. Dal punto di vista antropologico e sociologico, si definisce come compagine di individui che condividono non solo uno spazio abitativo, ma che anche contribuiscono al proprio sostentamento economico e alla trasmissione dei saperi fondamentali della convivenza tra simili alla prole. È, quindi, produttrice di reddito e di consumi, luogo in cui prendono forma gli affetti fondamentali della persona e, non in ultimo, fulcro dell’educazione di base per i figli. Educazione e famiglia sono, dunque, intimamente connessi, tanto che l’attuale crisi educativa, di cui si è largamente parlato nell’ambito delle scienze umane, pare si sia mossa tout court con la crisi della famiglia.
All’inizio di questo nuovo millennio si è cominciato a parlare di emergenza educativa. A distanza di vent’anni l’emergenza ha assunto i tratti di una crisi, che può essere riletta a livello fenomenologico in una prospettiva di impasse, in cui pare essere emersa una nuova visione dell’educazione destrutturata e in continuo divenire. Si tratta di una visione che non ha un riferimento teoretico alle spalle, ma un insieme confuso di prassi che rispecchiano l’attuale società, che Bauman definì liquida. Una società questa che è in continuo divenire: la realtà muta prima ancora di essere esperita e di essere compresa e, mentre le antropologiche certezze acquisite nel corso della storia occidentale si sono frantumate e non hanno più assunto una solida ossatura, l’uomo vive in un ambiente saturo di informazioni smarrito dall’assenza di punti di riferimento etici.
Oggi si vive nel digitale e si respira la Rete senza sosta, non esiste più un tempo on line e off line, ma si è immersi nell’on-life, dove tutto è informazione: «Non ha più senso chiedere “sei online?” a una persona che ha uno smart phone in tasca, magari uno smart watch al polso, mentre sta parlando con noi attraverso il Bluetooth della propria autovettura, seguendo le istruzioni del navigatore per districarsi nelle strade di Roma»(3). Il terzo millennio ha dato vita ad una cultura liquida, basata su informazioni e procedure algoritmiche che hanno reso il sapere come un fluido che è impossibile afferrare, capace di infiltrarsi o scorrere ovunque, potenzialmente in grado di occupare tutti gli spazi oppure scorrere via lasciando il nulla, rendendolo, pertanto privo di ogni intenzionalità paidetica. L’intricata matassa di problematiche, che l’attuale cultura pone all’educazione, investe ogni agenzia educativa e tocca anzitutto la famiglia. Resta il fatto che la famiglia non è avulsa dal tempo e dallo spazio e anch’essa ha subito delle rapide trasformazioni: oggi non esiste più una definizione condivisa di che cosa sia famiglia.
Questa istituzione negli ultimi anni è stata soggetta a diversi cambiamenti rintracciabili in quell’assenza di stabilità dettata dall’onlife e dalla liquidità che lo sostanzia. Essa attualmente sussume una svariata gamma di possibili relazioni, spesso molto diverse, che pongono in essere complesse variabili sia della genitorialità che dell’educazione. In questa situazione in cui nulla è più per sempre ed ha carattere di solidità, si aggiunge la precarietà stessa della famiglia, in cui tutto è misurato sul qui ed ora emotivo: «La vita di coppia e la vita in famiglia sono buone se mi fanno star bene emotivamente. Il partner ideale è quello che soddisfa i miei bisogni emotivi»(4). I genitori di oggi, appartenenti alla Generazione X o ai Millenials tendono ad esprime nel proprio impegno educativo comportamenti dicotomici. Questi comportamenti si esprimono da una parte in cure affettuose e premurose e d’altra parte con atteggiamenti di distrazione e distanza.
I genitori di oggi sono molto affettuosi ed attenti ai bisogni emotivi dei figli, travisando spesso l’affetto in una sconfinata permissività, che annienta la capacità autonoma del soggetto in crescita di riconoscere i propri bisogni e di darsi i propri permessi. Nell’adolescenza i figli vogliono sentire i propri bisogni e non accettano più anticipazioni da parte dei genitori, così che la relazione educativa salta ed il dialogo scompare, spesso venendo affidato ad un messaggio istantaneo in rete. I genitori si ritrovano così smarriti e mettono da parte la loro pretesa educativa, lasciando i figli orfani dei primi educatori, e affidano ad altre agenzie educative il compito di formare i loro figli.
Il quadro contemporaneo ci restituisce un’istantanea in cui la famiglia appare sempre di più in difficoltà e priva della propria prerogativa educativa, una peculiarità questa che la dovrebbe sostanziare in quell’essenza istituzionale che naturalmente le compete. In questo quadro può risultare importante l’apporto che può offrire la sociologia dell’educazione, poiché pone il suo fulcro di ricerca intorno al processo di socializzazione-educazione,attraverso il quale una società trasmette la propria cultura ai giovani, la fa loro interiorizzare e li aiuta a inserirsi nei gruppi e nelle istituzioni: «La sociologia dell’educazione accosta questo immenso campo di studio che interessa tutte le scienze dell’educazione secondo un’ottica specifica che è appunto quella sociologica. in altre parole tale approccio descrive e interpreta i comportamenti educativi in quanto uniformizzati e partecipati, cioè in quanto si ripetono con le stesse caratteristiche nel tempo e nello spazio; si può anche dire che essa si oc- cupa dei condizionamenti non individuali e degli effetti di vasto raggio che si riscontrano nel sistema sociale» (5).
Lo studio dei comportamenti sociali in ambito educativo, che in questa sede sono stati focalizzati sul ruolo sociale ed educativo della famiglia, non si può fermare solo alla ricerca ed alla constatazione del dato, ma è chiamata a fornire strumenti di riflessione per comprendere meglio la realtà e per offrire piste di impegno concreto per superare quegli elementi di difficoltà che segnano la contemporaneità.In questo orizzonte si passa dalla ricerca all’azione, offrendo contributi scientificamente fondati, mettendo in sordina opinioni distorte dal senso comune, al fine di fornire itinerari di senso alla sfida educativa che coinvolge la famiglia contemporanea nella sua fragilità.
Quale prospettiva si potrebbe delineare per aiutare i genitori a riscoprire il loro ruolo di educatori? Non è facile trovare una soluzione a questa importante domanda. Certo è che occorre prospettare un superamento della liquidità del tessuto familiare. Occorre riscoprire a livello culturale e sociale le potenzialità interne e conseguentemente esterne di una famiglia capace di ritrovare le sue profonde radici. Con ciò, si rende necessario che coloro i quali operano nell’arduo campo dell’educazione ritrovino un impegno condiviso, non solo per orientare le dinamiche sociali alla luce di un solido paradigma valoriale fondato sulla dignità della persona umana, ma anche per valorizzare la soggettività della famiglia e la sua capacità di essere la cellula vitale della società, fonte primaria dell’educazione.
NOTE:
[1] P. Gianola, Educazione, in J.M. Prezzello, G. Malizia, C. Nanni, Dizionario di scienze dell’educazione, LAS, Roma 2008, p. 370.
[2] L. Raspi, Educazione, Pedagogia e Irc, in L. Raspi (ed.), Pedagogia e didattica dell’insegnare religione, San Paolo, Milano 2020, p. 13.
[3] L. Floridi, L’era dell’Iperstoria, in https://tlon.it/luciano-floridi-lera-delliperstoria/
[4] P. Benanti, Digital age, San Paolo, Cinisello Balsamo 2020, p. 153.
[5] G. Malizia, Sociologia dell’educazione e della formazione, CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale), Roma 2012, p. 6.