Eccesso colposo di legittima difesa

MARCO LILLI SociologiaonwebCome sociologi – in particolare coloro che si occupano di diritto, devianza e criminalità, come chi scrive – non possiamo sottacere tutto il discorso legato alla legittimità, almeno per alcune categorie di persone, di essere autorizzate a portare armi al seguito con reale possibilità, all’occorrenza, di difendersi e fare appunto uso delle stesse.
Ebbene, la cronaca è ricca di situazioni in tal senso, gioiellieri, agenti di commercio e altre figure professionali che, per difendersi da un’aggressione, sono stati costretti a fare uso dell’arma da fuoco regolarmente detenuta ma che spesso, almeno secondo le ricostruzioni investigative, li hanno poi portati diretti sul banco degli imputati accusati di aver ecceduto nella reazione difensiva.
Certamente l’opinione pubblica fa spesso fatica a comprendere tali situazioni, nel senso che non riescono a capire come delle persone perbene, aggredite e rapinate da balordi, il più delle volte pregiudicati per reati specifici, ovvero analoghi, siano a loro volta processate e condannate per essersi sostanzialmente (solo) difese.
Un’opinione pubblica disorientata il più delle volte anche a causa di un certo modo di veicolare la notizia da parte dei mass-media, i quali una volta raccontato il fatto a caldo, alla sua origine, raramente ne seguono gli sviluppi processuali.
In questo senso torna ancora una volta utile ricordare la teoria di McLuhan (1911-1980) secondo la quale quando si parla di comunicazione non ci si deve concentrare solo sui contenuti trasmessi, ma vanno considerate in particolar modo le conseguenze di quanto enunciato.
Ciò premesso, con questo modesto contributo, senza dunque presunzione di esaustività, non intendo entrare nei singoli casi specifici, ma più semplicemente cerco di offrire qualche spunto di riflessione su ciò che stabilisce la legge in termini di difesa legittima ed eventuale eccesso della stessa, nonché come è in genere orientata la giurisprudenza su questo tema, partendo dal presupposto che nel nostro ordinamento una difesa può essere considerata legittima nella misura in cui l’azione difensiva non vada oltre taluni presupposti.
L’articolo 52 del Codice penale (Difesa legittima), stabilisce, in via generale, che (comma 1): «Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».
Mentre l’articolo 55 del Codice penale (Eccesso colposo), stabilisce appunto che: «Quando […] si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo».
Ed è quindi alla lettura in combinato disposto delle due norme appena richiamate cui fare riferimento, ma necessariamente ancorate alla ricostruzione cronologica di uno specifico evento delittuoso, poiché come spesso accade in diritto, difficilmente, anzi potrei dire mai, un fatto delittuoso si sovrappone ad un altro, seppur simili per reato contestato, circostanze e dinamica.
In tema, e mi avvio a conclusione, la giurisprudenza sembra oramai abbastanza unanime nell’avere determinato quel seppur labile confine fra difesa legittima ed eccesso della stessa (difesa).
Per esempio: «per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario» (cfr. Corte di Cassazione Penale, Sezione Quinta, Sentenza del 9.3.2015, n. 33253).
Inoltre: «l’art. 55 C.p. postula necessariamente un collegamento tra eccesso colposo e situazioni scriminanti, con conseguente impossibilità di ritenere la sussistenza della fattispecie colposa […] in assenza di una situazione di effettiva sussistenza della singola scriminate di cui si eccedono colposamente i limiti» (cfr. Corte di Cassazione Penale, Sezione Prima, Sentenza del 25.3.2015, n. 27238).
Così come: «I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa» (cfr. Corte di Cassazione Penale, Sezione Prima, Sentenza del 29.4.2015, n. 24441).
In buona sintesi, al contrario di chi caldeggia l’abrogazione di qualsiasi norma in tema di difesa legittima, cioè che a nessun cittadino (comune) debba essere concessa la possibilità di difendersi per mezzo dell’uso (legittimo) delle armi, credo invece che il nostro ordinamento necessiti su questo tema una rivisitazione, che tenga certamente conto dell’equilibrio fra tutela di un proprio diritto, per esempio quello di difendere la propria vita, e l’eventuale travalicamento dello stesso, ma anche del fatto che il principio di naturalità non può essere stravolto per partito preso.
Marco LILLI sociologo


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