“Diventeremo tutti più egoisti”

Intervista rilasciata da Francesco Oggianu Pirari – sociologo e componente del direttivo nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani

La pagina “Primo Piano” dell’Unione Sarda del 15 aprile 2020 – servizio di Claudio Serpico

Sbigottimento. Paura. Resilienza. Sono pregnanti le parole d’ordine che puntellano da oltre due mesi l’immaginario collettivo. Fotografano lo stato d’animo dominante, colorando d’inquietudine una quarantena senza fine. Isolamento che il nuorese Francesco Oggianu Pirari, 31 anni, laureato in scienze della comunicazione all’università popolare degli studi di Milano e membro (unico sardo) del direttivo dell’associazione sociologi italiani, ha trasformato in una full immersion speculativa. Il suo intento? Scorgere gli inediti modelli comportamentali che l’alba del mondo che verrà, quello post Covid-19, riserverà alla comunità planetaria.

Presunta onnipotenza.

«Nel corso dei secoli – afferma lo studioso – molteplici cambiamenti hanno contaminato l’humus antropologico dei popoli. Pochi però sono stati distintivi come quello odierno. La peculiarità dell’allarme pandemico che ci sta disorientando è che si sta manifestando in una fase empirica sui generis. Un frangente in cui gli uomini sono passati dal fronteggiare gli eventi luttuosi della vita al credere di poter arginare qualsiasi accadimento fenomenologico».

Illusione demolita dall’incursione infettiva.

«In un contesto laicizzato e decadente come quello in cui siamo immersi, è inevitabile che il dilagare del coronavirus terremoti il nostro armamentario di abitudini consolidate. Non siamo in grado di controllare l’esistente: questo dato di fatto, evidente sotto gli occhi di tutti, angoscia e annichilisce».

Un salto di paradigma, sperimentale e logico, foriero di una svolta epocale.

«Molti miei colleghi sostengono che questa emergenza sanitaria ci renderà migliori. Non ne sono affatto persuaso. Per quanto sia azzardato formulare previsioni che, corroborate da una credibilità scientificamente apprezzabile, tratteggino assetti, prospettive ed evoluzioni, ritengo molto improbabile uno sviluppo correttivo. Credo che il radicamento degli egoismi e la spettacolarizzazione del Sé alligneranno anche quando l’attuale criticità sarà un lontano ricordo. Tali dinamiche continueranno a caratterizzare il dispiegarsi della Storia anche nel prossimo futuro».

Ritorno alle origini.

«La via d’uscita che il lockdown cui siamo sottoposti prefigura – prosegue il ricercatore barbaricino – consiste nella riscoperta degli ideali che hanno plasmato il vissuto globale storicizzato. La famiglia, le relazioni interpersonali, l’identità e i sogni: è quadruplice la matrice valoriale cui dovremmo ispirarci».

Riconnettersi alle radici per misurarsi con le sfide della contemporaneità.

 «Si avverte sempre più l’esigenza di riacquistare la consapevolezza del ruolo ricoperto dall’essere umano nell’universo: egli è ospite della Terra, non il suo sfruttatore o peggio l’usuraio che ne ghermisce le ricchezze».

 Disseppellire il versante emozionale e la realtà inconscia, la lanterna del moderno Diogene.

«La sfera affettiva parentale, le interazioni sociali, l’io e i desideri: dovranno essere necessariamente questi gli oggetti da metabolizzare interiormente ed esteticamente. Gli unici che consentirebbero, se adeguatamente assimilati, il rinascimento della coscienza privata e cosmica».

L’umanesimo 4.0, ossimoro salvifico.

«Dovremo avere la capacità di contrastare l’alienazione tecnologica che ci pervade e lo squilibrato modello di sviluppo economico che governa gli ordinamenti finanziari di questo scorcio di terzo millennio. Solo in questo modo – conclude Francesco Oggianu Pirari – sapremo riappropriarci dell’essenzialità morale e del senso del limite. E riscoprire il piacere, sublime e circolare, di convivere con la nostra sacra fragilità».

Intervista a cura di Claudio Serpico


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