Dalla medicina androcentrica alla medicina gender: dalle disuguaglianze alla diversità
La carta costitutiva dell’Organizzazione Mondiale della Sanità prevedeva, tra i diritti fondamentali dell’uomo, il raggiungimento dei livelli ottimali di salute, definita come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale”, senza distinzioni di razza, religione e condizione socio-economica. In realtà nonostante siano passati 70 anni dal riconoscimento universale si è ancora lontani dal vederlo realizzato. Si considerino i paesi in via di sviluppo, dove le tutele sanitarie sono ancora a livelli fortemente squilibrati. Ma anche nei paesi socialmente ed economicamente progrediti vi sono dei segmenti sociali ancora svantaggiati. E’ il caso delle donne. L’attenzione alle donne, la tutela della salute infatti, è stata per molto tempo esclusivamente relativa al loro ruolo riproduttivo o era riservato solo alle donne lavoratrici, escludendo così dalle tutele gran parte del mondo femminile. Una disuguaglianza figlia non solo della relazione asimmetrica di potere socio-economico ma anche per specificità e modelli culturali dominati. La differenza di genere diventa motivo di disuguaglianza rispetto all’accesso alle politiche sanitarie, alle cure, alle terapie creando posizioni sociali differenti, diritti, doveri e opportunità disuguali che influenzano gli esiti di salute di donne e uomini. Questa impostazione androcentrica che ha declinato la dimensione della salute al maschile non ha consentito di considerare l’idea della “differenza” e dunque non ha garantito equità dei trattamenti. Le stesse sperimentazioni farmacologiche e cliniche risentono di una prospettiva maschile che sottovaluta le differenze e le specificità di genere.L’attenzione alla salute della donna, la consapevolezza delle differenze e dunque delle disuguaglianze anche in termini di tutela della salute, è stata segnata da importanti tappe storiche legate ai movimenti femministi che a partire dalla fine degli anni settanta, soprattutto negli Stati Uniti avviano una fase nuova per una medicina delle donne che seppur incentrata sugli aspetti riproduttivi, sulla sessualità, sull’aborto hanno rappresentato uno snodo fondamentale del processo di destrutturazione e della messa in discussione della prerogativa maschile del mondo medico e soprattutto della conoscenza del corpo femminile che rappresentava un vero e proprio tabù.
In Italia, fu pioneristico, nel 1973 l’incontro tra il Movimento Femminista romano e il Feminist Women’s Health Center di Los Angeles che diede vita ad un movimento per la salute delle donne e alla nascita, in molte città italiane di centri dedicati alla medicina delle donne. Significativo fu il cambiamento culturale. La donna infatti divenne “consapevole” del proprio corpo, spesso considerato un tabù e delle manifestazioni fisiologiche vissute come malattie o comunque qualcosa di cui vergognarsi. L’attenzione venne posta sulla procreazione, alle problematiche anticoncezionali e alla maternità consapevole, che assunse nuovi significati. Sorsero politiche sanitarie attente alla pianificazione delle nascite e nacquero i consultori familiari. La medicina dunque si focalizzò prevalentemente sulla salute della donna in un ottica riproduttiva e successivamente, anche gli screening oncologici si concentrarono sulle differenze sessuali e sulle malattie della riproduzione (Pap-test e mammografia). Siamo, dunque, ancora lontani da una medicina della “differenza”. Inoltre, dopo questa fase “dinamica” caratterizzata anche da importanti riforme alle politiche sanitarie, passerà circa un ventennio prima che si cominci a parlare di differenze fisiopatologiche tra i due sessi e dell’importanza degli aspetti sociali, economici, psicologici e culturali , insomma di una medicina di genere.
Al di là di episodi più o meno significativi, una prima chiave di volta è stata data dall’OMS nel 1986 alla prima conferenza internazionale sulla Promozione della Salute di Ottawa che ha evidenziato l’esigenza di considerare le variabili sociali accanto a quelle biologiche per la promozione della salute e del benessere.Tuttavia soltanto nel 2000 l’OMS inserisce la medicina di genere nel documento “Equity Act” dove si enuncia che il principio di equità implica non solo la parità di accesso alle cure di donne e uomini, ma anche l’adeguatezza e l’appropriatezza di cura secondo il proprio genere, dal momento che la salute non è “neutra” ed anche in medicina va applicato il concetto di diversità per garantire a tutti una reale equità ed il miglior trattamento in funzione della specificità di genere. E nel 2007 l’OMS include tra i propri obiettivi quello di creare strategie nazionali che integrino le considerazioni di genere nelle politiche sanitarie , per ridisegnare il sistema sanitario, delineare programmi ed azioni, per organizzare l’offerta dei servizi, per indirizzare la ricerca e promuovere lo sviluppo di nuovi farmaci e di nuove terapie mirate. potrebbe essere considerato il vero punto di partenza di una rivoluzione socio-culturale che segna il passaggio dalle disuguaglianze alla differenze. Il superamento, dunque, di una cultura ancorata a specifiche rappresentazioni di sesso-genere che sono alla base delle disuguaglianze di salute.
La medicina di genere infatti non è la medicina delle donne o una medicina uomo-centrica ma una medicina che integri gli aspetti fisio-patologici e biologici con le variabili culturali, sociali, economiche e psicologiche per garantire a tutti, donne e uomini, il miglior trattamento possibile in funzione della specificità di genere.In Italia, il processo di cambiamento è stato lungo e frammentato, caratterizzato prevalentemente da congressi, nascita di cattedre nelle università ma poco applicato ai contesti clinici di cura e prevenzione. Significativo, nel 2003 le linee guida formulate da un gruppo di esperti su incarico del Ministero, sulle sperimentazioni cliniche e farmacologiche attente alle variabili uomo-donna nonché sull’utilizzo dei farmaci gender-oriented. La farmacologia di genere rappresenta un aspetto significativo per il raggiungimento dell’equità in termini di efficacia e sicurezza dei farmaci e superare paradigmi del passato basati sulla neutralità. La pubblicazione rileva proprio l’importanza di assumere una prospettiva di genere in tutti gli ambiti della medicina quindi dalla pratica clinica alla ricerca, dalla diagnosi alla prevenzione.
In conclusione, consapevole di aver tralasciato molti altri aspetti significativi, è importante dire che ormai è ampiamente condiviso il concetto che le malattie si manifestano, evolvono e rispondono alle cure in maniera diversa a seconda del sesso, dell’età e degli aspetti psico-sociali. E’ Sulla consapevolezza delle differenze legate al genere e dell’importanza della centralità del paziente e della personalizzazione delle terapie che trova realtà l’art. 3 della legge 3/2018 che si è concretizzato con la firma del decreto attuativo da parte del Ministro Grillo il 13 giugno 2019, formalizzando il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale.Con l’approvazione di questa legge l’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di “genere” in medicina, indispensabile a garantire ad ogni persona la cura migliore, rispettando le differenze e arrivando a una effettiva “personalizzazione delle terapie”. Un primo passo importante che adesso però richiede l’impegno di tutti i professionisti delle diverse aree mediche e delle scienze umane affinché le azioni previste si concretizzino verso la nascita di una medicina genere- specifica. La sociologia, diventa incisiva, rappresenta il tratto di unione tra la sanità e il sociale. E’ indispensabile contaminare i saperi, rendere permeabili le conoscenze, perché la medicina gender è un approccio multidisciplinare e trasversale che comprende anche il genere nella sua componente sociologica.
Maria Libera Falzarano
Sociologa
Presidente ASI Campania
Bibliografia
- L’attenzione per la salute delle donne- Domenica la Branca
- Donna e uomo, a ciascuno la sua salute. La medicina di genere di Lucia Zambelli
- Farmacologia di genere- F. Franconi, I.Campesi
- Il genere come determinante di salute in Quaderni del Ministero della Salute
Sitografia
- Prospettive di genere e salute. Dalle disuguaglianze alla differenza in disuguaglianzedisalute.it