Cyber-vittime, le rel-azioni nella vittimologia nell’era dei social media
Molto spesso, soprattutto attraverso i media, sentiamo parlare di vittime. A volte in modo troppo superficiale e spettacolarizzato. Il concetto di vittimizzazione, quella criminale in particolare, non conosce confine, in qualsiasi serie di circostanze si può diventare vittima di un crimine. Lo studio della vittimologia ci permette di comprendere come certi individui diventino vittime e gli effetti post-crimine su di loro. La vittimologia è lo studio scientifico della vittimizzazione che concentra l’attenzione sui rapporti tra vittime ed autori di reato, le interazioni tra vittime e il sistema di giustizia penale, le connessioni tra vittime ed altri gruppi sociali ed istituzioni. I fattori e le interazioni sono molteplici, per comprendere la vittimizzazione; infatti, si deve prendere il tempo di rivedere e ricostruire ciò che è accaduto prima, durante e dopo un atto criminale non solo per determinare il ruolo e modus operandi del carnefice, ma anche quale sia stato il ruolo della vittima stessa. La vittimizzazione diventa cosi una parte della vita della vittima: il vittimismo rimane anche una volta terminato l’incontro fisico-virtuale con il carnefice e le vittime entrano in un mondo dove prevale il senso di colpo per quello che è successo. I primi studi, fanno riferimento agli scritti del criminologo tedesco Von Henting, autore dell’opera “The criminal and his victim”.
Quest’opera stabiliva tre concetti fondamentali: criminale-vittima: non si nasce, ma sono gli eventi a determinare i ruoli; vittima latente: ci sono alcune categorie di individui che per fattori psico-sociali sono predisposte a ricoprire tale ruolo (vittime ad alto rischio); rapporto aggressore-vittima: richiama l’aspetto sistemico-relazionale tra i due. Con Henting, l’attenzione per l’analisi della scena criminis, si sposta sulla relazione o meglio sul carattere duale dell’interazione reo-vittima: quest’ultima diventa una coppia di attori sociali, un binomio inscindibile mentre precedentemente l’attenzione veniva focalizzata esclusivamente sull’autore del reato, le sue responsabilità e caratteristiche. La vittimologia è il centro di tutto per una completa analisi criminologica. Secondo lo studioso Christie è possibile costruire una classificazione in base alle tipologie di vittima; si distinguono infatti vittime accidentali, passive, simulatrici, consenzienti, simboliche.Vi è la possibilità poi che la vittima stessa adegui l’immagine di sé ad uno stigma capace di confinare il soggetto all’interno di dinamiche comportamentali legate all’autoesclusione e all’isolamento, sfocianti spesso in un vittimismo lamentoso, sia che questa sia innocente, sia che rientri nella dinamica criminale.
Nella società digitalizzata cosi come nascono nuove forma comunicative-relazionali, cosi mutano le dinamiche vittima-carnefice, le modalità di azione e difesa, di investigazione e commissione di reato: si parla cosi di cybercrime e cyber vittime. Vi è una chiara connessione tra nuove tecnologie, linguaggio e vittimologia. L’hate speech, espressione d’odio, è un chiaro esempio di violenza diffusa purtroppo anche in Rete, è presente in qualsiasi piattaforma social e anche le persone più comuni possono esserne vittima. L’odio online è uno dei fattori chiave che trasforma media e virtual community in “campi di battaglia”, si approfitta in maniera irresponsabile della natura interattiva dei mezzi digitali e della possibilità di crearsi falsi profili, con il forte rischio di ledere la dignità della persone in Rete e di propagandare, fomentare la violenza trasformandola in possibilità di conflitto sociale o hate crimes: cyber stalking e cyber bullismo ne sono un esempio.Azioni “criminali” quindi, che sfruttano il potenziale del web e che si nutrono dei pregiudizi razziali, politici sulla base dello stile di vita, delle scelte, dell’aspetto fisico della potenziale vittima. Secondo Ziccardi, docente di informatica giuridica, la rete non ha modificato l’essenza dei discorsi d’odio: “sono sempre esistiti, ma ne ha cambiato però la persistenza e l’amplificazione”.
Spesso non si sa di avere in mano uno strumento potentissimo per fa circolare informazioni che restano in un “continuo tempo presente” , insidiandosi nello spazio illimitato virtuale dei social media e producono danni reali sulla vittima, influenzando il suo stato psichico e le stesse relazioni sociali. Ogni post, tweet, rappresenta oggi la quotidianità dell’utente connesso, ogni aspetto di noi viene condiviso, inserendo qualsiasi nostra informazione in un ambiente pubblico, ancora difficile da controllare come il web, è semplice cosi trasformarsi da utenti a cyber-vittime del tutto inconsapevoli. Prima del successo dei social network, le vittime erano generalmente persone in vista, con ruoli sociali e politici ben chiari o economicamente stabili, oggi cresce la violenza e l’odio interpersonale che può colpire chiunque dal compagno di scuola, all’ex fidanzato, al vicino di casa. La responsabilità individuale nella comunicazione, la conoscenza dei fenomeni in Rete e la consapevolezza di diffondere in maniera più limitata la nostra quotidianità in uno spazio virtuale completamente pubblico, può aiutarci a non ritrovaci a ricoprire il ruolo di cyber vittima e aiutare a demolire quella barriera emotiva e comunicativa che rende distante e poco empatico l’individuo contemporaneo.
Giacomo Buoncompagni
Laureato in comunicazione e specializzato in comunicazione pubblica e scienze socio-criminologiche. Esperto in comunicazione strategica e linguaggio non verbale. Collaboratore di Cattedra in “Sociologia generale e della devianza“e “Comunicazione e nuovi media”presso l’Università di Macerata . Docente di “Comunicazione e crimine “presso la Libera Università di Agugliano (AN) e Presidente provinciale Aiart Macerata (Associazione spettatori onlus). E’ autore del libro “Comunicazione Criminologica”(Gruppo editoriale L’Espresso,2016) – giacomo.buoncompagni@libero.it