Cosa ricorderemo del Coronavirus?

di Maria Gaia Pensieri

dott.ssa Maria Gaia Pensieri

Passato il momento dell’ansia verso l’incognito e l’insondabile, una volta elaborato il lutto, tutto cercherà di tornare faticosamente come prima.

L’uomo per la sua salute mentale ha necessità di ritrovare una dimensione conosciuta, antecedente al virus, il noto che si contrappone all’ignoto per sopravvivere alla paura.

Permarrà per un certo periodo di tempo l’apprensione per la mondanità, l’attenzione per le pratiche di disinfezione degli ambienti pubblici, la troppa vicinanza all’altro procurerà una certa ansia e la vita sociale ne risentirà. Non quella dei giovani che alla loro età, si sentono invincibili e immortali, già ora avvertono l’esigenza di esorcizzare con i pari la paura della malattia e sfuggire a questa nuova dimensione che è stata loro imposta.

Le immagini che rimarranno stampate nelle nostre menti, saranno quelle delle mascherine e dei guanti, i nuovi indumenti quotidiani e che saremo ancora per un certo tempo costretti ad indossare; gli unici oggetti che ci permettono di controllare l’invisibile.

Ci ricorderemo dei canti sui balconi, momenti di condivisione per allontanare i timori e allentare il peso della tensione individuale.

Rammenteremo le bandiere fiere sventolare dai palazzi a simboleggiare che siamo italiani riusciti a resistere al virus e agli attacchi dei fratelli d’Europa. Oggi le Frecce Tricolori portano in alto questa bandiera e le scie che solcano i cieli ridonano una nuova libertà.

Ci resteranno le immagini dei carri dell’esercito che hanno portato via di notte i nostri morti, quasi a non voler turbare tutta la comunità e quelle delle fosse comuni nel resto nel mondo che hanno ricordato i monatti manzoniani e riportato le nostre menti alle scene di quella guerra che i nostri anziani, quelli che oggi non ci sono più, hanno realmente vissuto.

La storia passata ci ha insegnato che il confinamento è la morte del virus, ma per l’uomo è necessario razionalizzare e trovare il perché di tutto questo. Nel ‘600 la ricerca di una causa era talmente forte da portare ad inventare la figura degli untori che vagavano con lo scopo d’infettare.

Oggi che la peste sia l’esito di un salto di specie o un errore di laboratorio poco conta, è importante invece comprendere che la vita è un soffio e il vento cambia rapidamente.Sarebbe utile trarre un insegnamento e modificare il nostro modo di abitare il mondo rispettando la natura.

Guarda caso sembra che sia proprio il particolato a trasportare velocemente il virus; come l’uomo è stato costretto a fermarsi, la natura si è ripresa i suoi spazi.

Il mondo non è solamente nostro e qualcosa ci ha potentemente costretto a ricordarlo.


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