COSA C’ENTRA UNA SCAZZOTTATA TRA ADOLESCENTI CON I FIGHT CLUB?
Dopo la moda dei selfie estremi e del gioco della balena blu, gli adolescenti e i giovani sembrano affidarsi ai fight club per esorcizzare la paura di una generazione che non riesce a guardare oltre lo schermo di un tablet. Il fenomeno che di recente ha interessato Piacenza, così come romanzato da alcuni media, ripropone in chiave moderna le narrazioni del passato quando incomprensioni e/o torti, quasi sempre, finivano con una semplice scazzottata o con episodi ben più gravi. Sfide del genere accompagnano tutte le generazioni: venire alle mani all’interno del gruppo di pari, infatti, non è una novità. Solo che oggi tali episodi non rimangono confinati nel ristretto ambito territoriale in cui si svolgono, ma diventano virali perché veicolati dai social media. Dal passa parola al live: una normale metamorfosi in un’epoca sempre più caratterizzata dalle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione.In passato lo scontro verbale o fisico tra adolescenti, finalizzato alla conquista della leadership (nel rione, a scuola, nello sport e nei luoghi di aggregazione) o maturato per futili motivi, rischiava di rimanere confinato in ambito strettamente locale ed oltre questo limite territoriale c’era spazio solo per le leggende metropolitane.Nel caso in questione sono bastati alcuni post su Instagram di un ragazzo, improvvisatosi organizzatore di spettacoli, per coinvolgere centinaia di giovani e, al tempo stesso, offrire al giovane “promoter” la possibilità di battere il record personale con migliaia e migliaia di visite al suo profilo social.Nell’attuale società tutto viene ricondotto al disagio: anche vecchi comportamenti attualizzati in chiave moderna che ben si prestano a giudizi frettolosi e spesso fuorvianti che ci impediscono di indagare e scoprire la vera causa di certe condotte giovanili. Nell’interpretazione dei fatti, spesso – anzi, molto spesso – ci affidiamo agli stereotipi che assomigliano ad una candela accesa nella galleria del vento.
I new media, al pari dei loro antenati, sono generatori di cambiamenti “perché ponendosi in mezzo ai soggetti interagenti li obbligano ad adattarsi alle proprie caratteristiche”. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che l’odierno sistema di comunicazione ha superato l’interazione faccia a faccia ed il messaggio, nel tragitto tra la fonte e il destinatario, si affida all’intermediazione di un medium in grado di superare la contiguità spazio – temporale. Tutto avviene così in fretta che ci viene impedita qualsiasi possibilità di decodifica: un comportamento normale che nella società dell’apparire ci fa sentire impegnati in un’eterna competizione – una sorta di gara a punti – per scalare posizioni nella classifica della hit-parade della notorietà e conquistare la palma del migliore. Basta un post, un like per vivere un momento di popolarità che tuttavia dura sempre poco. I match più duri oggi sono quelli che si combattono negli studi televisivi – ahinoi che supplizio- che ti mandano al tappeto per la violenza del linguaggio, i gesti goffi di modelli dai quali vengono attratti soprattutto gli adolescenti. Spettatori passivi e impotenti costretti, nell’arco delle 24 ore, a subire comportamenti litigiosi, gossip, la contrapposizione della politica, violazioni della privacy. Ed ancora: narcisismo, mancanza di rispetto verso gli altri, scontri tra coniugi, tra genitori e figli, arroganza della classe politica. Un format che trova spazio anche sulla rete, ma in modo interattivo. Nata per ampliare di spazi di democrazia, di libertà, partecipazione, di trasmissione della cultura e di strumento superamento di spazio e tempo, la rete, quando si fa un uso improprio e irresponsabile – come ha affermato Umberto Eco – concede diritto di parola a legioni di imbecilli. L’uomo post moderno e post industriale rimane disorientato da questa Babele che- come sostengono molti studiosi di scienze sociali – è una delle cause dell’attuale mutazione antropologica. La rete con le sue applicazioni provoca delle trasformazioni nelle nostre capacità cognitive che, a lungo andare, difficilmente riusciremo a controllare. La società dei nuovi media ci tiene prigionieri all’interno di un eterno presente: luogo in cui la realtà ci viene presentata come se tutto fosse vero solo in quel momento. Quando guardiamo un video, chattiamo o scopriamo cose nuove.
La storica continuità delle scazzottate adolescenziali, quelle di ieri come quelle piacentine, sarebbe da collegare alla futilità: un torto subito o consumato dai cybernauti che affollano le autostrade telematiche, una diversità di vedute sul risultato di una partita di calcio, un’occhiata interessata o un apprezzamento di troppo ad una ragazza (già fidanzata o contesa), la diversità di orientamento politico, di vedute rispetto ad un tema trattato in chat o perché strenui difensori dell’infallibilità dell’ultimo dio, Facebook.Lo scontro all’interno del gruppo di pari – ribadiamo – non è nuovo, però ogni generazione per portarlo all’attenzione di un gran numero di cittadini utilizzano modelli di comunicazione sintonia con i cambiamenti socio-culturale e tecnologici del tempo.
I recenti episodi di Piacenza possiamo classificarli solo un pretesto per menare le mani? Confermare questa tesi, forse, sarebbe troppo riduttivo in una società complessa che va in cerca di nuovi spazi di aggregazione per uscire dall’individualismo dei nostri tempi. Attori e spettatori nel corso della rappresentazione in questione si sono scambiati i ruoli e lo scontro a due si è trasformato in rissa. I filmati girati con i telefonini e veicolati dalla rete, al momento, non hanno provocato il temuto contagio in quanto il virus è stato bloccato dagli anticorpi sociali di cui quel territorio dispone. Ferma restando la preoccupazione che questo genere di fatti possa ripetersi in altri contesti territoriali dove gli antivirus comuni sono meno efficaci di quelli della città della pianura Padana. I tre episodi di violenza collettiva – da parte di autorevoli quotidiani nazionali – sono stati considerati l’appendice del romanzo “Fight Club” dello scrittore statunitense Chuck Palahniuk, pubblicato nel 1996. La rappresentazione cinematografica di quella narrazione, affidata alla maestria del regista David Fincher, non mancò di generare fenomeni di emulazione che coinvolsero sia adolescenti che adulti. Solo che lo scrittore statunitense nel suo libro affrontava il disagio e l’ostilità della società americana nei confronti del consumismo, mentre le scazzottate piacentine (fonte di preoccupazione per le forze dell’ordine che hanno denunciato una ventina di adolescenti) non sono altro che la prosecuzione di un fenomeno antico, oggi divulgato dalle moderne tecnologie della comunicazione. Una interpretazione meno semplicistica, che tuttavia non risolve i nostri dubbi nel contesto dell’indagine per classificare gli sconti adolescenziali, potrebbe riguardare lo stato di precarietà della società neo liberista portatrice di scelte imprevedibili fatte in nome del progresso tecnico -scientifico. L’incertezza del futuro alimenta la solitudine e la fragilità dei ragazzi che potrebbero andare in frantumi. Come “quei meravigliosi, vetri di Murano, straordinari, perfetti … che tuttavia hanno dei punti di minore resistenza e basta toccarli (sostiene Vittorino Andreoli) perché vadano in frantumi e sembra impossibile ricostruirli”.
Antonio Latella – giornalista e sociologo