Category Archives: Senza categoria

QUANTO I MEDIA INFLUISCONO SUI FATTI DI CRONACA NERA E QUALI SONO LE RIPERCUSSIONI SULLA GIUSTIZIA PENALE?

di Sofia Pulizzi

LA STRAGE DI ERBA

In queste ultime settimane l’attenzione mediatica si è concentrata su un fatto di cronaca che ha scosso gli animi sia delle persone coinvolte nella storia sia dei cittadini, ovvero la tanto discussa, Strage di Erba. E’ stata accolta l’istanza di revisione di Rosa e Olindo Romano, la revisione è un mezzo di impugnazione straordinario che consente di annullare le condanne passate in giudicato, è l’unico mezzo di impugnazione che consente di rimettere in discussione quelle condanne definitive e consente di rimettere in libertà persone che si presuppone siano ingiustamente condannate.

Partiamo dal principio, 26 giudici in tre gradi di giudizio hanno condannato Rosa Bazzi e Olindo Romano. Malgrado non ci siano loro impronte nella casa delle vittime né nella loro , neppure un capello né una traccia di sangue. La condanna si basa su 3 pilastri:
1) La testimonianza dell’unico sopravvissuto alla strage, Mario Frigerio
2) La traccia di sangue di Valeria Cherubini che a 14 giorni dalla strage è stata ritrovata nel battitacco della macchina di Olindo
3) Le confessioni rilasciate dai coniugi.

Nel 2020 i due coniugi sono stati valutati sotto il profilo psichiatrico da quattro scienziati, a Olindo è stato diagnosticato un disturbo paranoico con ragionamenti fissi tipici dell’adolescenza, “un credulone” praticamente; a Rosa invece è stato diagnosticato un deficit cognitivo che le impedisce di leggere e scrivere, un “ritardo mentale”. I loro profili quindi, secondo gli scienziati, sono incompatibili con la progettazione e l’esecuzione di una strage del genere, così articolata, che avrebbe richiesto capacità intellettive di cui sono sprovvisti. Partiamo dall’evento chiave: l’11 dicembre 2006 alle 17:45 veniva staccata la luce a casa Castagna, questi ultimi entrano a casa tra le 19:58-20.00. Raffaella viene colpita 18 volte, le tagliano la gola, l’arteria carotide a lei e tutte le altre vittime (questo fa pensare che i colpevoli fossero dei professionisti). Non vengono analizzate diverse prove, ad esempio la tende dove c’erano tracce di sangue da schizzo.

Angelo Fusaro, cancelliere del tribunale di Como si dice abbia distrutto i reperti che dovrebbero essere analizzati , tra i quali c’era quella tenda che è andata distrutta nonostante ci fosse l’ordine di conservarla e che avrebbe potuto provare che la Cherubini sarebbe stata colpita nel suo appartamento, come inizialmente si pensava (in questo modo Rosa e Olindo non potrebbero essere gli aggressori, perchè altrimenti scendendo per le scale i soccorritori li avrebbero visti). Due perizie dicono che la Cherubini è stata uccisa a casa sua, la consulenza tecnica della dottoressa Valentina Vasino inoltre si è concentrata sul fatto che quest’ultima non poteva gridare aiuto con 5 tagli alla lingua. In più, quel giorno c’erano tre gradi, un clima molto freddo quindi, se fosse stata colpita nel pianerottolo avrebbe avuto il giubbotto invece l’indumento era in perfette condizioni e non presentava macchie di sangue o tagli da arma come quelle utilizzate per uccidere la signora, che quindi si pensa sia stata uccisa in casa.

Sugli abiti di Olindo e Rosa e nella loro lavatrice non c’è traccia delle vittime, piuttosto sono presenti delle impronte in casa delle vittime che non verranno mai analizzate, delle impronte che non corrispondono con i coniugi, né con le vittime né con i soccorritori. Per quanto riguarda le dichiarazioni di Frigerio, le prime parole sono : “non l’avevo mai vista questa persona, non era del posto” non identificando quindi gli aggressori con i coniugi Romano. Solamente in un secondo momento e incalzato dai carabinieri, quest’ultimo fa il nome del suo vicino di casa, testimonianza non molto attendibile, in quanto i carabinieri potrebbero avere alterato il ricordo della fragile vittima.

Da numerose ricerche emerge che un testimone è, per definizione, inattendibile dal momento che è chiamato a riportare quello che essendo un ricordo, cioè una ricostruzione, può essere diversa dall’evento originale, quindi una deformazione della realtà. Secondo Gullotta, il primo errore nella formazione di una prova testimoniale sta addirittura all’origine: cioè nel fatto che il testimone viene invitato a dire la verità. Il testimone può impegnarsi a essere sincero, non a dire la verità, perché ci sono molte interferenze soggettive e sociali nel ricordo e perché davanti, per esempio, a un magistrato, l’interrogato spesso dice ciò che ci si aspetta che dica. La cosa straordinaria è che né avvocati, né magistrati hanno alcuna formazione in argomento. Si può affermare che l’attendibilità di una testimonianza possa essere determinata da due fattori principali:
1) Accuratezza, ovvero la corrispondenza tra realtà oggettiva e soggettiva;
2) Credibilità, ovvero il rapporto tra ciò che si ritiene di sapere e le motivazioni a dichiararlo e se in generale la sua motivazione è sostenuta dalla possibilità che effettivamente sapesse la verità. In assenza di riscontri esterni, l’attendibilità della testimonianza può essere valutata solamente per le sue caratteristiche intrinseche: legata alla credibilità (potere di convinzione)
.

Purtroppo gli esperimenti hanno evidenziato che il giudicante non è in grado di giudicare in maniera corretta l’attendibilità del testimone ed hanno messo in luce una sorta di processo inferenziale attraverso cui sembra che le persone, per giudicare l’attendibilità di un testimone, si affiderebbero al grado di sicurezza da lui stesso mostrato nel corso di una testimonianza. Sembra, infatti, che la percezione che i giurati hanno della sicurezza di un testimone, sia responsabile per un 50% delle variazioni nel loro giudizio sulla credibilità del testimone. Possiamo affermare quindi che dal principio, la difesa dei coniugi Romano ha “smontato” tutte le prove di accusa sulle quali si basa la loro colpevolezza, adesso non ci resta che aspettare il nuovo processo e l’analisi delle prove mai analizzate fino ad ora.

Dott.ssa Sofia Pulizzi, sociologa e criminologa


Gli anziani nel XXI secolo “Focus sulle dinamiche dell’invecchiamento demografico”

di Rosario Fittante

Le dinamiche demografiche che caratterizzano il Paese (invecchiamento della popolazione/calo delle nascite ecc.), stanno avendo effetti profondi sull’equilibrio del sistema di Welfare, e sulla capacità di crescita. L’effetto del progressivo invecchiamento della popolazione si sta già manifestando anche sul sistema scolastico e sul mercato del lavoro, secondo il rapporto annuale 2023 dell’Istat, presentato lo scorso mese di luglio alla Camera dei deputati. Il Presidente dell’Istat durante la sua relazione, ha dichiarato che il fenomeno sarà ancora più accentuato e più diffuso nel prossimo futuro, “tra il 2021 e il 2050 le previsioni più recenti stimano una riduzione della popolazione in Italia di quasi 5 milioni”. L’andamento globale della demografia mondiale indica che, mentre la fertilità diminuisce e l’aspettativa di vita aumenta, la percentuale della popolazione al di sopra di una certa età si alza. Questo fenomeno è noto come “invecchiamento della popolazione” ed è presente in quasi tutti i paesi del mondo occidentale e non solo. Il progressivo cambiamento di abitudini consolidate, coinvolge in modo differenziato tutta la popolazione anziana, a seconda del gruppo sociale di appartenenza. Oltre 3 anziani su 4 hanno un titolo di studio basso, che non supera la licenza media, la quota dei poco istruiti raggiunge l’80,7 % tra le donne e l’85 % tra coloro che hanno più di 75 anni, anche se si registra una significativa crescita di anziani soli con un’istruzione medio alta (diploma o laurea). La quota dei pensionati è pari all’87,8% tra gli anziani soli e al 57,9 % tra le anziane sole. Le stime dei residenti in Italia con 75 anni e più sono 7.058.755 circa l’11,7 % della popolazione; di questi il 60 % è formato da donne, di queste circa la metà vive da sola, e, solo il 29 % in coppia; gli uomini che vivono da soli sono il 21,7 % e, solo il 68 % in coppia. L’età media della popolazione è salita da 45,7 anni all’inizio del 2020 e 46,5 all’inizio del 2023. All’1 gennaio 2023, le persone con più di 65 anni sono 14 milioni 177 mila, circa il 24,1 % della popolazione. Cresce anche il numero di persone ultraottantenni, che arrivano a 4 milioni 529 mila e rappresentano il 7,7 % dei residenti, mentre il numero di ultracentenari è triplicato.

Un nuovo ruolo sociale per gli anziani

L’Italia spende per le prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori una quota esigua rispetto al Pil pari all’1,2% rispetto il 2,5% della Francia e al 3,7% della Germania. Il progressivo allungamento della vita impone infatti alla società di farsi carico di assicurare agli anziani di vivere più a lungo possibile in buona salute. Per il raggiungimento di tale obiettivo diventa necessario monitorare e tenere aggiornato, lo stato di salute degli anziani con interventi mirati di policy, considerando che siamo uno dei paesi più longevi d’Europa.
Un individuo che va oggi in pensione deve potersi ritrovare in un nuovo ruolo sociale, per dare inizio ad un nuovo percorso che lo renda ancora utile alla società, anche se non più attivo lavorativamente. Le molteplici attività e azioni che “l’anziano” già svolge, non abitano in nessuna statistica ufficiale, per cui riconoscerne il nuovo status di cittadino “anziano attivo” che contribuisce al Pil nazionale, può essere la soluzione per evitare che le conseguenze di una società che cambia possano trovare il sistema paese, impreparato ad affrontare le nuove sfide causate dal profondo cambiamento socioculturale della società.

La mente non smette mai di “crescere”

Il Professore Alfredo Berardelli, past President della Società Italiana di Neurologia, intervistato dalla giornalista e biologa Elena Meli, su Corriere Salute, spiega che ciò che si mangia nei primi mille giorni di vita, incide sul funzionamento del cervello per tutto il resto dell’esistenza. L’infanzia infatti è una fase dove le possibilità di potenziare le abilità cognitive sono al massimo, per questo motivo una buona qualità dell’istruzione nei primi anni di vita è alla base per un cervello in salute a lungo termine, poiché le cellule cerebrali continuano a mantenere una certa dose di plasticità ben oltre l’età adulta. Secondo le nuove ricerche si è adolescenti fra i 10 e i 24 anni, ma fino a 30 anni il cervello continua a svilupparsi e maturare in misura significativa, ma il cervello non cessa di evolvere, continua a cambiare con l’esperienza, anche se il numero di cellule nervose diminuisce con l’età, in alcune aree cerebrali si possono formare neuroni perfino superati i 70 anni, anche se certezze su questo non ce ne sono ancora, ma di sicuro il cervello può “ crescere” continuando ad imparare, finché si è in vita. La ricerca scientifica sta infatti scoprendo che per arrivare ad un cervello “adulto”, agli uomini servono molti più anni rispetto agli animali”.

La Calabria e l’invecchiamento attivo

In Calabria, il 35,4 % della popolazione regionale supera i 54 anni di età, di cui il 71,8 % con un basso livello di istruzione. L’occupazione per le persone tra i 55 e i 65 anni si attesta al 44,5 % (32,1 tra le donne), scende dal 3 al 3,5 % per la popolazione over 65, e solo il 5,6 % della popolazione oggetto di analisi presta attività di volontariato. (media Istat 2018). Un altro indicatore importante è lo stato di salute percepito dalla popolazione anziana, dove si evidenzia che il 49 % della popolazione over 55 ha valutato il proprio stato di salute come né buono né cattivo, mentre più del 22% ha valutato la propria salute in termini negativi.

La regione Calabria in materia di invecchiamento attivo si è dotata della legge regionale n 12 del 16 maggio 2018, in materia di tutela, promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo nei seguenti ambiti: attività sociali intese come volontariato e impegno civico nel campo della scuola e della cultura, del care giving, dell’ambiente e del territorio. Promuove la socializzazione in generale, menzionando attività culturali, formazione, turismo sociale, attività di svago, attività intergenerazionali. La legge in dettaglio considera come beneficiari degli interventi anche gli anziani ultra- sessantenni non autosufficienti
Questa legge fatica però a trovare attuazione in quanto la legge su I.A. è quella di utilizzare i fondi P a c (fondi nazionali inclusi all’interno del Piano nazionale di Azione per la Coesione). Purtroppo il problema del loro utilizzo è strutturale, in quanto tali finanziamenti prevedono l’anticipo di spesa da parte degli ambiti Territoriali e successivamente la richiesta di rimborso statale, previa presentazione dettagliata delle voci di spesa dei progetti regionali finanziati, un problema non da poco che al momento non sembra dare slancio a questa legge.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce l’invecchiamento attivo, come quel processo volto a garantire opportunità di salute, partecipazione e sicurezza sociale, al fine di migliorare la vita, delle persone che invecchiano. Questa definizione include il principio di estendere l’attività delle persone anziane sia riguardo all’inclusione nel mercato del lavoro, sia alla partecipazione ad attività di natura sociale, civica e culturale. Dal punto di vista demografico quindi è necessario guardare oltre le classifiche di base, come ad esempio la percentuale crescente di persone anziane nella popolazione totale, come l’aumento della speranza di vita. (dati Istat 2020).

La teoria dell’Attività di Robert J. Havighurst

Il gerontologo Robert J Havighurst ha elaborato negli anni sessanta, “la teoria dell’attività”, affermando che se l’anziano resta socialmente attivo e impegnato, ha maggiori probabilità di avere un invecchiamento di successo, per raggiungere questo risultato secondo R.J.H, è necessario un maggiore coinvolgimento della popolazione anziana, affinché possa rimanere attiva a lungo, investendo durante tutto il corso della vita già a partire dalla giovinezza, nella conoscenza e nell’adozione di stili di vita salutari, tutto questo deve avvenire attraverso campagne d’informazione che incentivino comportamenti salutari, da attuarsi in ogni ambito della vita. Promuovere la partecipazione “attiva” della popolazione anziana vuol dire creare, supportare e sviluppare le condizioni per renderla realmente possibile, dare loro gli strumenti necessari, volti ad affrontare il proprio futuro in modo corretto. Adottare un approccio multidimensionale, può essere utile per migliorare la qualità della vita dell’anziano, intervenendo sulle politiche familiari, sull’occupazione e sulla formazione nei settori del tempo libero, del turismo e in tutti gli altri settori che diano loro la possibilità di partecipare ad un volontariato di qualità.

La società Italiana di Gerontologia e Geriatria, ha proposto di aggiornare il concetto di anzianità, portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana, infatti secondo la S.I.G.G. “Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980. In Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto ai primi anni del 900. Seguire le buone pratiche di cura e mantenersi in forma: questa è la ricetta per l’individuo over sessanta per affrontare le nuove sfide per il futuro, la società avrà il compito di sostenere questo processo per meglio affrontare le nuove prospettive di vita degli anziani insieme al calo demografico, e portare gli anziani del XXI secolo a nuove prospettive di vita.

dott. Rosario Fittante Associazione Sociologi Italiani

Bibliografia di riferimento

Istat 2020 L. Quattrocchi, M. Tibaldi. Editing G. Dessi
Corriere salute – 12 novembre 2023 Elena Meli
Il fatto quotidiano salute del 7 novembre 2023.
Società Italiana di gerontologia e geriatria
Università del Piemonte orientale: La teoria dell’attività di Francesca Memini (30 lug 2021)
Università degli studi di Bergamo Cristina Maria Teresa Casacchi 2014/2015


Buono out, cattivo in. Nuovi paradigmi di una società materialista

di Davide Franceschiello

Le generazioni degli anni ’60 sono cresciute con il mito degli eroi buoni, del bene che trionfa sempre sul male, dei nordisti buoni e dei sudisti cattivi, dei marines buoni e dei giapponesi carogne, con i film di Walt Disney che raccontavano della strega malefica e della candida Biancaneve e poi cappuccetto rosso ed il lupo cattivo dei fratelli Grimm e così i supereroi come Superman, di Jerry Siegel, e dei tanti altri che sono stati creati successivamente, ma con le stesse caratteristiche, eroi buoni che mettevano i loro super poteri al servizio dell’umanità contro i cattivi di turno. Un messaggio implicito, qualcuno scriverebbe subliminale, ma inequivocabile: il giusto è dalla parte del buono, l’amore che sconfigge ogni forma di odio e di crudeltà.

Un messaggio figlio, evidentemente, di una società idealista opposta al materialismo che esprime la società odierna, dove anche i super eroi sono più aggressivi e anticonformisti, individualisti. Secondo il professor Brancato, sociologo della comunicazione all’Università di Salerno: “Negli anni ’50 si promuoveva la purezza del mito. Oggi l’immagine dell’eroe buono e pronto a tutto per salvare l’umanità non funziona più, il pubblico è più complesso e chiede dei miti altrettanto complessi”. Ma si tratta di ricerca di complessità o di vacuità? La trasmissione di sani principi per educare o inculcare sani valori, solidi valori, non interessa più a nessuno in una società, definita da Bauman, liquida. Secondo il sociologo polacco infatti, nell’età moderna tutto veniva percepito come una solida costruzione, oggi giorno, invece ogni aspetto della vita può essere rimodellato artificialmente, viviamo d’altronde nell’epoca della realtà virtuale. Il ventesimo secolo era caratterizzato dalla stabilità lavorativa, dai legami forti ed inscindibili, dal familismo (secondo lo studioso americano Banfield, amorale) dal rispetto delle regole e delle tradizioni, per arrivare ad oggi dove, per dirla alla Durkheim, vige l’anomia, ossia la piena mancanza di regolamentazione sociale e soprattutto morale, che avrebbe potuto irregimentare il comportamento degli esseri umani.

Alle stesse generazioni sono stati tramandati i principi teologici della religione cristiana che idealizzano l’amore di Dio verso il prossimo, enfatizzano la pratica della carità e della misericordia e la virtuosa inclinazione alla pietà ed al perdono, al sostegno caritatevole del più debole, del povero e del malato, dell’ultimo, addirittura anelando una vittoria finale degli esclusi e degli emarginati: “gli ultimi saranno i primi”. Principi che marchiano con il fuoco la differenza tra bene e male, tra angeli e demoni. Principi che per decenni hanno influenzato le nostre coscienze, ponendoci dei problemi morali secondo i quali quando facciamo del bene proviamo un senso di soddisfazione e quando ci rendiamo conto di fare del male proviamo un senso di colpa e vergogna. Principi che stimolano a rispondere, prima che alle leggi ed alle regole della società, alla nostra coscienza, secondo regole morali che sono diverse da persona a persona.

Di converso è indubitabile che negli ultimi secoli si è vieppiù rafforzato il processo di Secolarizzazione, che ha avviato un percorso di desacralizzazione e nichilismo. Giovani sempre più avversi a forme di cultura tradizionale, in specie quella morale e religiosa, rinunciatari tout court, spinti invece da materialismo ed individualismo frenetico ed esasperato. Lo stesso Nietzsche, già sul finire dell’800, prefigura l’inarrestabile decadenza della cultura cristiana e la distruzione teorica e pratica dei valori della tradizione. Sulla stessa falsariga Durkheim riteneva che il progresso avrebbe portato la religione tradizionale ad un declino irreversibile e con sé tutti i valori solidi, capaci di stimolare sostanziali legami di solidarietà, partecipazione e fratellanza, tessuto connettivo di cui nessuna società può fare a meno. Max Weber pone alla base della secolarizzazione invece il capitalismo e l’etica protestante, con un’età moderna contraddistinta da “disincantamento” e da forme di razionalità sempre più invadenti in contrasto con la religione.

In questo passaggio dall’idealismo al materialismo, dalla solidarietà all’individualismo, dall’essere all’avere, al possedere, da una società solida ad una liquida, dal reale al virtuale, all’avvento della secolarizzazione e del nichilismo, del capitalismo e liberismo più bieco, è andata persa la qualità morale della bontà, non più riconosciuta, non più apprezzata e mal tollerata. In una società dove impera la superficialità, l’apparire, l’affarismo e l’egoismo, desacralizzata, la bontà non è vista come una virtù, ma è sinonimo di falsità e ipocrisia. In altre parole la bontà non può esistere e chi la ostenta è mosso solo da scopi reconditi e capziosi, per certi versi è ritenuta più cool una persona non empatica, d’altronde i siciliani dicono: “Megghiu u’ tintu canusciutu ca u bonu a’ canusciri” (meglio un cattivo conosciuto piuttosto che un buono sconosciuto).

È quello che succede alle aziende che praticano il woke capitalism, una sorta di capitalismo etico che propone, e per alcuni propina, un mix tra incentivi idealisti e business, aziende che sostengono apertamente cause progressiste, coniugando affari e promozioni di temi ambientalisti, Lgbtq+, indentity politics. Sullo stesso treno è salita anche la nota influencer Chiara Ferragni che, dopo il Pandoro-gate, è stata travolta dagli haters, rea di praticare del finto buonismo e di avere ben altri interessi che quelli di trasmettere sani valori di solidarietà e beneficienza. Aziende woke e la Ferragni hanno provocato una forte irritazione dei consumatori conservatori che hanno inscenato azioni di boicottaggio, con conseguente crollo del fatturato. Addirittura c’è chi riporta il caso della Victoria’s Secret che, dopo aver deciso di far sfilare donne comuni, trans e donne che sono emerse per le loro capacità ed intelligenza, ha visto parimenti crollare il proprio fatturato e costretta a ritornare alle modelle convenzionali. In sostanza, più che crollo di fatturato, possiamo parlare di crollo dei valori che hanno tutelato le generazioni passate. L’uguaglianza, i diritti sociali (chi è ultimo si arrangi da solo, d’altronde è colpa sua direbbero i liberisti, negando i criteri dei determinanti sociali) le lotte ambientaliste interessano pochi anzi sono considerate una scocciatura, tranne poi riversare fiumi di finte lacrime quando si verificano disastri ambientali.

“Nonno che cosa devo fare per essere buono e giusto? Il nonno risponde: “sei forse tu a far sorgere il sole?” Il bimbo stranito richiede: “nonno, ma ti ho chiesto cosa devo fare.! Ed il nonno ribatte: “fai risplendere sempre la tua luce, il sole lo fa da sempre senza che nessuno glielo chieda..!”

Dott. Davide Franceschiello, sociologo, segretario generale Associazione Sociologi Italiani e presidente Deputazione Calabria ASI


L’ importanza delle regole nella società

di Michele Miccoli

L’uomo ha bisogno di regole per diversi motivi fondamentali. Le regole forniscono una struttura e un ordine alla società, garantendo che le persone possano vivere in armonia e cooperazione reciproca.

Ecco alcuni punti chiave che spiegano perché l’uomo ha bisogno di regole:

1. Organizzazione sociale: le regole stabiliscono le basi per l’organizzazione sociale. Definiscono i ruoli e le responsabilità dei membri della comunità, creando una struttura che permette alle persone di interagire e cooperare in modo efficace. Senza regole, potrebbe essere difficile mantenere l’ordine e la stabilità sociale.

2. Protezione dei diritti: le regole sono fondamentali per proteggere i diritti e le libertà dei singoli individui. Attraverso le leggi e i regolamenti, le persone sono tutelate da discriminazioni, abusi e violazioni dei propri diritti fondamentali. Le regole stabiliscono un sistema di giustizia che punisce coloro che infrangono le norme e protegge le vittime.

3. Sicurezza e stabilità: le regole contribuiscono a creare un ambiente sicuro e stabile. Regolamenti sul traffico, norme di sicurezza sul lavoro, leggi sulla protezione dell’ambiente e molti altri aspetti della vita quotidiana sono fondamentali per garantire la sicurezza delle persone e la stabilità della società nel suo complesso.

4. Promozione della giustizia: le regole sono il fondamento di un sistema giudiziario equo. Forniscono le linee guida per risolvere controversie e conflitti in modo giusto ed equo. Le regole stabiliscono le procedure legali e le norme di comportamento che tutti devono seguire, garantendo che le decisioni siano prese in base ai principi di giustizia e imparzialità.

5. Coesione sociale: le regole promuovono la coesione sociale e la convivenza pacifica. Consentono alle persone di vivere insieme in una comunità, rispettando gli interessi e i diritti degli altri. Le regole aiutano a prevenire e risolvere i conflitti, creando un ambiente in cui le differenze e i disaccordi possono essere affrontati in modo pacifico e costruttivo.

In conclusione, le regole sono fondamentali per la convivenza umana. Forniscono una struttura che permette alle persone di vivere in modo ordinato, sicuro e giusto. Senza regole, la società potrebbe cadere nel caos e nell’anarchia. Pertanto, l’uomo ha bisogno di regole per garantire un’organizzazione sociale efficace, proteggere i diritti individuali, mantenere la sicurezza e promuovere la coesione sociale.

Prof. Michele Miccoli, avvocato Cassazionista e presidente Associazione Sociologi Italiani


La famiglia: nucleo fondamentale della società. Caratteristiche della famiglia patriarcale

di Michele Miccoli

La famiglia è considerata il nucleo fondamentale della società. È all’interno della famiglia che gli individui sperimentano i primi legami affettivi, apprendono i valori e le norme sociali, acquisiscono abilità di comunicazione e sviluppano una base emotiva solida. La famiglia fornisce un ambiente sicuro e protetto in cui gli individui possono crescere, esplorare e sviluppare la propria identità. È anche all’interno della famiglia che si sviluppano
le relazioni interpersonali, l’empatia e la capacità di risolvere i conflitti. La famiglia è un luogo in cui gli individui ricevono supporto emotivo, sostegno finanziario e assistenza pratica. Inoltre, la famiglia è responsabile della trasmissione di valori culturali, tradizioni e credenze da una generazione all’altra. In sintesi, la famiglia è il fondamento su cui si costruiscono le relazioni umane e si sviluppa la società nel suo complesso.

Il modello patriarcale di famiglia e le sue caratteristiche.


Un modello patriarcale di famiglia si caratterizza per alcune caratteristiche specifiche:

  1. Autorità del padre: nel modello patriarcale, il padre è la figura centrale e ha l’autorità e il potere decisionale all’interno della famiglia. Le sue opinioni e decisioni sono considerate come le più importanti e definitive.
  2. Divisione di ruoli di genere: nel modello patriarcale, ci sono ruoli di genere rigidamente definiti in cui al padre sono assegnati i ruoli di guida, sostentamento economico e protezione della famiglia, mentre alle donne sono assegnati principalmente i ruoli di cura dei figli, gestione della casa e supporto emotivo.
  3. Gerarchia familiare: nel modello patriarcale, la famiglia è organizzata in una struttura gerarchica in cui il padre è in cima alla scala, seguito dalla madre e poi dai figli. Questo crea una dinamica in cui il padre prende le decisioni finali e gli altri membri della famiglia devono obbedire.
  4. Controllo e dominio: nel modello patriarcale, il padre esercita un controllo e un dominio sugli altri membri della famiglia. Ciò può manifestarsi attraverso l’imposizione delle proprie opinioni, la limitazione dell’autonomia e delle libertà delle donne e l’uso di violenza o coercizione per mantenere il potere.
  5. Mancanza di parità e uguaglianza di genere: nel modello patriarcale, le donne sono spesso considerate come inferiori agli uomini e la loro voce e il loro potere decisionale sono ridotti. Ciò può portare a disuguaglianze nella distribuzione delle risorse, nelle opportunità di istruzione e lavoro e nella partecipazione alla vita pubblica.

È importante sottolineare che il modello patriarcale di famiglia può variare in intensità e in pratica in diverse culture e contesti, ma queste sono alcune delle caratteristiche generalmente associate ad esso.


Prof. Michele Miccoli, Presidente Associazione Sociologi Italiani (ASI)


Relazioni sempre più virtuali

di Michele Miccoli

La qualità delle relazioni ai tempi nostri può essere influenzata da diversi fattori. Da un lato, le tecnologie moderne ci permettono di connetterci con le persone in tutto il mondo in modo più rapido e facile. Possiamo mantenere contatti costanti attraverso le piattaforme di social media, le email e le videochiamate. Tuttavia, questa facilità di comunicazione può anche portare ad una maggiore superficialità nelle relazioni.

Le relazioni virtuali possono mancare del contatto fisico e dell’intimità che si possono sperimentare invece nelle interazioni faccia a faccia. Inoltre, l’uso eccessivo dei dispositivi tecnologici può distogliere l’attenzione dalle persone che ci circondano, creando una sorta di distanza emotiva.

D’altra parte, ci sono anche aspetti positivi. Le tecnologie ci permettono di rimanere in contatto con le persone che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere, come amici o familiari lontani. Inoltre, possono aiutare a mantenere relazioni a distanza, fornendo strumenti per comunicare e condividere esperienze.

La qualità delle relazioni dipende, quindi, dalla nostra capacità di bilanciare l’uso delle tecnologie, con l’attenzione e l’impegno verso le persone che ci circondano. È importante dedicare tempo e spazio per le interazioni faccia a faccia, creare momenti di connessione autentica e sviluppare la capacità di ascolto empatico. In questo modo, possiamo coltivare relazioni significative e durature ai tempi nostri.

Prof. Michele Miccoli, Presidente ASI (Associazione Sociologi Italiani)


L’intelligenza artificiale non esiste

di Maurizio Pesenti

Questo titolo che sembra in netta controtendenza con il topic del momento, l’intellingenza artificiale, l’ho ripreso da un libro scritto da Luciano Floridi dal titolo “etica dell’intelligenza artificiale, sviluppi, opportunità, sfide”.
La sua visione in merito è molto semplice, è un’equazione:
“ o è intelligente o è artificiale” se è intelligente allora è umano, perché l’intelligenza è una prerogativa umana !
Ma questo pensiero di Floridi arriva da lontano, fa una certa impressione riportare gli studi fatti nel 1955 sull’intelligenza artificiale da McCarthy, Minsky, Rochester e Shannon nella loro “Proposta per il progetto estivo di ricerca sull’intelligenza artificiale di Dartmouth”, il documento fondante e il successivo evento che hanno gettato le basi dei primi studi sull’IA nel 1955.
Una citazione di questo lavoro del 1955 mi ha colpito:
“Per il presente scopo il problema dell’intelligenza artificiale è quello di far sì che una macchina agisca con modalità che sarebbero definite intelligenti se un essere umano si comportasse allo stesso modo.”
Così come un’altra citazione che riguarda l’intelligenza artificiale mi ha attratto:
“L’intelligenza artificiale (IA) è l’intelligenza mostrata dalle macchine, in contrasto con l’intelligenza naturale mostrata dagli esseri umani. (Wikipedia, “Artificial Intelligence”, 17 gennaio 2020)”
Ma tornando alla discussione sull’intelligenza artificiale, di questi giorni la notizia che anche la Comunità Europea sta cercando di introdurre “regole” per così dire calmierare l’AI in settori delicati della nostra vita, dapprima si era pensato di chiedere ai fornitori di AI, esempio CHAT GPT, di autoregolamentarsi, successivamente si sta cercando di varare delle norme di controllo.
Onestamente vista la velocità di diffusione dell’AI qualsiasi norma che verrà varata sarà gia vetusta.
Ma torniamo all’AI, ad oggi la possiamo trattare come uno “strumento” così come nella storia lo sono stati quelli che hanno cambiato la vita accelerando verso il futuro, l’aratro, la scrittura, la macchina da scrivere ed ogni altro strumento che ci ha aiutato nell’evoluzione.
Il digitale e l’AI sono strumenti che possono aiutarci nello svolgimento di una vita che sta cambiando velocemente rispetto al passato, questo “turbo tecnologico” è all’inizio e nessuno ancora sa ipotizzare cosa ci aspetti.
Oggi l’AI si sta nutrendo di tutte le informazioni che riesce a raccogliere ogni secondo che passa, dico questo perché essendo una macchina, non dorme, non mangia, non ha pause, non ha vacanze, quindi la sua velocità di apprendimento rispetto ad un essere umano è velocissima.
Alcuni errori che venivano commessi mesi fa, soprattutto quando attraverso uno script gli si chiedeva di creare una foto, ho un esempio molto carino da riportare ( ringrazio l’amico Mattia Schirru ) è stato chiesto nel prompt: “disegna un salmone nel fiume”.

Ovviamente cercando nel web la parola “salmone” milioni di persone cercano come cucinare o prepare il salmone e quindi l’AI ha riprodotto l’immagine del salmone che ha trovato.
Sicuramente mentre state leggendo questo articolo l’AI avrà già imparato a riprodurre il salmone nella maniera corretta, ma questo esempio è significativo del fatto che sia una macchina, seppur allenata, a costruire immagini diversamente dal nostro cervello.
La macchina potrà svolgere lo stesso compito dell’uomo, ma in maniera diversa, pensate ad una cosa semplice come lavare i piatti, la lavastoviglie li lava perfettamente, ma in maniera totalmente diversa da ognuno di noi, il risultato è lo stesso ma la modalità è profondamente diversa.

Probabilmente questo mio articolo tra qualche tempo sarà superato, il rischio che l’AI diventi senziente non è così lontana…….

Dott. Maurizio Pesenti, laureato in sociologia, coach professionista, esperto nel settore immobiliare e nella formazione


Combattere il bullismo: un impegno per un futuro migliore

Di Michele Miccoli

Il bullismo è un fenomeno diffuso che colpisce molte persone in tutto il mondo, con gravi conseguenze per le vittime. È un problema complesso e insidioso che richiede un impegno collettivo per essere affrontato e risolto. In questo articolo, esploreremo il bullismo, le sue cause e gli effetti devastanti che può avere sugli individui, ma soprattutto, cercheremo di fornire strumenti e suggerimenti per combatterlo.

Definizione e forme di bullismo

Il bullismo può essere definito come un comportamento aggressivo e ripetuto, intenzionale o meno, che coinvolge uno squilibrio di potere tra l’aggressore e la vittima. Esistono diverse forme di bullismo, tra cui il bullismo fisico, verbale, sociale e online. Ognuna di queste forme può causare danni psicologici e emotivi duraturi alle vittime.

Cause del bullismo

Le cause del bullismo sono molteplici e complesse. Spesso, il bullismo è il risultato di un mix di fattori, tra cui problemi familiari, scarsa autostima, mancanza di empatia e influenze negative dell’ambiente sociale. È importante sottolineare che il bullismo non è mai giustificabile, ma comprendere le sue cause può aiutarci a prevenirlo e contrastarlo.

Effetti del bullismo

Le conseguenze del bullismo possono essere devastanti per le vittime. A livello psicologico, possono sviluppare ansia, depressione e bassa autostima. Il loro rendimento scolastico può essere compromesso e i rapporti interpersonali possono essere danneggiati. In alcuni casi estremi, le vittime possono sviluppare pensieri suicidi o tentare il suicidio stesso. È cruciale sensibilizzare l’opinione pubblica su queste conseguenze per combattere il bullismo in modo efficace.

Strategie per combattere il bullismo

Combattere il bullismo richiede un impegno collettivo da parte di genitori, insegnanti, istituzioni e comunità. Ecco alcune strategie che possono essere adottate:

1. Educazione: Promuovere l’educazione sul bullismo nelle scuole e negli ambienti familiari, incoraggiando l’empatia, il rispetto e la tolleranza.

2. Sensibilizzazione: Organizzare campagne di sensibilizzazione per combattere i pregiudizi e promuovere l’inclusione sociale.

3. Intervento tempestivo: Prendere sul serio le segnalazioni di bullismo e intervenire prontamente, fornendo supporto alle vittime e mettendo in atto misure disciplinari appropriate per gli aggressori.

4. Coinvolgimento dei genitori: Coinvolgere attivamente i genitori nella prevenzione e nel contrasto del bullismo, fornendo loro risorse e orientamento per affrontare questo problema.

5. Promuovere un ambiente sicuro: Creare un ambiente scolastico e sociale sicuro, dove le vittime di bullismo possono sentirsi ascoltate e protette.

Il bullismo rappresenta una sfida sociale che richiede un impegno comunitario per essere affrontata con successo. Ognuno di noi può fare la differenza, educando, sensibilizzando e intervenendo contro il bullismo. Solo attraverso l’unità e la determinazione possiamo creare un futuro in cui ogni individuo possa vivere libero dalla paura e dall’oppressione del bullismo.

Prof. Michele Miccoli

Presidente Associazione Sociologi Italiani (ASI)


La responsabilità civile dei magistrati

Di Michele Miccoli

La responsabilità civile dei magistrati è un argomento di grande importanza nel sistema giudiziario. I magistrati, essendo figure centrali all’interno del sistema legale, sono tenuti a svolgere il loro lavoro con la massima diligenza e imparzialità. Tuttavia, possono sorgere situazioni in cui un magistrato potrebbe essere ritenuto responsabile per danni causati a terzi a causa di negligenza o comportamenti non conformi alle norme professionali.

La responsabilità civile dei magistrati si basa su principi fondamentali che mirano a garantire una corretta amministrazione della giustizia. Uno di questi principi è quello dell’immunità giudiziaria, che protegge i magistrati da azioni legali per decisioni prese nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie. Questo principio è fondamentale per garantire l’indipendenza e l’imparzialità dei magistrati nel prendere decisioni senza timore di rappresaglie o persecuzioni.

Tuttavia, l’immunità giudiziaria non è assoluta e può essere revocata in determinate circostanze. Ad esempio, se un magistrato agisce con dolo o negligenza grave che causa danni a terzi, potrebbe essere sottoposto a responsabilità civile. Inoltre, i magistrati possono essere ritenuti responsabili se violano i diritti costituzionali delle persone o se agiscono in modo discriminatorio.

La responsabilità civile dei magistrati può essere oggetto di controversie e dibattiti. Alcuni sostengono che una maggiore responsabilità civile potrebbe influire negativamente sull’indipendenza dei magistrati, poiché potrebbero diventare più cauti nell’esercizio delle loro funzioni per paura di essere citati in giudizio. Altri, invece, sostengono che una maggiore responsabilità civile sia necessaria per garantire un’adeguata tutela dei diritti dei cittadini.

Per affrontare questa complessa questione, è importante raggiungere un equilibrio tra la necessità di garantire l’indipendenza dei magistrati e la tutela dei diritti dei cittadini. Una soluzione potrebbe essere quella di stabilire standard chiari e trasparenti per la responsabilità civile dei magistrati, in modo da evitare abusi o azioni legali infondate.

In conclusione, la responsabilità civile dei magistrati è un argomento complesso che richiede una riflessione approfondita. È essenziale garantire un sistema giudiziario equo e imparziale, tutelando al contempo i diritti dei cittadini. Una corretta gestione della responsabilità civile dei magistrati può contribuire a raggiungere questo obiettivo.

Prof. Michele Miccoli

Avvocato Cassazionista

Presidente Associazione Sociologi Italiani


Il Cyberbullismo: un’analisi sociologica della psicologia dei Bulli Online

Di Michele Miccoli

Il fenomeno del cyberbullismo, definito come l’uso di tecnologie digitali per intimidire, molestare o offendere altre persone, ha assunto un’importanza sempre maggiore nella società contemporanea. Questo tipo di bullismo, che si sviluppa principalmente sui social media e nelle piattaforme di messaggistica, presenta caratteristiche uniche che richiedono un’analisi sociologica approfondita. In questo articolo, esploreremo la psicologia dei bulli online e cercheremo di comprendere i fattori sociali e culturali che influenzano il fenomeno del cyberbullismo.

I motivi del bullismo online.

Il cyberbullismo non può essere spiegato semplicemente come un’azione isolata di un individuo. Al contrario, è spesso il risultato di una combinazione di fattori individuali, sociali e culturali. Gli studi sociologici hanno identificato diversi motivi che portano i bulli a comportarsi in questo modo online. Alcuni bulli cercano di ottenere potere e controllo sugli altri, sfruttando l’anonimato e la distanza fisica che le piattaforme online offrono. Altri possono essere motivati dalla ricerca di attenzione o dalla volontà di appartenere a un gruppo.

La dinamica di gruppo.

Il cyberbullismo spesso coinvolge dinamiche di gruppo, dove i bulli agiscono insieme per intimidire una vittima. Questi gruppi possono fornire un senso di appartenenza e confermare l’identità sociale dei bulli. Inoltre, l’effetto di amplificazione che i social media offrono può portare a una rapida diffusione del bullismo online, con conseguenze devastanti per la vittima.

La costruzione dell’identità online.

La società digitale offre molteplici opportunità per la costruzione dell’identità online. Alcuni individui, spinti da insicurezze o problematiche personali, possono cercare di compensare questi sentimenti attraverso l’aggressività online. La capacità di creare un’identità virtuale e di nascondersi dietro uno pseudonimo può incoraggiare comportamenti aggressivi che non sarebbero espressi altrimenti nella vita reale.

L’impatto sociale e le conseguenze.

Il cyberbullismo ha conseguenze significative per le vittime, che possono subire danni emotivi, psicologici e sociali. Le vittime possono sperimentare ansia, depressione e isolamento sociale, con possibili conseguenze a lungo termine sul loro benessere. Inoltre, il bullismo online può influenzare negativamente l’intera comunità virtuale, creando un ambiente tossico e ostile.

Il fenomeno del cyberbullismo richiede una risposta collettiva e multidisciplinare. Gli sforzi per combattere il cyberbullismo dovrebbero coinvolgere non solo le istituzioni educative, ma anche le famiglie, le piattaforme online e le autorità governative. La comprensione della psicologia dei bulli online e dei fattori sociali che influenzano il fenomeno è essenziale per sviluppare strategie di prevenzione efficaci e promuovere un ambiente digitale sicuro e rispettoso per tutti.

Michele Miccoli

Professore universitario e avvocato Cassazionista

Presidente Associazione Sociologi Italiani


Cerca

Archivio