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Mille nomi per Lady Society

di Patrizio Paolinelli

Le immagini della società orientano il modo in cui individui e gruppi miinterpretano il mondo in cui vivono. Ma come orientarsi quando tali immagini si moltiplicano senza sosta? Mille nomi per Lady Society costituisce un iniziale tentativo di risposta. Allo scopo fa un primo punto della situazione, problematizza la proliferazione di immagini della società e sollecita l’apertura di nuovi spazi di comunicazione tra la sociologia e il suo oggetto di studio.

A thousand names for Lady Society. Images of the society shape how individuals and groups interpret the world they live in. But how to choose from a wide range of interpretations created by images multiplying tirelessly? A thousand names for Lady Society is an initial attempt to answer the question. For this aim, it outlines the situation, problematizes the proliferation of images of the society and urges on the opening of new spaces of communication between sociology and its object of study.

KEY WORDS Society, images, naming, nomenclature, communication.

1 – LAVORO DI NOMINAZIONE

Il nome è un’immagine. Società arretrata. Ecco un nome attribuito a una popolazione umana osservata dalle scienze sociali. Il nome presenta il vantaggio di fotografare tale popolazione colta in un determinato spazio-tempo. Tra le discipline che hanno la legittimità di coniare nomi per identificare una società la sociologia si è conquistata da tempo il posto donore. Ieri come oggi i sociologi analizzano le società e individuano dei tipi. Ai tipi di società impongono un nome con cui rimandano a un’immagine sintetica in modo da qualificarli e stabilire delle differenze: società agricola, società industriale; società tradizionale, società moderna; società di massa, società individualizzata e così via.

Il nome è un evento. E l’evento è il libro con cui si attribuisce un nuovo nome alla società. Il libro può avere diversi destini determinati dalle porte girevoli con cui il testo entra ed esce dai circuiti di lettori specializzati e da quelli dei lettori non specializzati. Due casi: un libro può registrare più vendite fuori che dentro la comunità scientifica e suscitare un’attenzione elevata nelle pagine culturali del mondo dell’informazione; oppure può registrare poche vendite tra il pubblico dei non addetti ai lavori, ma godere di un’alta attenzione del mondo universitario e di un’attenzione relativa del mondo dellinformazione. Si tratta di due tipi di successo che possono essere analizzati da diversi punti di vista: commerciale, culturale, politico.

Lavoro di nominazione. Ciò che agli occhi del pubblico rende persuasiva un’immagine della società è la quantità di lavoro contenuto nel nome che la qualifica. Si tratta di un’attività collettiva che comprende: l’imprescindibile impegno dell’autore o dell’autrice; il sostegno della casa editrice; il livello del dibattito che il nuovo nome suscita all’interno della comunità scientifica; l’attivazione di una rete di relazioni che vede il concorso dell’autore e dell’editore da un lato, del mondo dell’informazione e di quello della politica dall’altro. Solitamente un nome di società ha molte più opportunità di circolazione nella sfera pubblica se stabilisce una relazione virtuosa fra tutti questi soggetti.

Canone e pluralismo. Il lavoro di nominazione intreccia due tipi di immagine: 1) quella che accompagna il passaggio da un mondo unico a un altro mondo unico (dalla società agricola alla società industriale) e in questo caso il nome della società entra a far parte del canone sociologico; 2) quella relativa alle trasformazioni interne al medesimo mondo (per esempio: dalla prima alla quarta rivoluzione industriale). In questo secondo caso lo sviluppo della differenziazione sociale favorisce il pluralismo degli approcci e di conseguenza la pluralità di nomi. Oggi in modo particolare a causa dell’epocale fase di transizione che l’intero pianeta sta vivendo. Lo sforzo della sociologia è quello di individuare sul piano macro e micro le direzioni della transizione in atto. Da qui tre dilemmi: basta spiegare i nuovi fenomeni sociali per comprendere la natura della società che si va annunciando? Quanto a lungo la nuova società conterrà ancora il vecchio mondo con nuove vesti? È possibile prevedere quand’è che la nuova società costituirà un mondo unico? In ragione di queste domande può essere utile interrogare i nomi della società e le immagini che evocano.

Il chiodo e il martello. Tra i classici della sociologia il dibattito sullo statuto della disciplina è stato assai più intenso e combattuto rispetto al dibattito sull’oggetto della disciplina: la società. È un po’ come se ci si fosse interrogati più sul chiodo che sul martello. Poiché non si dà chiodo senza martello, il serrato dibattito metodologico dei padri fondatori non poteva che essere accompagnato dall’individuazione di nuove immagini della società. Man mano che si scavava venivano fuori delle novità. Senonché queste novità potevano essere sia nuovi reperti (un’inedita tecnologia, una maggiore divisione del lavoro, l’affermazione di nuove classi e categorie sociali) sia gli elementi strutturali di ogni società osservati in maniera diversa: valori, integrazione, conflitto, cooperazione e così via.

Lady Society immortalata/1. Inquadrata dalla nascente sociologia Lady Society inaugura l’album di famiglia. Per Marx la società è una totalità storicamente determinata dalla lotta di classe; per Comte è un fenomeno dalla crescente complessità intellettuale rivolto al progresso; per Tönnies un’unione contrattuale in cui vige l’individualismo e l’egoismo; per Spencer un organismo che si mantiene stabile attraverso il suo sviluppo; per Weber il risultato di azioni individuali dotate di senso; per Simmel lazione reciproca degli individui tra loro; per Durkheim la combinazione di una forza costrittiva, una forza naturale e una forza morale.

Lady Society immortalata/2. Dopo i classici l’album di famiglia di Lady Society non smette di arricchirsi. Per Pareto la società è un sistema di elementi in equilibrio; per G. H. Mead è un insieme di significati condivisi; per Parsons è un sistema articolato in status e ruoli tra loro intrecciati; per Wright Mills una specificità storica che ai suoi tempi vedeva contrapposte l’élite alla massa; per Marcuse la società industriale avanzata è una forma di totalitarismo in cui l’uomo è un mezzo e non un fine; per Elias la società è costituita da un intreccio di individui interdipendenti che dà luogo a differenti configurazioni.

Mille nomi per Lady Society. Dopo un ciclo di lotte sociali con gli anni ’80 del Novecento prende avvio la grande normalizzazione: fine della contestazione operaia e studentesca, avvento del post-fordismo, inizio della lunga cavalcata neoliberista. Proprio questi mutamenti daranno luogo a un’ulteriore proliferazione di immagini della società. Proliferazione indotta dall’approfondimento della ricerca e da un clima culturale che favorisce la pluralità delle nominazioni. Con ciò si intende: 1) che sempre più si individuano fenomeni sociali da osservare e ai quali attribuire un nome; 2) che sempre più il sociologo di professione avverte la necessità di trovare differenze da battezzare. Si viene così a creare un circuito in grado di autoalimentarsi. Possiamo vederlo all’opera se dividiamo la produzione di nuove immagini della società tra due gruppi di studiosi: uno tutto straniero, che individua trend transnazionali; e uno tutto italiano che individua trend nazionali. Il primo ha coniato o valorizzato nomi quali: società dei consumi (Baudrillard), società post-industriale (Bell), post-moderna (Inglehart), del rischio (Beck), della sorveglianza, (Lyon, Zuboff). Il secondo gruppo ha coniato nomi quali: società fuori squadra (Bagnasco), società della prestazione (Chicchi, Simone), della prevenzione (Pitch); post-razionale (Costa), società irretita (Ferrarotti); società digitale (Granieri); società signorile di massa (Ricolfi).

Un puzzle molto complicato. Le ultime ondate di immagini della società sollecitano diversi interrogativi. Quale nome imporre a una società che è allo stesso tempo post-moderna e signorile di massa? Una volta trovato il nome lo si potrebbe attribuire anche a una società che è della sorveglianza e post-razionale? Difficile. Allora per facilitare la risposta proviamo una combinazione tra immagini più affini. Ad esempio, la società dei consumi si incastra abbastanza bene con la società signorile di massa. Ma quale nome assegnarle? Stesso problema per la coppia ben assortita società post-industriale/società digitale. Forse fino a ieri questa coppia sarebbe potuta ricadere sotto l’ombrello della globalizzazione. Ma intanto quale, viste le differenze tra parecchie correnti di pensiero? E poi, da quando gli Stati Uniti hanno scoperto che la globalizzazione non gli conviene più l’ombrello si va chiudendo, mentre si leva alto il nome di società occidentale. Immagine di forte presa sul grande pubblico, ma molto vaga (per non parlare del suo uso propagandistico). Per farla breve, è difficile trovare un minimo comun denominatore tra coppie di nomi e le cose si complicherebbero ulteriormente se dovessimo aggiungerne altri. Eppure se le tante immagini di società oggi in circolazione fossero completamente svincolate l’una dallaltra in qualche punto del processo di nominazione dovrebbero verificarsi delle rotture significative. Ma per trovarle bisogna guardare al lontano passato. Sin dagli esordi della sociologia le immagini della società nascono in polemica col marxismo, successivamente con la teoria critica della Scuola di Francoforte e con la sociologia radicale Nord-Americana. Invece, nell’attuale mondo in transizione tutto si tiene: un’immagine non esclude l’altra. Questa serena convivenza è preoccupante. C’è da chiedersi: nulla cambia dove tutto cambia?

2 – MOVIMENTI DELL’IMMAGINE

Circolazione dell’immagine. La comunità scientifica non si limita a fare da madrina al battesimo di una nuova immagine della società. Di sicuro col suo patrocinio ne favorisce la circolazione dentro e fuori il circuito degli addetti ai lavori. Se il patrocinio viene ridotto si assiste a una decrescita della circolazione. Se invece viene in larga misura ritirato l’immagine circola solo occasionalmente e quasi non esce dal circuito accademico (dove vive un’esistenza periferica). Parabola che assume un significato politico: l’immagine che non circola o circola pochissimo esce dalla sfera pubblica e perde, o riduce fortemente, la sua capacità di attrazione tra addetti e non addetti ai lavori. Il caso forse più macroscopico è oggi offerto dall’immagine di società capitalistica. Dopo molte incertezze dovute all’egemonia culturale del neoliberismo si è ripreso a parlare in termini più o meno critici di capitalismo: globale, transnazionale, finanziario, cognitivo, flessibile, soft, digitale, delle piattaforme, della sorveglianza e così via. Assai meno, per non dire quasi nulla, si parla di società capitalistica. Fenomeno interessante per il processo di nominazione: la presenza del capitalismo è innegabile, ma è negata la società che gli corrisponde. A dire il vero per un periodo l’immagine di società complessa ha preso il posto di quella di società capitalistica. Ma ci è riuscita per il solo fatto di tenerla fuori dalla porta? Effettivamente sì. E questa scortesia ha annullato il potere del capitalismo sulla società? Effettivamente no.

Immagine: forza centrifuga. Se la ricezione di un nuovo nome attribuito alla società supera abbondantemente il circuito dei lettori specializzati la nuova immagine rimbalza sui mass-media e diventa il fotoritratto in cui il pubblico può riconoscersi. È il caso della metafora della liquidità. Presto popolarizzata come società liquida è diventata la più riuscita immagine centrifuga della società degli ultimi vent’anni. Partita dalla modernità si è precipitata verso la periferia: vita liquida, amore liquido, paura liquida, male liquido. Partita dal mercato librario degli esperti ha conquistato anche quello dei non esperti. Per Bauman, al centro della società liquida ci sono i problemi del soggetto dato che la società è stata disintegrata da un potere senza volto ma molto mobile. Nascono così le immagini di società individualizzata e di società dell’incertezza.

Immagine: forza centripeta. Se la ricezione all’interno della comunità scientifica non è vasta, o lo è ma, per un qualsiasi motivo, la nuova immagine non entra a far parte del vocabolario politico e di quello giornalistico, si verifica un movimento centripeto dell’immagine, la quale torna a dirigersi verso il suo nucleo originario. Il che non significa la perdita della sua portata euristica. È il caso di Luhmann. La sua immagine della società – un sistema di comunicazione autopoietico ha conosciuto un quarto d’ora di celebrità per poi esaurire il proprio ciclo di vita in termini di diffusione tra il pubblico extrauniversitario (oggi quasi nessuno utilizza più una formula derivata come “sistema Italia”). È anche il caso dell’immagine di società delle reti – il mondo è una struttura di network – che anticipa la fluidità della società liquida, ma è troppo votata al lessico scientifico per essere utilizzata nel linguaggio quotidiano. Ed è pure il caso della sociobiologia. La cui immagine della società – un gruppo di individui appartenenti alla stessa specie e organizzati in maniera cooperativa – per quanto di immediata fruibilità è risultata una meteora a causa delle difficoltà di dialogo con la teoria sociologica, sia essa soggettivista che oggettivista. Rimasta isolata e con un piccolo drappello di estimatori la sociobiologia è rientrata in sé stessa.

3 – PUBBLICO

Il pubblico come consumatore. Il più delle volte il lancio di un nuovo nome di società significa proporlo al target dei lettori specializzati senza l’intenzione di uscire da quel circuito (strategia commerciale: restare nei sicuri confini del mercato universitario). Può tuttavia capitare che il successo all’interno del circuito degli specializzati faccia da trampolino per atterrare nel circuito dei non specializzati (strategia commerciale: rischio calcolato dello sconfinamento dal mercato universitario). Così come può capitare che in accordo con l’editore il sociologo o la sociologa si rivolga in prima istanza al pubblico eterogeno dei non specializzati scavalcando quello omogeneo degli specializzati (strategia commerciale: sconfinamento intenzionale dal mercato universitario). In questa dinamica le case editrici interessate all’intera popolazione dei lettori si fronteggiano con quelle di nicchia che godono di una solida presenza nel mercato universitario.

Forma. Ciò che permette l’aggregazione di un pubblico eterogeneo intorno a un nuovo nome della società è: 1) la risposta al bisogno dei lettori di strutturare la realtà in cui vivono; 2) l’immediatezza intuitiva di una formula utilizzabile anche dai non addetti ai lavori; 3) una teoria a sostegno dell’immagine in grado di suscitare un dibattito nazionale, internazionale, dentro e fuori la stampa specializzata; 4) l’occupazione di uno spazio mentale collettivo (il nome dà luogo a un’interpretazione condivisa) e di uno spazio temporale (il nome ha una durata: breve, media, lunga). Sin qui la forma.

Sostanza. Il processo di aggregazione di un pubblico o di pubblici differenti intorno a un nome di società non è naturale: è politico. Ed è politico per tre motivi: 1) il lettore tende a cercare un’immagine della società che corrisponda alla propria posizione sociale; 2) i sociologi tendono ad offrire al lettore un nome di società che non sia troppo estraneo alla posizione sociale del lettore; 3) sociologi e lettori di sociologi appartengono in genere al ceto medio. Da queste simmetrie scaturisce un altro tema politico: le risposte della sociologia al bisogno dei lettori di strutturare la realtà ne strutturano anche il bisogno. E il bisogno strutturato intorno a un nome di società si convalida in dialoghi, convinzioni, comportamenti. Tuttavia questa relazione sembra da tempo in crisi. Quali dialoghi, quali convinzioni, quali comportamenti dinanzi allattuale pullulare di nomi attribuiti a Lady Society? Società moderna? postmoderna? della seconda modernità? società digitale? neofeudale? cosmopolita? dell’informazione? della conoscenza? della tecnica? dell’accelerazione?

Autori e pubblico. Limitandoci ai libri, la partecipazione di un pubblico eterogeneo alla diffusione di una nuova immagine della società si esprime in diversi modi. Per esempio, il volume di acquisti del testo di chi ha coniato il nuovo nome e il numero di visitatori sui video on-line che parlano o fanno parlare l’autore o l’autrice; l’appropriazione collettiva di tale nome come chiave di lettura dei processi sociali da spendere nelle conversazioni della vita quotidiana (on-line e off-line). La funzione di acquisto e la funzione di scambio riguardano ovviamente anche il pubblico specializzato dei lettori. Ma con alcune differenze rispetto a quello non specializzato: 1) lo specializzato svolge un’attività retribuita all’interno di istituti culturali: università, fondazioni, enti pubblici, privati e così via; 2) in virtù dei propri studi e dei propri titoli ha l’autorità per legittimare o delegittimare la nuova immagine di società; 3) è esso stesso un emittente potenzialmente in grado di creare altre immagini della società; 4) solleva il pubblico dalla responsabilità di prendere in carico sé stesso e gli permette di stare al passo coi tempi con la produzione a getto continuo di nuove immagini.

La parola a Lady Society? L’asimmetria tra pubblico specializzato e non, fa emergere una dinamica di potere: i nuovi nomi della società provengono dall’alto seguendo la logica top-down. Esistono molte buone ragioni che spiegano questa dinamica. Per esempio: gli autori fanno gli autori, il pubblico fa il pubblico e tutti si riconoscono nella relazione che si instaura tra i rispettivi ruoli. Ma è insensato chiedersi se si possa seguire anche una logica bottom-up? Vanno in questa direzione le inchieste operaie e studentesche di un tempo, le storie di vita di Ferrarotti, l’analisi dell’uomo flessibile di Sennett. Tuttavia la logica bottom-up sembra più occasionale che strutturale. E alla fine Lady Society è più parlata che ascoltata.

Il bandolo della matassa. A cosa serve riflettere sul processo di nominazione della società? A favorire la comunicazione tra sociologia e società e tra società e sociologia. Scambio in cui le tante immagini di società dibattono nel parlamento dei sociologi formando maggioranze e minoranze. Alla fine qualcuno governa e chi siede all’opposizione subisce. Subisce una condizione di relativa marginalità nella sfera pubblica. Domanda: chi parla oggi di società borghese dato che è la borghesia a dirigere l’economia, la politica, la cultura, l’informazione e dunque la società?

Ceci n’est pas un sociologue. Immagini della società, immagini dei sociologi. Lo scatto fotografico ritrae Bauman seduto dietro la scrivania del suo studio. L’osservatore è allo stesso tempo avvicinato e allontanato. Ambivalenza causata da tre perfezioni contenute nell’immagine: 1) Bauman è in perfetta simbiosi con la macchina fotografica; 2) è perfettamente sicuro dei suoi mezzi espressivi; 3) è perfettamente immerso nel ruolo del maître à penser. A queste tre perfezioni corrispondono tre fatti: 1) Bauman guarda in camera; 2) non sorride; 3) è impegnato a fumare. Se distogliamo l’attenzione dallo sguardo del soggetto possiamo individuare due altri protagonisti del ritratto: la pipa e la nuvola di fumo che si allontana. La prima è un oggetto materiale, la seconda immateriale. La prima è statica, la seconda è in movimento. Per un attimo la sociologia rientra nel ventre della filosofia.

4- MORTE E RESURREZIONE DI LADY SOCIETY

Effetto Babele. Brutte notizie per tutti i sociologi, indistintamente dall’immagine di società che perorano. La guerra tra i libri che un tempo così tanti animi accendeva non è che un ricordo. La cultura tipografica è in declino e nessuno si scalda più di tanto per opporre la propria immagine della società a un’altra. Un Wright Mills che polemizza ferocemente con lo struttural-funzionalismo di Parsons oggi non si vede. E non si vede perché non è più necessario. Non ci sono le condizioni politiche per una tale necessità. Il neoliberismo è l’ideologia dominante dei nostri tempi. Ha riformato il linguaggio quotidiano, giornalistico e scientifico ed è penetrato in tutte le istituzioni: economiche, politiche, culturali. E seppure da dentro le istituzioni si levano voci critiche è debole la spinta della società. Con quale nome chiamarla a raccolta? La nomenclatura sempre più fitta ha generato un effetto Babele per Lady Society. Mille nomi non sono forse nessun nome?

Lady di ferro contro Lady Society. Il processo di nominazione della società non si esaurisce nel dibattito tra sociologi. Nel 1987 la Signora Thatcher gettò alle ortiche l’album delle foto di Lady Society dichiarando nel corso di un’intervista: «Non esiste una cosa come la società. Esistono solo individui e famiglie.» Molto prima e molto meglio della Lady di ferro aveva fatto von Hayek. Il quale considerava delle semplici astrazioni entità come società, capitalismo e imperialismo. Comunque sia, nel 1987 per Lady Society suonarono le campane a morto. Ma il discorso sociologico non si diede per vinto. E tuttavia i de profundis liberisti non restarono senza conseguenze. Per la politica la società poteva pur morire, ma non per la sociologia. E il buon senso suggeriva che nessuna delle due sarebbe passata a miglior vita. Occorreva trovare un accordo. Fu facile trovarlo in ciò che univa neoliberismo e sociologia liberale: il soggetto. E così le teorie sociali individualiste, già presenti in forze dentro e fuori i circuiti accademici, presero uno slancio che continua ancora oggi.

Un salutare funerale. Sarebbe un errore prendere alla lettera la condanna a morte emessa dalla Lady di ferro. Per un motivo molto semplice: la società non esiste è un’immagine della società. La sua negazione non istituisce un vuoto, ma un pieno: l’attuazione del progetto sociale neoliberista. Da questa attuazione scaturisce una sociologia che guarda con ancora più intensità al soggetto che al suo oggetto e incentiva il lavoro di nominazione (dove il lavoro raramente trova posto). E così, dopo il funerale di Lady Society non si è fermata la moltiplicazione delle immagini della società. Mai funerale fu più salutare perché le nuove immagini richiedevano un lungo e complesso confronto con tre questioni: 1) la negazione della società non poteva essere accettata in blocco, pena l’assorbimento della sociologia nell’economia, se non la sua svendita al marketing; 2) non poteva essere rigettata in blocco perché la corrente sociologica prevalente, quella soggettivistica, condivideva le ragioni di fondo dell’homo oeconomicus; 3) perché il neoliberismo ha continuato ad andare per la sua strada seguendo un preciso obiettivo politico: desocializzare la società. Tutti questi temi hanno dato ai sociologi più lavoro che grattacapi. E siamo arrivati all’oggi: persino la sociologia liberale scopre una venuzza critica dinanzi all’eccessiva frantumazione dei legami sociali. Ma studia quel che viene fuori dalle macerie come un fatto naturale e non come il risultato di una pianificazione politica perseguita con ogni mezzo, lecito e illecito. Dunque l’autonomia della sociologia dal neoliberismo diventa prevalentemente linguistica. Ed ecco apparire le immagini di società democratiche, società a democrazia liberale e il divertente ossimoro: capitalismo democratico.

Continuità nel cambiamento. L’alleanza tra ideologia neoliberista, potere politico, sistema dell’informazione e teorie sociali individualiste comporta per quest’ultime alcune scelte obbligate per rispondere agli squilibri della transizione in atto: ridurre la società a situazioni; abbracciare la causa dell’individualismo proprietario; non concedere alcuna speranza di emancipazione ai dominati. Tali scelte comportano la necessità di un grande sforzo intellettuale per diversi motivi: 1) per spoliticizzare i problemi sociali separandoli gli uni dagli altri e affidarli ai sociologi specializzati in questa o quella branca; 2) per aggirare la trappola dell’atomismo a cui conduce l’individualismo proprietario; 3) per liquidare la dialettica dei rapporti di forza tra lavoro e capitale; 4) per fare dei subalterni dei tipi ideali in mezzo a tanti altri tipi ideali (imprenditori, professionisti, rentier) e tutti insieme assicurare l’ordine sociale.

La fantasia al potere. Una delle migliori immagini prodotte dal pensiero liberale è quella di società aperta. Qual è il suo punto di forza? Fondarsi su un mondo fantastico. Un mondo dove ci si scambiano opinioni senza alzare la voce, dove tutti partecipano alle decisioni, dove le informazioni sono disponibili a chiunque e il potere passa di mano in mano con un cortese Prego, si accomodi. Non facciamo dell’ironia. Una tale mitologia ha avuto la forza di sostituire un vocabolario con un altro. Ha utilizzato la categoria della modernità al posto di quella di capitalismo; di tensione al posto di contraddizione; di strato al posto della classe. Cè poi da aggiungere che si tratta di una sintesi molto efficace sul piano retorico: chi mai può essere favorevole a una società chiusa? È soprattutto in questo senso connotativo che l’immagine di società aperta viene largamente usata dalla stampa, che la alterna o la associa con quella di società di mercato. Sintesi, quest’ultima, con la quale non si intende l’immagine elaborata da Polanyi, ma la cronaca delle decisioni economiche antisociali di governi e aziende e che la stampa quasi all’unanimità sostiene incondizionatamente.

5 – MOLTE INTERDIZIONI, UN’INVOLUZIONE

Società di massa. Il soggettivismo sociologico utilizza diverse tecniche di interdizione d’immagini della società che non gradisce. Una di queste è la cortina del silenzio. Nel caso della società di massa il silenzio è diventato pressoché totale perché implica l’eterodirezione degli individui. Processo che manda in crisi la convinzione di un soggetto autodiretto così cara ai teorici dell’individualismo metodologico. Eppure la nostra contemporaneità sarebbe profondamente diversa da quella che è senza fenomeni che investono le masse: i comportamenti imitativi nei giochi in borsa; l’uniformità dei costumi; la standardizzazione del divertimento; la diffusione planetaria del modello californiano del corpo; la McDonaldizzazione della società; lo spostamento, calato dall’alto, del conflitto dai diritti sociali ai diritti civili. E che dire dei mezzi di comunicazione di massa? Esistono ancora? Sì, esistono ancora. La stessa Internet non sarebbe quel che è senza il cinema e la TV, ancora oggi azionisti di maggioranza dell’immaginario collettivo. Ma i partiti di massa e le organizzazioni di massa non esistono più, mentre i sindacati sono al palo. Tutto vero: si è compiuta l’americanizzazione di massa.

Società dei consumi. L’interdizione dell’immagine di società dei consumi è più complicata data la loro continua misurazione come indice dell’andamento dell’economia. Dunque se ne parla ancora, ma recidendo di netto il suo collegamento con la società di massa. Il consumo diventa un problema individuale e il consumismo cessa di costituire un problema sociale risolvendosi nell’invito al singolo a cambiare stile di vita. Eppure per molti aspetti siamo ancora una società dei consumi nonostante i Trenta gloriosi siano finiti da un pezzo. Senza chiamare al banco dei testimoni Veblen il problema per le teorie sociali individualiste è politico: l’anticonsumista manda in crisi il modo di produzione dominante. Problema risolto: oggi i consumi sono per lo più inquadrati in due modi opposti: come misura della qualità della vita; come fattore di frustrazione dell’individuo. Ma come dicono i neoliberisti, la frustrazione non è uno stimolo per reinventarsi?

Società dello spettacolo. L’immagine elaborata da Guy Debord annunciava da un punto di vista marxista il dominio dei media sulla realtà. Anche questa sintesi non poteva essere tollerata perché spingeva a rivoluzionare in senso anticapitalista il mondo delle merci. Altre due versioni collegate alla dimensione dello spettacolo sono la società dell’immagine e la cultura del narcisismo. Anch’esse sono state praticamente interdette dal dibattito pubblico. La prima, perché muove da un approccio demistificatorio di quel comizio quotidiano delle merci che è la pubblicità. Acqua passata. Oggi pochi contestano la pubblicità nonostante la sua invadenza abbia raggiunto livelli degni di un distopico romanzo di fantascienza. La seconda immagine è stata interdetta perché fa luce sui meccanismi psicologici di un individuo che non può cambiare il mondo e la cui strategia di sopravvivenza è quella di esibire un io ripiegato in sé stesso. Il soggettivismo sociologico non poteva che rigettare immagini dell’uomo e della società così contrarie alla propria visione di un individuo libero, razionale e padrone di sé. E ha costruito i suoi esseri mitologici. Uno è lo spettatore attivo all’opera nella società della comunicazione. Indipendente e volitivo questi’individuo è in grado di condizionare i mass media a tal punto che ogni giorno va a pranzo coi produttori televisivi di Birmingham per discutere sceneggiature e decidere quali programmi mandare in onda sugli schermi inglesi.

Lady Society in Transition. Dopo i politici e i sociologi, a parlare della società troviamo altre figure: i più defilati, ma non meno incisivi, sono gli esperti di marketing; i pubblicitari hanno invece goduto di grande visibilità mediatica tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso; in quegli stessi anni sul palcoscenico hanno fatto irruzione i profeti della rivoluzione digitale per poi occupare tutta la scena. La rivoluzione che da allora annunciano condurrà a una nuova società al cui centro siederà l’informazione. Che l’informazione abbia acquistato un valore commerciale come non si era mai visto nella storia è innegabile. Che invece Lady Society stia transitando verso un mondo unico così come avvenne col passaggio dal feudalesimo al capitalismo è discutibile. Per il momento la new economy non sembra affatto generare una new society. Semmai finora ha alimentato il capitalismo primitivo teorizzato dai neoliberisti accompagnandolo con smartphone, social network, videogiochi e videoconferenze. D’altra parte non sempre le società evolvono. Possono anche involvere. E ad oggi sembra che Lady Society stia transitando più all’indietro che in avanti. Naturalmente per i tecno-utopisti la civiltà del silicio è alle porte e i tardo-umanisti sono più ritardati che ritardatari. Ma allora che ci fa Adam Smith nei libri di Bill Gates?

Esercizio. Scusi signor passante, mi sa dire in che società viviamo? Sono probabili le seguenti risposte: il passante, in imbarazzo, si arrampicherà sugli specchi; oppure darà risposte convinte; infine, nessuna risposta. L’incertezza della prima posizione e il silenzio della terza segnalano una parziale perdita di ancoraggio del socializzato dalla società. La certezza della seconda posizione preannuncia una socializzazione ben riuscita. Tuttavia l’incerto e il silenzioso fanno anch’essi parte della società. Perciò in linea di principio le tre risposte non si escludono a vicenda perché questo è un raro caso in cui non esistono risposte sbagliate qualsiasi cosa si dica e perché persino il silenzio parla (di un’assenza? di un analfabetismo? di un’indifferenza?).

Continuazione e fine dell’esercizio. A partire dalle ipotetiche risposte del nostro ipotetico passante possiamo ipotizzare alcune domande: 1) è la proliferazione di immagini della società a produrre gli incerti e i silenziosi? 2) Prima o poi i creatori di immagini esauriranno la vena creativa? 3) Quali immagini della società che hanno avuto recente successo finiranno nel dimenticatoio? 4) Si tornerà a un’immagine fondata sul conflitto? Poiché non sta bene lasciare troppe domande senza un accenno di risposta diciamo che molto dipenderà da tre capacità: la capacità delle élite che dirigono la old e la new economy di mantenere salda la loro alleanza; la capacità di aggregazione politica dei dominati; la capacità della sociologia di ritrovare lo spirito critico e impegnarsi per una società più giusta.

Dott. Patrizio Paolinelli

Bibliografia di riferimento:

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  • Luca Ricolfi, La società signorile di massa, Milano, La nave di Teseo, Milano, 2029.
  • George Ritzer, Il mondo alla McDonald, Bologna, il Mulino, 1997.
  • Richard Sennett, L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Milano, Feltrinelli, 2001.
  • John Sinclair, La società dell’immagine. La pubblicità come industria e ideologia, Milano, Franco Angeli, 1991.
  • Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss, Milano, 2019.
  • Charles Wright Mills, Le élite al potere, Milano, Feltrinelli, 1973.

Patrizio Paolinelli, La critica sociologica, LVII, 227, Autunno 2023


Ricordando Ulrich Beck

di Antonino Calabrese

Ulrich Beck è stato un sociologo tedesco noto per il suo lavoro nell’ambito della teoria della modernizzazione e della sociologia della globalizzazione. Nato il 15 maggio 1944, Beck ha svolto un ruolo significativo nello sviluppo di concetti chiave come la “società del rischio” e la “seconda modernità”.

La teoria della “società del rischio” è stata uno dei contributi più influenti di Beck al campo della sociologia. Secondo questa teoria, la modernizzazione porta a nuove forme di rischio sociale e ambientale che non possono essere previste o controllate in modo efficace. Questi rischi includono minacce ambientali, crisi finanziarie, pandemie e altre sfide che vanno oltre i confini nazionali e mettono in discussione le capacità degli stati nazionali di gestirle in modo efficace. Beck sostiene che la società contemporanea è caratterizzata da una crescente consapevolezza di tali rischi e da una diffusa incertezza riguardo al futuro.

Inoltre, Beck ha sottolineato l’importanza della riflessività sociale, cioè la capacità delle persone e delle istituzioni di riflettere criticamente sulle proprie azioni e sulle implicazioni a lungo termine delle decisioni prese. Questo concetto è stato centrale nel suo lavoro e ha evidenziato la necessità di una maggiore consapevolezza e responsabilità riguardo alle conseguenze delle attività umane sulla società e sull’ambiente. Un altro tema chiave nel pensiero di Beck è stato il concetto di modernizzazione riflessiva, che si riferisce alla trasformazione delle istituzioni e delle pratiche sociali in risposta ai cambiamenti sociali e tecnologici. Beck ha sottolineato l’importanza di un’analisi critica della modernizzazione e ha evidenziato i rischi e le opportunità associati a tale processo.

Oltre alla sua ricerca sulla società del rischio, Beck ha svolto un ruolo significativo nello studio della globalizzazione. Ha analizzato come la globalizzazione abbia portato a una creazione di nuove disuguaglianze sociali e a una ristrutturazione dei rapporti di potere a livello globale. Beck ha sottolineato l’importanza di esaminare i processi di globalizzazione non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale, politico e culturale.La sua opera più nota, “La società del rischio” pubblicata nel 1986, è diventata un testo fondamentale per coloro che studiano la sociologia della modernizzazione e della globalizzazione. Un altro importante lavoro di Ulrich Beck è “I rischi della libertà”. Pubblicato nel 1994, questo libro esplora il concetto di rischio nella società contemporanea. Beck sostiene che la libertà individuale comporta anche rischi, come l’insicurezza economica e sociale. Questi rischi sono il risultato delle trasformazioni sociali ed economiche che caratterizzano la modernità. Beck invita i lettori a riflettere sulle implicazioni di questi rischi e a trovare modi per affrontarli in modo responsabile.

Nel corso della sua carriera, Beck ha ricevuto numerosi riconoscimenti e onorificenze per il suo contributo alla sociologia, influenzando una vasta gamma di discipline accademiche. Ulrich Beck è scomparso il 1º gennaio 2015, lasciando un’eredità duratura nel campo della sociologia e della teoria sociale. Il suo lavoro continua a stimolare il dibattito e l’analisi critica su questioni cruciali come il cambiamento sociale, la modernizzazione e la globalizzazione.

Dott. Antonino Calabrese


Come l’elettricità ha cambiato la società

di Antonino Calabrese

L’elettricità svolge un ruolo fondamentale nella società moderna, influenzando numerosi aspetti della vita quotidiana e del progresso tecnologico.

L’elettricità è una forma di energia fondamentale utilizzata in un’ampia gamma di settori. La sua importanza è evidente nelle abitazioni, dove alimenta elettrodomestici, sistemi di illuminazione, dispositivi elettronici e sistemi di riscaldamento e raffreddamento. Inoltre, l’industria e il settore commerciale dipendono pesantemente dall’elettricità per il funzionamento di macchinari, attrezzature e sistemi di automazione. Nei trasporti, l’elettricità è alla base dei veicoli elettrici, che rappresentano una soluzione sostenibile per ridurre le emissioni nocive.

L’impiego diffuso dell’elettricità ha contribuito a una maggiore efficienza e a nuove opportunità di innovazione. Grazie all’elettricità, è possibile sviluppare tecnologie avanzate nei settori delle comunicazioni, dell’informatica, della medicina e dell’industria manifatturiera. Inoltre, l’elettricità è fondamentale per la ricerca scientifica e per lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e sostenibili. Dal punto di vista economico, l’elettricità rappresenta uno dei principali motori di crescita e sviluppo. Le attività produttive e commerciali dipendono infatti dall’energia elettrica per essere competitive e sostenibili. Inoltre, l’accesso all’elettricità è cruciale per lo sviluppo sociale ed economico delle comunità, in quanto consente l’accesso a servizi essenziali come l’istruzione, la sanità e le comunicazioni.

Tuttavia, l’uso diffuso dell’elettricità ha anche implicazioni ambientali e di sostenibilità. La produzione di elettricità può generare emissioni inquinanti e contribuire al cambiamento climatico, se non gestita in modo responsabile. Pertanto, è fondamentale promuovere fonti energetiche pulite e rinnovabili per ridurre l’impatto ambientale dell’elettricità e garantire la sostenibilità a lungo termine. L’elettricità stessa ha reso possibile lo sviluppo di nuove tecnologie e macchinari, contribuendo così alla rivoluzione industriale e all’automatizzazione dei processi di produzione. Grazie all’avvento dell’elettricità, molte attività manuali sono state sostituite da macchinari elettrici, accelerando i processi produttivi e aumentando l’efficienza. Questo ha avuto un impatto significativo sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro, portando a nuove sfide e opportunità per i lavoratori.

Altresì, l’elettricità ha cambiato radicalmente le comunicazioni, consentendo lo sviluppo del telefono, della radio, del cinema, della televisione e del computer. Questo ha rivoluzionato la diffusione delle informazioni e la comunicazione a distanza, influenzando notevolmente la società e la cultura. L’elettricità ha così svolto un ruolo significativo nello sviluppo della tecnologia moderna. È stata la forza trainante dietro l’invenzione di dispositivi elettrici che hanno avuto un ruolo fondamentale, quali il motore elettrico o la lampadina. Questi dispositivi hanno rivoluzionato la vita quotidiana delle persone, migliorando l’efficienza e la comodità delle attività umane.

L’elettricità ha pertanto mutato radicalmente la società nel corso del tempo, influenzando l’industria, le comunicazioni, l’ambiente e la società più in generale nel suo complesso. Questo ha portato a una serie di cambiamenti significativi e sfide in diverse aree della vita umana, evidenziando l’importanza di gestire in modo responsabile l’uso e la produzione di elettricità per garantire un futuro sostenibile.

Dott. Antonino Calabrese


LIBERI DI MANIFESTARE

di Antonino Calabrese

La libertà di manifestare è un diritto fondamentale sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che consente ai cittadini di esprimere le proprie opinioni e convinzioni in pubblico, sia individualmente che collettivamente. Questo diritto include la libertà di riunirsi pacificamente e di associarsi con altre persone per qualsiasi motivo, inclusa l’espressione politica, religiosa, culturale o sociale. La libertà di manifestare è un principio chiave delle democrazie moderne e svolge un ruolo fondamentale nel garantire la partecipazione civica e politica dei cittadini.

In Italia, il diritto di manifestare è garantito dalla Costituzione, che riconosce il diritto di riunione pacifica senza armi e l’espressione del pensiero attraverso la parola, la scrittura e ogni altro mezzo di diffusione. Tuttavia, questo diritto non è assoluto e può essere soggetto a limitazioni per garantire la sicurezza pubblica, la prevenzione del disordine o il rispetto dei diritti e delle libertà altrui. Inoltre, le manifestazioni devono essere preventivamente comunicate alle autorità competenti, che possono stabilire misure per garantire che si svolgano in modo pacifico e ordinato. Le manifestazioni possono assumere diverse forme, tra cui cortei, sit-in, assemblee pubbliche e altre forme di protesta pacifica. Tuttavia, è importante sottolineare che la libertà di manifestare non include il diritto di commettere atti di violenza o danneggiare la proprietà altrui. Inoltre, le autorità possono intervenire per prevenire o reprimere manifestazioni che minacciano l’ordine pubblico o la sicurezza.

È fondamentale che i cittadini esercitino il loro diritto di manifestare in modo responsabile e rispettoso delle leggi e dei diritti altrui. Inoltre, le autorità devono garantire che le limitazioni alla libertà di manifestare siano proporzionate e necessarie per fini legittimi, evitando di limitare eccessivamente questo diritto fondamentale. La libertà di manifestare è un diritto fondamentale che svolge un ruolo cruciale nel contesto delle società democratiche, consentendo ai cittadini di esprimere le proprie opinioni e partecipare attivamente alla vita pubblica. Tuttavia, è importante bilanciare questo diritto con la necessità di preservare l’ordine pubblico e il rispetto dei diritti altrui, al fine di garantire una convivenza pacifica e democratica.

Dott. Antonino Calabrese


Sciopero: un diritto e un dovere

di Antonino Calabrese

Il diritto di sciopero è una forma di autotutela collettiva dei lavoratori finalizzata alla tutela dei loro diritti ed interessi. Consiste in un’astensione concertata dal lavoro, che può essere organizzata da sindacati o da gruppi di lavoratori stessi, al fine di esercitare pressioni sul datore di lavoro o sul governo per ottenere miglioramenti nelle condizioni di lavoro, salari più equi o altre richieste specifiche.

L’origine del diritto di sciopero risale alla Rivoluzione Industriale, quando i lavoratori si organizzarono per difendere i propri diritti e migliorare le loro condizioni di lavoro. Nel corso del tempo, il diritto di sciopero è stato riconosciuto e regolamentato in molti paesi, compresa l’Italia, dove il diritto di sciopero è costituzionalmente tutelato dall’articolo 40 della Costituzione. Questo articolo sancisce il diritto dei lavoratori di astenersi collettivamente dal lavoro per la tutela dei propri interessi. Tuttavia, l’esercizio di questo diritto è soggetto a regolamentazioni specifiche. Il concreto esercizio del diritto di sciopero in Italia è stato disciplinato con modalità differenti nel corso degli anni. Le organizzazioni sindacali possono proclamare uno sciopero in modo unilaterale o possono negoziare con i datori di lavoro per il raggiungimento di un accordo. In alcuni casi, lo sciopero può essere proclamato anche tramite accordi collettivi o tramite leggi specifiche.

Uno dei settori in cui si verificano più frequentemente gli scioperi è il settore dei trasporti. Questo include il trasporto pubblico, come autobus, tram e metropolitane, nonché il trasporto ferroviario. Gli scioperi nel settore dei trasporti possono causare notevoli disagi per i pendolari e gli utenti dei mezzi pubblici. Le richieste degli scioperanti possono riguardare sovente miglioramenti salariali, condizioni di lavoro più sicure o altre questioni specifiche del settore. Un altro settore in cui si verificano frequentemente gli scioperi è il settore della sanità (ospedali, cliniche o altro tipo di strutture sanitarie). Gli scioperi nel settore della sanità possono avere un impatto significativo sulla fornitura di servizi sanitari e sulla cura dei pazienti. Il settore dell’istruzione è un altro settore in cui si verificano frequentemente gli scioperi. Questo include scuole, università e istituti di formazione. Gli scioperi nel settore dell’istruzione possono interrompere il normale svolgimento delle lezioni e influire pertanto sull’apprendimento degli studenti. Ancora, il settore dei servizi pubblici è un altro settore in cui possono verificarsi frequentemente degli scioperi. Questo include servizi come l’energia elettrica, l’acqua, il gas e i servizi postali. Gli scioperi nel settore dei servizi pubblici possono causare interruzioni nella fornitura di servizi essenziali alla popolazione.

Oltre ai settori menzionati sopra, ci sono anche altri settori in cui si verificano scioperi frequenti. Questi possono includere settori come l’industria manifatturiera, il settore bancario e finanziario, il settore delle telecomunicazioni e molti altri. Gli scioperi in questi settori possono avere un impatto significativo sull’economia e sulla società nel loro complesso. Gli scioperi sono un mezzo essenziale attraverso il quale i lavoratori possono esprimere le loro preoccupazioni e cercare miglioramenti nelle loro condizioni di lavoro. D’altro canto, gli scioperi possono anche causare disagi per la popolazione e avere un impatto sull’economia. È importante trovare un equilibrio tra il diritto di sciopero dei lavoratori e la necessità di garantire la continuità dei servizi essenziali per la società. È altresì importante che gli scioperi siano condotti nel rispetto delle leggi e dei diritti degli altri individui direttamente o indirettamente coinvolti.

Dott. Antonino Calabrese


Ricordando Adriano Olivetti

di Antonino Calabrese

Oggi, 27 febbraio, ricorre l’anniversario della morte di Adriano Olivetti. Olivetti è stato un imprenditore italiano, nato l’11 aprile 1901 ad Ivrea, in Piemonte. È noto per essere stato il presidente dell’azienda Olivetti, fondata da suo padre, Camillo Olivetti, nel 1908. Durante la sua leadership, l’azienda ha avuto un notevole impatto sull’industria italiana e internazionale.

Olivetti ha studiato ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino, dove ha sviluppato un interesse per l’innovazione tecnologica e la modernizzazione dell’industria. Dopo aver ereditato l’azienda di famiglia, ha trasformato la piccola impresa in un’importante azienda internazionale, specializzata nella produzione di macchine per scrivere, calcolatrici e computer. Uno degli aspetti più significativi del suo operato è stato il suo approccio innovativo alla gestione aziendale. Olivetti ha introdotto un modello di partecipazione dei lavoratori, includendo i dipendenti nelle decisioni aziendali e promuovendo il benessere dei dipendenti attraverso servizi sociali e culturali. Questa pratica, nota come “paternalismo illuminato”, ha contribuito a creare un ambiente di lavoro positivo e ha attirato l’attenzione internazionale per le sue innovative politiche aziendali.

Inoltre, Olivetti ha sostenuto la ricerca e lo sviluppo, investendo in progetti tecnologici all’avanguardia e collaborando con designer e architetti per creare prodotti innovativi ed esteticamente piacevoli. Questo approccio ha reso l’azienda Olivetti un punto di riferimento nel settore della tecnologia e del design. Olivetti è stato anche coinvolto in attività politiche e sociali, contribuendo alla diffusione dell’istruzione e della cultura. Il “Movimento Comunità”, movimento politico-culturale di cui Olivetti era il leader, ha avuto un ruolo significativo nel panorama politico italiano del secondo dopoguerra. Il movimento è stato fondato nel 1947 ed era caratterizzato da una visione progressista e dall’impegno per il benessere della comunità. L’obiettivo principale era quello di promuovere un’idea di comunità basata sui principi del federalismo, del socialismo liberale e del fabianesimo. Il movimento pubblicava un giornale chiamato “Comunità” per diffondere le sue idee e promuovere il dibattito politico.

Olivetti ha contribuito a promuovere l’idea di una società più equa e inclusiva, mettendo in evidenza l’importanza della partecipazione democratica e della solidarietà sociale. Infatti, egli credeva che la partecipazione attiva dei cittadini fosse fondamentale per il progresso sociale ed economico. Nonostante la sua dissoluzione nel 1961, il movimento ha lasciato un’eredità duratura nel panorama politico italiano. L’influenza di Olivetti si è estesa ben oltre il mondo degli affari e la sua visione progressista ha lasciato un’impronta duratura sull’industria italiana e sulla società nel suo insieme. Adriano Olivetti è deceduto il 27 febbraio 1960, ma il suo lascito continua a essere celebrato e studiato come esempio di imprenditorialità responsabile e innovativa.

Dott. Antonino Calabrese


Promuovere l’inclusione sociale

di Antonino Calabrese

La questione dell’inclusione sociale è un tema di grande rilevanza nel contesto contemporaneo, poiché riguarda l’accesso equo e la partecipazione piena delle persone a tutti gli aspetti della società. L’inclusione sociale è un processo che ha il fine di garantire che tutti i membri della comunità abbiano le stesse opportunità, i medesimi diritti e la possibilità di partecipare attivamente alla vita sociale, economica, politica e culturale.

Un aspetto centrale dell’inclusione sociale è l’eliminazione delle barriere che impediscono alle persone di partecipare pienamente alla società. Queste barriere possono essere di natura economica, culturale, fisica o sociale e possono limitare l’accesso alle risorse, ai servizi e alle opportunità. L’obiettivo dell’inclusione sociale è quello di creare una società in cui ogni individuo abbia la possibilità di realizzare il proprio potenziale e contribuire in modo significativo al benessere collettivo.

Un elemento chiave per promuovere l’inclusione sociale è l’adozione di politiche e pratiche che favoriscano l’uguaglianza di opportunità e la diversità. Ciò può implicare l’implementazione di leggi anti-discriminazione, l’accesso equo all’istruzione e all’occupazione, la promozione della partecipazione politica e civica di tutti i cittadini, nonché la creazione di spazi inclusivi e accoglienti per le persone di diversa origine, abilità e orientamento. Inoltre, l’inclusione sociale richiede un impegno collettivo da parte di governi, istituzioni, organizzazioni della società civile e singoli individui. È necessario un approccio integrato che coinvolga tutti i settori della società e che promuova la sensibilizzazione, la formazione e la collaborazione per affrontare le disuguaglianze e promuovere la coesione sociale.

Essa è cruciale per promuovere la coesione e la stabilità all’interno di una società. Quando tutti i membri della comunità si sentono accettati e integrati, si riduce il rischio di conflitti e disuguaglianze sociali. Ciò contribuisce a un clima sociale più armonioso e favorisce lo sviluppo di relazioni positive tra le persone. Un altro motivo per cui l’inclusione sociale è importante è il suo impatto positivo sulla salute mentale e sul benessere delle persone. Essere esclusi socialmente può portare a sentimenti di isolamento, solitudine e depressione. Al contrario, un senso di appartenenza e di accettazione può migliorare la salute mentale e il benessere psicologico delle persone, contribuendo a una società più sana e resiliente. Inversamente, la mancanza di inclusione può avere gravi conseguenze per una società. L’esclusione sociale può portare a tensioni interne, discriminazione e marginalizzazione di gruppi specifici, creando divisioni e conflitti all’interno della comunità. Questo può danneggiare il tessuto sociale e minare la coesione della società nel suo complesso.

Pertanto, è necessario selezionare e intraprendere delle strategie che permettano di implementare il più possibile i livelli di inclusione. Una delle prime strategie per migliorare l’inclusione sociale è l’istituzione di politiche e leggi che vietino la discriminazione e promuovano l’uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini. Queste misure possono includere leggi anti-discriminazione, quote lavorative per gruppi svantaggiati e programmi di affirmative action per garantire l’accesso equo all’istruzione e all’occupazione.
Inoltre, è fondamentale promuovere la sensibilizzazione e l’educazione sulla diversità e sull’inclusione. Questo può essere fatto attraverso programmi educativi nelle scuole, campagne pubblicitarie e iniziative comunitarie volte a sensibilizzare in merito alle sfide e alle esperienze dei gruppi emarginati. Inoltre, la formazione sulle tematiche dell’inclusione sociale per i professionisti nei settori chiave come la sanità, l’istruzione e l’assistenza sociale può contribuire a migliorare la qualità dei servizi offerti a tutti i membri della comunità.

Un’altra strategia importante è lo sviluppo di programmi di sostegno e di integrazione per i gruppi emarginati. Questi programmi possono includere servizi di supporto sociale, consulenza psicologica, opportunità di formazione professionale e programmi di inserimento lavorativo. Inoltre, l’accesso a servizi di assistenza sanitaria di qualità e a programmi di previdenza sociale può contribuire a ridurre le disuguaglianze e a migliorare ancora di più l’inclusione sociale.
Infine, è bene sottolineare come sia importante promuovere la partecipazione attiva e la rappresentanza dei gruppi emarginati nei processi decisionali e nelle istituzioni pubbliche. Questo può essere fatto attraverso la promozione della partecipazione politica, l’istituzione di consigli consultivi per la diversità e l’inclusione e la creazione di opportunità per i membri dei gruppi emarginati di assumere ruoli di leadership e di rappresentanza all’interno della società.

Migliorare l’inclusione sociale richiede quindi l’adozione di strategie coordinate e mirate che affrontino le cause profonde dell’emarginazione e promuovano l’uguaglianza di opportunità per tutti i membri della comunità. Attraverso politiche inclusive, sensibilizzazione, programmi di sostegno e partecipazione attiva è possibile costruire una società più equa e inclusiva per tutti. L’inclusione sociale rappresenta un obiettivo fondamentale per la costruzione di una società equa, prospera e solidale. Attraverso politiche e azioni mirate è possibile promuovere un ambiente in cui ogni individuo si senta valorizzato, rispettato e pienamente coinvolto nella vita della comunità. L’inclusione non è solo un imperativo morale, ma anche un prerequisito per lo sviluppo sostenibile e la realizzazione di una società che rispetti e accolga la diversità umana in tutte le sue forme.

Dott. Antonino Calabrese


Come gli ascensori hanno cambiato la società

di Antonino Calabrese

Gli ascensori sono stati un’invenzione rivoluzionaria che ha trasformato il modo in cui le persone vivono e lavorano. Da quando sono stati introdotti per la prima volta, gli ascensori hanno avuto un impatto significativo sulla società, cambiando le dinamiche delle città, dei luoghi di lavoro e persino delle case.

In primo luogo, gli ascensori hanno avuto un impatto sostanziale sulla progettazione delle città. Prima della loro invenzione, i palazzi erano limitati in altezza a causa della fatica di salire le scale. Tuttavia, con il loro avvento, i grattacieli sono diventati una realtà, consentendo alle città di crescere in verticale anziché in orizzontale. Gli ascensori hanno quindi consentito la costruzione di edifici sempre più alti, ridefinendo il panorama delle città e creando nuove possibilità di sfruttamento del suolo. Questo ha avuto un impatto significativo sull’aspetto e sulla struttura delle aree urbane, influenzando anche la densità della popolazione e i modelli di sviluppo delle città.

In secondo luogo, gli ascensori hanno trasformato il modo in cui le persone lavorano. Prima della loro introduzione, i piani superiori degli edifici erano spesso sotto-utilizzati a causa della scomodità di arrivarci. Tuttavia, con gli ascensori, questi spazi sono diventati altamente desiderabili, portando a un aumento della domanda di uffici e spazi commerciali in altezza. Ciò ha influenzato la forma e la funzione degli edifici e ha ridefinito il concetto di spazio lavorativo.

In terzo luogo, gli ascensori hanno avuto un impatto significativo sulle abitazioni. Prima della loro invenzione, le case erano spesso progettate su un solo piano a causa delle difficoltà di spostarsi tra i piani. Successivamente, le case a più piani sono diventate comuni, consentendo alle persone di sfruttare al meglio lo spazio disponibile. Ciò ha cambiato radicalmente il modo in cui le persone vivono e hanno aperto nuove possibilità per la progettazione degli interni.

Dal punto di vista tecnologico, gli ascensori hanno subìto un’evoluzione notevole nel corso degli anni, passando da sistemi meccanici a sistemi elettronici sempre più sofisticati. Questo ha contribuito a migliorare l’efficienza, la sicurezza e la velocità degli ascensori, consentendo il trasporto di un numero sempre maggiore di persone in modo rapido e confortevole. Da un punto di vista sociologico, gli ascensori hanno anche influenzato le dinamiche sociali e le interazioni umane all’interno degli edifici. Hanno facilitato gli spostamenti all’interno degli spazi pubblici e privati, contribuendo a creare nuove forme di convivenza e di organizzazione sociale all’interno degli edifici.

Gli ascensori hanno pertanto avuto un impatto profondo sulla società. La loro invenzione ha permesso una maggiore densità urbana, ha influenzato la progettazione degli edifici e ha ridefinito il concetto di spazio abitativo. Essi hanno cambiato il modo in cui viviamo e lavoriamo e il loro impatto continuerà a essere evidente nel futuro. Gli ascensori hanno avuto un impatto su vari settori, tra cui l’architettura, l’urbanistica, la tecnologia e persino la sociologia.

Dott. Antonino Calabrese


La conservazione del patrimonio culturale italiano

di Antonino Calabrese

Il patrimonio culturale italiano è una ricchezza inestimabile che rappresenta l’eredità storica, artistica e culturale del paese. L’Italia è famosa in tutto il mondo per la sua straordinaria concentrazione di opere d’arte, monumenti storici, siti archeologici e tradizioni millenarie. Questo patrimonio culturale è un tesoro nazionale che merita di essere assolutamente preservato e valorizzato per le generazioni future.

L’Italia vanta una tradizione artistica e architettonica di grande rilevanza. Dai capolavori del Rinascimento italiano, come la Cappella Sistina e il David di Michelangelo, alle antiche rovine di Pompei e degli scavi di Roma, il paese offre una straordinaria varietà di opere d’arte e architettoniche. Le città italiane sono un vero e proprio museo a cielo aperto, con le loro piazze, chiese, palazzi e musei che ne raccontano la storia e la cultura.

L’Italia si fregia di ospitare numerosi siti riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Essi rappresentano eccezionali testimonianze dell’ingegno umano e della bellezza naturale. A titolo esemplificativo ricordiamo:

  1. La città di Venezia, con i suoi canali e palazzi affascinanti, è unico nel suo genere e rappresenta un’opera d’arte architettonica.
  2. La città di Firenze, con la sua cattedrale di Santa Maria del Fiore e il Palazzo Vecchio, è un simbolo del Rinascimento italiano.
  3. La città di Roma, con il Colosseo, il Foro Romano e il Pantheon, è un’importante testimonianza dell’antica civiltà romana.
  4. La Valle dei Templi ad Agrigento, con i suoi antichi templi greci, è un importante sito archeologico.

Preservare e proteggere il patrimonio culturale italiano è una responsabilità condivisa da tutti. Il governo italiano, insieme a organizzazioni internazionali come l’UNESCO, si impegna a conservare e restaurare i siti storici e artistici, garantendo così la loro fruizione da parte delle generazioni future. Inoltre, il turismo sostenibile e responsabile svolge un ruolo fondamentale nella tutela del patrimonio culturale, promuovendo la consapevolezza e il rispetto per i luoghi visitati. Preservare il patrimonio culturale italiano è di fondamentale importanza per diverse ragioni:

  1. Identità e Appartenenza: il patrimonio culturale italiano rappresenta l’identità del nostro paese e ci connette alle nostre radici storiche e culturali. Preservarlo ci aiuta a mantenere un senso di appartenenza e a comprendere meglio chi siamo come popolo.
  2. Attrazione Turistica: il patrimonio culturale italiano è una delle principali attrazioni turistiche del paese. Ogni anno, milioni di visitatori vengono in Italia per ammirare i suoi monumenti, opere d’arte e tradizioni. La conservazione di questi tesori culturali è essenziale per il settore turistico e per l’economia del paese.
  3. Trasmissione delle Conoscenze: il patrimonio culturale italiano racchiude una vasta gamma di conoscenze e saperi che sono stati tramandati nel corso dei secoli. Preservarlo significa garantire che queste conoscenze non vadano perdute e che possano essere trasmesse alle future generazioni.
  4. Valore Storico e Artistico: il patrimonio culturale italiano ha un valore storico e artistico inestimabile. Ogni monumento, opera d’arte o tradizione racconta una storia e rappresenta un pezzo di storia che va preservato per le generazioni future.

La conservazione del nostro patrimonio culturale è una sfida che richiede un impegno costante da parte delle istituzioni, delle comunità locali e dei cittadini stessi. Alcune delle sfide principali includono:

  • Degrado e inquinamento: l’inquinamento atmosferico, l’umidità e l’incuria possono causare danni irreparabili ai monumenti e alle opere d’arte.
  • Turismo di massa: il turismo di massa può mettere a dura prova i siti culturali, causando danni fisici e degrado.
  • Manutenzione e restauro: la manutenzione e il restauro periodici sono essenziali per preservare il patrimonio culturale italiano. Al tempo stesso, è necessario bilanciare la conservazione con la necessità di consentire l’accesso e la fruizione pubblica.

La conservazione di tale patrimonio è un processo complesso che richiede una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. È un impegno costante per mantenere l’integrità, l’identità e l’efficienza funzionale dei beni culturali.
La conservazione del patrimonio culturale italiano non riguarda solo monumenti e opere d’arte famose, ma anche oggetti di uso quotidiano, manufatti storici, documenti e archivi. Ogni elemento del nostro patrimonio culturale ha un valore unico e contribuisce alla nostra comprensione del passato e alla nostra identità come nazione.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce l’orientamento per la legislazione sul patrimonio scientifico, ambientale e culturale dello Stato, privilegiando il valore storico, artistico e culturale dei beni.

La conservazione del patrimonio culturale italiano richiede una serie di attività mirate a preservare e proteggere i beni culturali. Alcune delle principali attività di conservazione includono:

  • Studio: la ricerca e lo studio approfondito dei beni culturali sono fondamentali per comprendere la loro storia, la loro tecnica e il loro stato di conservazione. Questo permette di pianificare interventi mirati e di adottare le migliori pratiche per la loro conservazione.
  • Prevenzione: la prevenzione è un aspetto cruciale della conservazione. Ciò include misure per evitare danni causati da fattori ambientali, come l’umidità, la luce solare e le variazioni di temperatura. La prevenzione comprende anche la protezione dai danni causati dall’uomo, come il vandalismo e il furtanutenzione: la manutenzione regolare è essenziale per preservare l’integrità dei beni culturali. Questo include la pulizia, la riparazione di danni minori e la sostituzione di parti danneggiate o mancanti. La manutenzione preventiva aiuta a prevenire il deterioramento e a prolungare la vita dei beni culturali.
  • Restauro: il restauro è un’attività specialistica che riguarda il recupero e la riparazione di beni culturali danneggiati o deteriorati. Il restauro viene eseguito da esperti qualificati che utilizzano tecniche e materiali appropriati per preservare l’autenticità e l’integrità dei beni.

Tutto ciò è un compito che coinvolge diverse istituzioni, quali il Ministero dei Beni Culturali e le Soprintendenze, che hanno il compito di proteggere e promuovere il nostro patrimonio culturale. Gli esperti, come conservatori, restauratori e archeologi, svolgono un ruolo chiave nella conservazione e nel restauro dei beni culturali. La conservazione del patrimonio culturale italiano è un impegno collettivo che richiede la collaborazione di istituzioni, esperti e comunità. È un investimento nel nostro passato e nel nostro futuro, poiché ci permette di preservare la nostra identità e di trasmettere alle generazioni future la bellezza e la ricchezza della nostra cultura.

Tutti siamo responsabili della conservazione del nostro patrimonio e dobbiamo impegnarci a proteggerlo e valorizzarlo. Solo attraverso un impegno costante e una consapevolezza diffusa possiamo garantire che il nostro patrimonio culturale continui a ispirare e arricchire le vite di tutti noi. Visitare l’Italia significa immergersi in un mondo di bellezza e storia, scoprendo le meraviglie che rendono il paese unico al mondo.

dott. Antonino Calabrese


La crisi dell’agricoltura nell’Italia di oggi

di Antonino Calabrese

L’agricoltura è da sempre un settore fondamentale per l’economia italiana, ma purtroppo negli ultimi anni si è verificata una crisi che ha avuto un impatto significativo sul settore agricolo del paese. Qui di seguito esploreremo brevemente la crisi dell’agricoltura in Italia oggi, analizzando le cause, gli effetti e le possibili soluzioni.

Partiamo col dire che sono diverse le cause che hanno contribuito alla crisi dell’agricoltura in Italia. Alcune delle principali sono:

  • Cambiamenti climatici: il cambiamento climatico ha portato a condizioni meteorologiche estreme, come siccità prolungate e ondate di calore, che hanno danneggiato le colture e ridotto la produzione agricola.
  • Concorrenza internazionale: l’agricoltura italiana si trova a dover competere con i prodotti agricoli provenienti da altri paesi, spesso a costi inferiori. Questa concorrenza ha reso difficile, per gli agricoltori italiani, mantenere la redditività.
  • Burocrazia e normative: gli agricoltori italiani devono affrontare una serie di normative e adempimenti burocratici che possono essere complessi e onerosi. Questo può limitare la loro capacità di adattarsi alle nuove sfide e di innovare.
  • Cambiamenti nelle abitudini alimentari: le abitudini alimentari stanno cambiando, con una maggiore richiesta di prodotti alimentari trasformati e importati. Questo ha ridotto la domanda di prodotti agricoli locali e tradizionali.

La crisi dell’agricoltura in Italia ha avuto diversi effetti negativi sul settore e sull’economia del paese. Alcuni degli effetti più evidenti sono:

Riduzione della produzione: a causa della crisi, la produzione agricola italiana è diminuita significativamente. Questo ha un impatto diretto sulla disponibilità di prodotti alimentari locali e sulla sicurezza alimentare del paese.

Perdita di posti di lavoro: la crisi ha comportato la chiusura di numerose aziende agricole e la perdita di posti di lavoro nel settore. Gli agricoltori e i lavoratori agricoli si trovano a dover affrontare difficoltà economiche e incertezze sul loro futuro

Declino delle zone rurali: La crisi dell’agricoltura ha contribuito al declino delle zone rurali in Italia. La mancanza di opportunità economiche ha portato a una migrazione verso le città, lasciando le comunità rurali con una popolazione in diminuzione e una ridotta vitalità economica.

Per affrontare la crisi dell’agricoltura in Italia, sono necessarie soluzioni a lungo termine che affrontino le cause sottostanti. Alcune possibili soluzioni includono:

  • Investimenti in ricerca e innovazione: Sostenere la ricerca e l’innovazione nel settore agricolo può aiutare gli agricoltori a sviluppare nuove tecniche e pratiche che li rendano più resilienti ai cambiamenti climatici e più competitivi sul mercato internazionale.
  • Semplificazione delle normative: ridurre la burocrazia e semplificare le normative può aiutare gli agricoltori a concentrarsi sulla produzione e a ridurre i costi amministrativi.
  • Promozione dei prodotti locali: promuovere i prodotti agricoli locali può contribuire a stimolare la domanda e a sostenere gli agricoltori italiani. Campagne di sensibilizzazione e iniziative di marketing possono aiutare a valorizzare i prodotti locali e a creare una maggiore consapevolezza tra i consumatori.
  • Sostegno finanziario: fornire sostegno finanziario agli agricoltori può aiutarli ad affrontare le difficoltà economiche e ad investire in nuove tecnologie e infrastrutture.

La crisi dell’agricoltura in Italia rappresenta una sfida significativa per il settore agricolo e per l’economia del paese. Tuttavia, con l’adozione di soluzioni a lungo termine e il sostegno adeguato, è possibile superare questa crisi e creare un settore agricolo più resiliente e sostenibile. È importante che il governo, gli agricoltori e la società nel suo complesso lavorino insieme per affrontare questa sfida e garantire un futuro prospero.

Dott. Antonino Calabrese


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