Carcere, volontariato e sociologia: le tre finalità del laboratorio “Focus Carcere”

di Italo Caruso

nel lontano 1979 ero uno studente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, avevo da poco compiuto 23 anni e, dovendo concludere gli studi intrapresi, decisi di sviluppare una tesi di laurea che facesse discutere, quindi mi feci assegnare dal professore di Cattedra un argomento in quel momento particolarmente scottante politicamente, dal titolo: “La vita in carcere, bisogni e aspettative”.

Una tesi sperimentale e compilativa che mi portava necessariamente a fare indagini qualitative e quantitative, con sondaggi, interviste, questionari; un argomento alquanto imbarazzante e spinoso che, se scelto oggi ad esempio da uno studente in Egitto, gli causerebbe probabilmente la stessa sorte toccata al povero Giulio Regeni.

Era all’epoca uno studio d’assalto, se vogliamo anche investigativo e, siccome ero molto coraggioso o incosciente, per svolgere al meglio tale lavoro e trovare materiale autentico, decisi di fare il militare di leva nella casa circondariale di Regina Coeli.

Ben presto mi resi conto che avevo sottovalutato il problema, considerato il tragico momento storico che l’Italia stava attraversando a causa del terrorismo e delle brigate rosse in particolare, una organizzazione terroristica armata di estrema sinistra, marxista-leninista con capo storico Renato Curcio Sociologo, proveniente dall’Università di Trento. Per tale ragione in quel momento gli studenti iscritti alle facoltà di Sociologia e Scienze Politiche erano particolarmente attenzionati dalla polizia. Rischiavo di andare incontro a grossi problemi disciplinari perché da militare ero tenuto ad osservare le norme con rigidità, con obbedienza e con spirito di corpo. Mi resi subito conto che dovevo urgentemente cambiare l’argomento di studio della mia tesi e decisi di svolgere il servizio di agente penitenziario con la massima diligenza e responsabilità.

Il periodo militare fu ricco di emozioni e di esperienze di crescita per un giovane che deve affacciarsi alla vita, ciò nonostante ben presto capii che non poteva essere quello il mio futuro,  rifiutai di confermare la ferma e mi dedicai a ben altre cose, che nulla avevano a che fare   con il carcere e la sociologia.

L’esperienza carceraria mi aveva profondamente e interiormente trasformato e non ho mai dimenticato alcuni momenti vissuti in carcere con situazioni difficili con i detenuti e con i miei diretti superiori, incubi notturni che per almeno dieci anni mi hanno accompagnato e turbato la mia vita, la mia psiche.

Volontariato attivo:

A distanza di circa quarant’anni, caso e fortuna vollero che incontrassi il Signor Francesco Cosentini, Presidente dell’Associazione Liberamente, che si occupa prevalentemente di volontariato in carcere, così ho deciso di dedicare una parte del mio tempo libero alle problematiche penitenziarie. Oggi sono assistente volontario penitenziario nel carcere Cosmai di Cosenza, perfettamente integrato nel gruppo con gli altri volontari, sebbene tutti giovanissimi.

 Un gruppo di volontari fortemente motivati e responsabili, coscienti del fatto che la dignità umana è anteposta a qualsivoglia reato. Noi volontari non giudichiamo mai la pena, né tanto meno la persona giudicata, per noi la pena da scontare non deve essere una tortura, ma solo un debito da pagare con la giustizia.

Ma la deformazione professionale per gli studi sociologici conseguiti, mi ha fatto sempre intravedere il lavoro del volontariato sotto diversi aspetti, in particolare il ruolo del sociologo del fine pena.

Sociologi specialista:

Il Laboratorio Territoriale di Sociologia “focus Carcere” ha lo scopo di fare emergere le criticità e i bisogni delle persone ristrette nei penitenziari, e contestualmente di riuscire a trovare un modello di uscita a fine pena, che porti la persona ristretta verso nuovi orizzonti di vita.

E in tale contesto che si inserisce la figura del Sociologo specialista che deve proiettare le persone prossime alla libertà verso una società che le accolga senza remore e preconcetti, che deve orientarle verso un mondo lavorativo nuovo, fuori dagli stereotipi che potrebbero ingabbiarle mentalmente e privarle dall’entusiasmo e della fiducia.

 Il Sociologo specialista, informatizzato, iscritto negli elenchi del tribunale come consulente tecnico del giudice, conoscitore delle problematiche del lavoro, riesce tramite i motori di ricerca lavoro, a soddisfare contatti lavorativi. Il Sociologo sarebbe come un agente di una agenzia interinale di ricerca lavoro, un agente Sociologo ad personam nominato dal tribunale.

Il detenuto che esce dal carcere è alla ricerca di un lavoro che non sempre trova, spesso si rivolge nella migliore delle ipotesi al politico di turno, e quindi ipotecando il voto alle future elezioni, oppure nella peggiore al capo bastone del quartiere assicurandosi un ritorno quasi certo in carcere.

 Il sociologo deve essere una sentinella delle devianze sociali a cui potrebbero andare incontro detenuti del fine pena o gruppi di giovani che seguono le mode della trasgressione, pensando che tutto vada bene, ma spesso qualcuno cade nella morsa della devianza, e le porte del carcere si aprono, il grido d’allarme deve essere lanciato prima che sia troppo tardi.

 Il Sociologo Professionista sentinella delle devianze, dovrebbe avere un ruolo istituzionale negli Istituti Penitenziari, negli Istituti scolastici, nei Comuni ed Enti sovra comunali, negli ambienti di lavoro, per intercettare i primi segni di disagi, capire in anteprima i bisogni, i conflitti sociali.

La Sociologia, attraverso lo studio dei fatti sociali, svolge una funzione di diagnosi e cura dei mali della società, suggerendo la soluzione per la guarigione, allo stesso modo della medicina che cura le malattie.

La Sociologia non è una scienza esatta, come non lo sono le cosiddette scienze esatte. Così come sostiene il Prof. Ferrarotti, tutte le discipline oggi scientifiche, paradossalmente, sanno di non essere certe di dare risultati certi, sanno che se avessero ambizioni di dare significati assoluti certi, contraddirebbero l’essenza stessa della scienza che è fondata sul dubbio metodico stesso della scienza, sulle conclusioni mai conclusive, sempre aperte verso nuove conquiste, nuovi risultati.

Dott. Italo Caruso – Direttore del laboratorio sociologico – ASI “FOCUS CARCERE” di Rende (Cosenza


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