BULLISMO, AGLI ADOLESCENTI SI AGGIUNGE LA FASCIA PREADOLESCENZIALE
Il bullismo è sempre più diffuso nella nostra complessa e sfaccettata realtà sociale; riguarda ormai non più solo ragazzi in età adolescenziale, ma addirittura quelli in età preadolescienziale. I dati che concernono tale problematica sono allarmanti e dimostrano come l’atteggiamento prevaricatorio esercitato da alcuni soggetti verso i più deboli, che si estrinseca in atti – diretti o indiretti, verbali e fisici – di prepotenza, di prevaricazione, di vessazione o umiliazione, costituisca oggi una questione di cui non possiamo non prendere atto con lucida coscienza critica.Indubbiamente il bullismo rappresenta una devianza alla base della quale sussistono ragioni connesse ad un profondo disagio. Il primo attore sulla scena è – infatti – in genere un giovane individuo, sovente in grado di trascinare il gruppo, poco empatico nei confronti degli altri, ma – soprattutto – connotato psicologicamente da una forte aggressività. Alla radice del suo status si annidano sia fattori di matrice individuale e caratteriale, quali la scarsa autostima o un’incapacità di tollerare la frustrazione, sia ragioni afferenti alla sfera educativa familiare e sociale. Il fenomeno può e deve essere considerato come una forma disfunzionale di socializzazione, derivante dalla presenza di modelli devianti negli ambiti formativi in cui cresce il minore. Un’eccessiva rigidità o un permissivismo esagerato, la mancanza di regole precise o il sommarsi di imput disciplinari non condivisi e contraddittori rappresentano possibili radici del problema.Come ha sottolineato lo psicologo norvegese Olweus, tre sono i presupposti perché si possa parlare di tale realtà, ovvero l’intenzionalità, la persistenza nel tempo e l’asimmetria nella relazione.
Come accennato, problemi di autostima stanno alla base tanto di chi esercita l’atto intimidatorio, quanto delle vittime che lo subiscono, in genere ragazzini timidi, impacciati, complessato, incapaci di stabilire relazioni amicali paritarie con i compagni. Entrambe le categorie, se non adeguatamente seguite, potrebbero nel tempo sviluppare serie problematiche psicologiche, quali disturbi d’ansia, depressioni e vere e proprie psicosi. Oltre ai due attori principali, ne esiste un terzo, probabilmente il più subdolo e difficile da definire, costituito dai sostenitori del carnefice; questi, infatti, sono sovente coloro che contribuiscono a perpetrare l’atteggiamento vessatorio.I comportamenti che caratterizzano il bullismo si manifestano attraverso – lo abbiamo in parte accennato – offese, insulti, derisione, diffamazione, esclusione, fino a vere aggressioni fisiche.La questione è ormai oggetto di attenzione e studio sin dagli anni Settanta, soprattutto nei paesi di area scandinava.Oggi indubbiamente la sua pervasività è maggiore e ancor più preoccupante poiché, grazie alla diffusione del web, è subentrata una nuova modalità secondo cui poter esercitare il comportamento vessatorio, definita cyber-bullismo e connessa al sempre più massiccio utilizzo dei social network e della rete. Questo risulta ancor più subdolo e difficile da arginare, dal momento che consente al “bullo” di poter mantenere l’anonimato, di avere un più vasto consenso e di operare vere e proprie campagne diffamatorie in grado di entrare in modo drammatico nella sfera più intima della vittima.
Anche se di difficile individuazione, strategie per risolvere – o almeno arginare – l’attuale situazione in merito si rendono oggi ancor più necessarie, proprio alla luce delle riflessioni formulate. Il ruolo educativo di alcune istituzioni deputate alla crescita educativa e culturale, in primis la scuola, così come quello fondamentale della famiglia, diviene centrale laddove si vogliano formare individui che non acquisiscano solo competenze, ma anche valori. I ragazzi debbono essere accompagnati nella ricerca di un loro equilibrio personale e sociale, che li renda in grado di divenire persone con una coscienza civile e civica. Il che significa vivere in conformità alle regole ed alla cultura della legalità intesa come rispetto della persona umana e delle regole della convivenza sociale. Al di là – e ben prima – di ciò che stabilisce in materia il codice penale.
Prof. Michele Miccoli