BAMBINO RAPITO DAL PADRE: POMERIGGIO 5 VS LA VITA IN DIRETTA

Latella 15 gennaio 2014Come il cibo cattivo, anche i programmi televisivi non possono fare a meno delle spezie del sensazionalismo e degli aromi estratti dalle altrui disgrazie per far diventare commestibile una pietanza ( pardon, un programma) che altrimenti finirebbe nel bidone dei rifiuti organici.   Cosa non si fa pur di     tagliare per primi il traguardo dell’audience.  Faccio zapping   e, povero me, m’imbatto in una giovane giornalista   stizzita dal fatto che alcuni suoi colleghi di un’emittente concorrente, le hanno “sequestrato” uno dei protagonisti passivi della storia   che il programma a cui collabora sta trattando: la vicenda     di un bambino contesto dai genitori che, il papà, dallo scorso 6 gennaio, ha portato con sé     in una località sconosciuta. Da quel momento si sono perse le tracce   dell’uomo e del figlio di 8 anni.   La cronista cerca il conforto dalla conduttrice che, come un panzer tedesco, entra in scena e chiede di fare luce sull’episodio.   Che razza di giornalismo è questo, borbotto provocando il dissenso di chi in quel momento, guarda Barbara D’Urso alla stregua di una celeste visione. Faccio zapping:   da “Pomeriggio 5”   passo   su “La vita in diretta” con Paola Perego.

Effettivamente, il Sig. Annibale, nonno paterno di Leonardo, che un attimo prima aveva saziato la morbosità dei telespettatori della rete ammiraglia di Mediaset, saltando il fosso, ha cambiato location   trovandosi di fronte       alle telecamere di Rai1.   In amore, in politica e in televisione tutto è consentito: dico nella mia mente.   Convinto che la concorrenza resta uno dei capisaldi della libertà di stampa ( un principio che ha ispirato i miei 40 anni di giornalismo) mi affido   alle reminiscenze per ritrovare   il pensiero di   Karl Popper il quale   sosteneva che gli operatori della televisione   avrebbero dovuto conseguire   un apposito patentino. Per   Sir Karl,   quella “cattiva maestra”, ha un compito importante non solo sulla formazione dei ragazzi, ma anche sul processo culturale di tutti gli altri segmenti della società.   I programmi d’intrattenimento pomeridiano,   con un target d’ascolto misto,   si basano tutti   su fatti di cronaca   che alimentano nel telespettatore vecchie e nuove paure   che ormai, soprattutto dopo l’11 settembre 2001, fanno parte della dimensione   umana: omicidi, attentati,     kamikaze, disgrazie,   sciagure naturali o causate dalla mano dell’uomo.     E così, i programmi, di piccole o grandi emittenti,       poggiano su fondamenta d’argilla: scadenti, diseducativi e scarsi dal punto di vista culturale.   La scaletta passa con disinvoltura da episodi di violenza singola o di gruppo   alle gesta   di   personaggi del mondo dello spettacolo, da scandali       di varia natura alle frivolezze.     Spesso tiene banco il gossip, propinato   come   una gustosa pietanza di cui il telespettatore   diventa sempre più ghiotto. Anzi, non sembra poterne più fare a meno.   Senza dimenticare la fiction con i suoi effetti devastanti. La società, sempre più povera di valori, sempre   più sfilacciata nei legami   impedisce al cittadino di rendersi conto che questo tipo di televisione continua a propinarci ricette illusorie e irrazionali     preparate   da quella   che   John Condry definì “ladra di tempo e serva infedele” .


Lascia un commento

Anti - Spam *

Cerca

Archivio