Author Archives: Emilia Urso Anfuso

I figli appartengono allo Stato: i genitori sono solo responsabili…

di Emilia Urso Anfuso

Quando nasce un bimbo, tra le incombenze immediate c’è quella di procedere alla registrazione presso l’anagrafe, per comunicare ufficialmente l’arrivo di un nuovo cittadino che da quel momento entra a far parte del sistema giuridico, assumendo diritti e doveri.

<<=== dott./ssa Emilia Urso Anfuso

Per ovvie ragioni i doveri scattano allo scoccare del diciottesimo anno d’età, e fino a quel momento saranno i genitori ad accollarsi ogni responsabilità sul minore. Ognuno di noi si è sentito dire durante la fanciullezza la frase: “Finché non raggiungerai la maggiore età, decido io per te”! E ricordiamo tutti come, dopo aver commesso una marachella un po’ più seria, si corresse a ricoverarci sotto l’ala protettiva di mamma e papà, responsabili di ogni nostra azione. Eppure, tra le pieghe del sistema giuridico nazionale si cela una realtà che fa inorridire e che scompone del tutto la convinzione che i figli appartengano a chi li ha procreati, perché è lo Stato che a tutti gli effetti detiene giuridicamente il possesso della prole: alla madre e al padre è concesso un mandato di responsabilità e per un periodo di 18 anni.

La conferma di quest’affermazione è data da alcuni casi di cronaca che hanno scosso gli animi di tutti noi, come quello recente di Bibbiano, in cui diversi nuclei familiari hanno subito la sottrazione degli eredi, da un giorno all’altro e per motivi risibili. Si sono sollevate molte riflessioni etiche, morali e sociali, e una tra queste è quella che impone di ragionare sull’appartenenza della discendenza. Proprio attraverso il caso della Val d’Enza possiamo comprendere meglio che abbiamo la libertà di procreare, ma a detenere i diritti è l’apparato statale che, attraverso i servizi sociali e la magistratura, può assumere l’autorità decisionale al punto da privarli alle famiglie di origine.

Può accadere perché in alcuni casi si tratta di rappresaglie tra ex coniugi, che pur di far danni giungono a segnalare casi di maltrattamenti mai avvenuti, al solo fine di ottenere l’assegnazione del “pacco regalo”: l’erede. Un caso per tutti, molto noto all’opinione pubblica, è quello che ha come protagonista Ginevra Pantasilea Amerighi, che da nove anni non vede sua figlia per aver osato denunciare i maltrattamenti subiti dall’ex marito. L’uomo è riuscito a farla passare per matta e a toglierle la potestà di genitrice. La donna continua la sua battaglia ed è arrivata a rivolgersi al presidente Mattarella. La bimba, per assurdo che possa apparire, vive col padre.

Esistono altri casi in cui è solo a causa del sistema giudiziario che si può arrivare al distacco perenne dalla propria carne, come quando la decisione di sottrarli arriva per raggiunti limiti di età.  È il caso paradossale della coppia di Casale Monferrato, Gabriella Carsano e Luigi Deambrosis, che hanno subito il distacco più crudele al mondo, perché considerati troppo avanti con gli anni per prendersene cura. Dopo un lungo percorso tra aule di tribunali e carte bollate, in cui a un certo punto sembrava di aver risolto la questione grazie a una sentenza della Cassazione che dava ragione alla coppia, si è arrivati alla definizione tombale: tolta la potestà genitoriale. La bambina è stata considerata adottabile, e chi se ne frega dei sentimenti, e persino della ricerca scientifica che ha ficcato in testa a tutti che madre si può diventare anche dopo gli anta…

Chi decide cosa e perché? Soprattutto: chi ci garantisce il garante? È una domanda complessa, perché la risposta dovrebbe arrivare dalle istituzioni ma, soprattutto, dal mondo della politica, che con sempre maggior frequenza dimentica l’aspetto umano dei cittadini, divenuti elementi inanimati su cui si ha il potere di decidere su ogni cosa, entrando di prepotenza in ogni ambito dell’esistenza, che di privato non conserva più nulla.


Italiani: dove andremo a finire

di Michele Miccoli

Tra i record che non vorremmo dover vantare, in Italia ce n’è uno che non è da sottovalutare: siamo la seconda nazione al mondo con la popolazione più anziana. Sul podio dei più anziani in assoluto, il Giappone, anche se la situazione tra anziani nazionali e anziani nipponici appare diversa, almeno per ciò che concerne le condizioni di salute: anche su questo piano in Italia stiamo messi peggio. Non abbiamo proprio speranze di poter sfoderare record positivi.

<<== Prof. Avv. Michele Miccoli

La fase di declino demografico stabile della nostra popolazione, è iniziata nel 2015: a partire da quell’anno infatti, il numero di cittadini di nazionalità italiana ha cominciato a diminuire di circa 100.000 persone l’anno. Una vera emorragia demografica. Un recente studio, presentato durante una recente edizione del Festival della Statistica, ha dimostrato come, entro il prossimo secolo, la popolazione italiana si ridurrà a circa 16mln di persone. Un vero disastro, considerando che oggi la popolazione italiana totale è composta da circa 60mln di cittadini. Lo studio ha permesso quindi di tracciare, quasi nettamente, il futuro della popolazione italiana, e per farlo è bastato inserire un po’ di dati in uno speciale software, tra cui il tasso attuale di fertilità – che raggiunge un misero 1,34% – o l’aspettativa di vita delle persone nate quest’anno, che possono avere vita garantita, statisticamente parlando, è ovvio, fino a 83,3 anni. Ma quali sono i motivi che hanno portato la popolazione italiana a questa situazione? Perché lo sviluppo demografico si è inceppato, non consentendo alla nazione di progredire e portandola anzi a rischiare l’estinzione?

Al primo posto troviamo – ovviamente – il calo delle nascite, che dipendono da una minore formazioni di giovani coppie. Questo dipende a sua volta dall’instabilità economica, lavorativa e anche dall’insicurezza sul futuro, determinata dai due criteri precedenti: se ci sono  pochi soldi e il lavoro manca o è precario, non ci si imbarca in un progetto di vita che viene ritenuto troppo oneroso. Fare figli, e crescerli adeguatamente, costa troppo in una nazione come l’Italia, che ha anche i costi maggiori d’Europa per ciò che concerne l’educazione scolastica, e – più in generale – il mantenimento e la crescita dei figli.

Un dato a conferma: le nascite registrate nel 2017 sono state pari a 496.000 con un calo pari al 2% rispetto all’anno precedente. La riduzione demografica, peraltro, non ha disparità tra nord e sud: si figlia meno ovunque, tranne che in quattro regioni in cui addirittura si registrano aumenti, e che sono il Piemonte, la Basilicata, il Molise e la Sicilia. La Sicilia, storicamente, ha sempre dato un buon contributo allo sviluppo demografico della nazione, così come anche la Basilicata e il Molise. Il Piemonte rimonta dopo anni di calo demografico, peggiorato dalla percentuale sempre più alta di giovani che hanno scelto di emigrare: tra calo delle nascite ed emigrazione, non era difficile capire che l’Italia, anno dopo anno, si sta svuotando della popolazione nazturale.

Al secondo posto nella classifica dei motivi a monte della desertificazione della popolazione italiana, troviamo infatti l’emigrazione degli italiani, dovuta al desiderio di trovare migliori condizioni lavorative, o di trovare un posto di lavoro, visto che qui in Italia – quando va bene – trovi uno straccio di lavoro mal pagato e precario, anche se sul contratto c’è scritto “A tempo indeterminato”, bieca presa in giro che dobbiamo alla riforma del lavoro denominata Jobs Act.

In tutto ciò, parte della componente politica non sembra interessata a prendere in mano la situazione,  a parte il Ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha promesso – lo scorso Luglio – di varare una sorta di piano nascite, al fine di incrementare la popolazione nazionale. Che tipo di misure? Dagli asili gratuiti per i bimbi italiani, al taglio delle tasse e delle imposte per le neo mamme, cosa che permetterebbe davvero di riconsiderare l’annoso dilemma “Figli o non figli” in un periodo storico troppo carente di attenzioni nei confronti della formazione di nuovi nuclei familiari.

Certo è, che non è possibile prendere in seria considerazione il programma del centrosinistra, che nella traslazione di popolazioni straniere sul territorio nazionale vede il futuro dell’Italia: gli italiani devono restare a casa loro, e restarci mettendo radici. Un discorso  che, a quanto pare, a molti è poco chiaro. C’è anche da dire una cosa: un tempo si facevano più figli anche se le condizioni economiche non erano delle migliori. Vigeva un diverso sistema sociale, fondato sul lavoro e sul risparmio. Le braccia in più erano una risorsa e non una spesa, e si sviluppava una popolazione di cittadini pronti a diventare adulti che avrebbero messo il loro impegno al progresso della nazione.

Oggi le cose sono diverse. Si ha meno coraggio a metter su famiglia, e a buona ragione, visto che lo sguardo sul domani non racconta nulla di certo e nemmeno di buono. Non ci si accontenta di divenire “Due cuori e una capanna” perché nella migliore delle ipotesi la capanna te la devi comprare e non è detto che le famiglie possano sostenerti, o che le banche ti accolgano a braccia aperte. Più in generale, è cambiata la società, la prospettiva, le attese. E’ cambiata la nazione. Sarebbe ora che ritornasse a essere ciò che era: un territorio meraviglioso popolato da cittadini felici di poter vivere, crescere e invecchiare a casa propria.

Prof. Avv. Michele Miccoli – vicepresidente nazionale Associazione Sociologi Italiani


Incidenti stradali mortali: spesso la corresponsabilità è dei pedoni

di Michele Miccoli *

A Roma cresce il numero delle vittime della strada e in tutta Italia si registra un incremento dei sinistri

<<== prof. avv. Michele Miccoli

Grazie alla diffusione dell’annuale rapporto ACI-Istat, possiamo comprendere meglio il fenomeno delle vittime della strada, che in alcune città sta conoscendo un certo incremento, come nel caso di Roma. Nel 2018 nella capitale si sono registrati 64 decessi causati da incidenti stradali che hanno coinvolto i passanti con esito infausto. Secondo quanto riportato nella ricerca, in circa la metà di questi casi il decesso è stato provocato da una corresponsabilità di chi si trovava a piedi. Troppo facile affibbiare ogni colpa a chi guida un’autovettura o una due ruote. Un pensiero collettivo da sfatare a suon di dati ufficiali.

Prendendo in esame i numeri riferiti alla capitale, nel 2018 i sinistri con coinvolgimento di pedoni sono stati in totale 2.236, 64 quelli in cui si è verificato la morte di una o più persone che camminavano a piedi, in 29 dei quali si è potuta accertare la corresponsabilità di chi procedeva a piedi. Si tratta quindi di un morto ogni sei giorni, una vera strage, che rispetto all’anno precedente ha fatto registrare un aumento di 17 morti.

Analizzando lo studio condotto dall’Automobile Club Italia, si scopre che in ben 568 incidenti che hanno coinvolto i passanti, anche se fortunatamente non con esisto mortale, vi è corresponsabilità. Passare col rosso, non camminare sulle strisce pedonali, non guardare con attenzione l’arrivo delle autovetture, alimenta la probabilità di mettere a rischio la propria incolumità.

Ciò non mitiga la responsabilità di chi è alla guida di un’automobile, di una moto o di uno scooter, visto che queste sciagure sono spesso provocate per distrazione, per esempio perché chi guida pretende di usare lo Smartphone oppure spinge troppo il piede sull’acceleratore o non osserva la segnaletica stradale, ma chiarisce come l’impatto possa verificarsi più facilmente se i primi a non seguire le regole di buonsenso sono proprio i passanti. Chi ha a cuore la vita, deve imparare a salvaguardarla.

A livello nazionale, e con riferimento al primo semestre del 2019, i dati ACI-Istat non portano notizie incoraggianti sulla situazione generale. Gli impatti mortali sulle autostrade italiane hanno subito un incremento pari al 25%, mentre sulle strade extraurbane l’aumento è pari allo 0,3%. Solo sulle strade urbane i casi appaiono diminuiti del 3%.

I decessi salgono di 1,3 punti rispetto al 2018 ma diminuiscono i feriti (-2,9%) e il numero di chi riporta lesioni permanenti (-1,3%). I sinistri avvenuti a livello nazionale nei primi sei mesi del 2019 sono stati 82.048: 453 al giorno, 19 ogni ora, per un totale di 1.505 morti prematuramente. Numeri apocalittici che devono portare a riflessioni e soluzioni da praticare a stretto giro, perché questa situazione ci allontana dagli obiettivi europei sulla riduzione del 50% delle vittime della strada entro il 2020.

Per fermare questo genocidio sarebbero necessarie normative più restrittive, sanzioni amministrative più pesanti per chi non rispetta il codice della strada, e per chi dimentica troppo di frequente che basta un attimo, e si passa dall’essere in salute al diventare disabili a vita o, nella peggiore delle ipotesi, un ricordo nel cuore di chi ci ha amato.

  • Vicepresidente nazionale dell’Associazione Sociologi Italiani

Il tunnel: frammenti di sociologia visuale

a cura di Davide Costa e Anna Rutundo

Di fronte a noi si estende uno scenario e uno spazio surreale composto da vuoto e perdita, un ambiente desolato e totalmente distrutto. L’animo umano è inagibile, si ritrova ad affrontare una situazione inedita. L’uomo si scontra con un mondo ormai fondato sulle macerie, sulla rassegnazione e sulla staticità fisica e psicologica. Si sente impotente di fronte questo grande male che avvolge l’intera popolazione. Nell’aria serpeggia la perdita della fiducia, della solidarietà e dell’umanità.

<<=== Dott. Davide Costa

La pandemia che ormai da un anno devasta ogni società spinge a riconsiderare tutto ciò che si dava per scontato: i visi e le identità vengono coperti, le relazioni sempre più distanti e prive di ogni contatto fisico; nonostante si senta parlare di colori, tutto diventa sempre più bianco e nero, senza sfumature: i weekend, gli incontri, ogni singolo atto diventa polarizzato.

E’ così che positivo e negativo si invertono nella loro matrice semantica: la caccia al positivo e la speranza del negativo… L’esatto contrario di quanto fino a poco meno di un anno fa era “la normalità”.

E’ a partire da tutte queste considerazioni che nasce questo breve stralcio, realizzato a quattro mani, fra sistemi di comunicazioni visuali e sociologia, tra arte e interpretazione, in cui tutto si fonde, per garantire sempre e comunque una visione pluralista, rifuggendo, per ovvi motivi, da qualsiasi visione assoluta e generalizzante.

Si tratta, dunque, di una breve analisi sul “tunnel” della pandemia attraverso delle fotografie; un tunnel, che per certi versi è a cielo chiuso e per altri, come si vedrà, sarà a cielo aperto; si tratta di uno spazio reale e virtuale in cui il caos, fra un dpcm e l’altro, regna sovrano.

Inoltre è un orgoglio per noi presentarlo, dal momento che è la primissima riflessione di sociologia visuale sulla pandemia.

Buona lettura!

Cliccando è possibile scaricare il file in pdf

Davide Costa : dottore in sociologia e segretario regionale dell’Associazione Sociologi Italiani

Anna Rutundo: dottoressa in linguaggio dello spettacolo del cinema e dei media.


Transgender: un cortocircuito tra un genere e il suo opposto

di Emilia Urso Anfuso

Transgender: con questo termine si indicano quelle persone che sentono di avere un’identità diversa rispetto a quella sviluppata da madre natura. Uomini che percepiscono di essere donne, e viceversa. Non si tratta di omosessualità quanto di un cortocircuito nella percezione di sé.

dott./ssa Emilia Urso Anfuso == >>

Per anni si è usato genericamente il termine transessuale, ma col tempo iniziò a essere usato in senso dispregiativo, così da far preferire un nuovo modo di indicare questo tipo di condizione. Esiste un altro aspetto particolare, ed è quello legato al numero di minori che, con sempre maggior frequenza, vivono male questa situazione al punto da giungere a chiedere ai familiari di supportarli nel delicato processo di trasformazione, che può avvenire iniziando ad assumere cure ormonali prescritte da medici specialisti.

Per comprendere meglio di cosa si tratta può essere utile conoscere la vicenda di Daniel, un bimbo scozzese che nel 2013, quando aveva appena 3 anni, fu scoperto dalla sua mamma in bagno mentre si apprestava a evirarsi. La genitrice gli chiese cosa stesse tentando di fare, e lui rispose: “Taglio via il pisellino, così potrò diventare una ragazza”. Il gesto fu evitato grazie alla capacità materna, e il bambino, che già in precedenza aveva dimostrato maggiore interesse verso tutto ciò che attira le femminucce piuttosto che i maschietti, fu condotto dai genitori presso uno specialista in disforie di genere. Indirizzati presso una clinica specializzata – la Tavistock and Portman NHS Foundation Trust – e dopo aver ben analizzato il caso, fu deciso di procedere: Daniel sarebbe diventato Danni.

Portare l’organismo di un minore a modificare la tipologia sessuale, non è cosa da poco. Sono necessarie cure che riescono a ritardare la pubertà, e farmaci a base di ormoni che occorrono per permettere un giorno l’intervento chirurgico necessario alla modifica finale, da effettuare non prima del compimento dei 18 anni. Kerry McFayden, la madre di Daniel, scelse di rendere pubblica la loro storia aprendo una pagina su Facebook, con lo scopo di aiutare altre famiglie a uscire dall’impasse e dal pericolo che, crescendo, i loro figli affetti da questo disordine possano diventare vittime di bullismo. Un tema importante e da affrontare con cognizione di causa, perché la superficialità può solo portare altri problemi, come quello che sto per descrivere.

Lo scorso anno, alcuni quotidiani inglesi hanno intercettato un report sviluppato da una lobby internazionale che promuove lo sviluppo di un’umanità composta di esseri umani senza alcuna distinzione sessuale. Il titolo è: “Only Adult? Good practice in legal gender recognition for youth” e che tradotto significa “Solo gli adulti? Le buone pratiche per il riconoscimento del genere per I più giovani”, ed è stato realizzato in collaborazione con IGLYO, un’organizzazione internazionale che riunisce lesbiche, gay e transessuali, la Fondazione Thomson Reuters, tra le più rinomate al mondo nel settore dell’informazione, e la Dentons, una potente struttura legale che opera a livello mondiale.

All’interno del documento, si sostiene la necessità di far perdere all’umanità intera ogni cognizione del genere sessuale, al fine di creare una società composta di “un nuovo uomo”. Mettendo da parte questo report, che può essere interpretato in maniera prismatica, è bene soffermarsi su un punto: ritrovarsi imprigionati in un corpo che non si riconosce come il proprio, è una condizione che può arrecare danni psicologici non di poco conto. In ogni caso non dimentichiamo che anche i transgender, alla fine, desiderano solo una cosa: poter vivere determinando nettamente la propria identità. Meglio lasciare che siano la natura e l’istinto a governarci, e non certi gruppi di potere.


Il credo di ognuno di noi

di Michele Miccoli

Il nucleo essenziale del mio insegnamento è: nessun credo, nessun dogma, nessuna fede, nessuna religione, niente che sia preso in prestito. Puoi fare affidamento solo su ciò che hai sperimentato di persona; devi dubitare di tutto il resto. Proprio come le altre religioni trovano il loro fondamento nella fede, il mio è nel dubbio.

<<== Prof. Avv. Michele Miccoli

Il mio principio fondamentale è lo stesso su cui si basa la scienza: dubita, finché non trovi qualcosa nella tua esperienza di cui è impossibile dubitare. La scienza si muove verso l’esterno, io mi muovo verso l’interiorità. Questo movimento verso l’interno è ciò che chiamo meditazione. Per poterti muovere all’interno devi compiere tre semplici passi, e il quarto accade da solo. – Il primo passo è osservare tutte le tue attività; quello è il tuo corpo e quelle sono le sue azioni: camminare, tagliare legna, attingere acqua dalla fonte. Rimani un testimone. Non agire da robot.

In secondo luogo, quando diventi capace di osservare il tuo corpo, di essere un testimone delle sue azioni, puoi fare il secondo passo: osservare le attività della tua mente: pensieri, sogni, fantasie. Rimani un testimone, come se ti trovassi sul ciglio di una strada e, su questa strada, stesse passando una processione di pensieri. Tu non ne sei parte. Sei solo uno specchio che riflette, senza giudicare, perché uno specchio non ha giudizi. Col 100% di capacità di osservazione, ci sarà il nulla totale; questo è lo stato di non-mente, questa è la porta verso il terzo e ultimo passo.

Adesso osserva le emozioni più sottili, gli stati d’animo. I pensieri non sono così sottili. Gli stati d’animo, un’ombra di tristezza, una certa gioia.

Il primo passo riguarda il corpo, il secondo la mente, il terzo il cuore. E quando puoi osservare anche il terzo, il quarto accade da solo. All’improvviso un salto quantico, e ti ritrovi proprio al centro del tuo essere, dove non c’è nulla di cui essere consapevoli. La consapevolezza è consapevole di se stessa, la coscienza è cosciente di se stessa. Questo è il momento dell’estasi suprema, del samadhi, dell’illuminazione, o comunque vuoi chiamarlo; in ogni caso questo è il momento supremo, al di sopra del quale non c’è nulla. Non c’è modo di andare oltre, perché dovunque tu vada al di là di esso, sarai comunque un testimone. Se inizi a osservare l’osservatore, non sei andato più in alto; sei sempre un testimone. Quindi l’osservazione è la fine del viaggio, sei arrivato a casa.

Il mio insegnamento è tutto qui. È assolutamente scientifico.

Non ha bisogno di fede, ciò che serve è sperimentare. Non chiedo a nessuno di aver fede in me. Chiedo solo di provare e sperimentare. So che accadrà anche a te perché è accaduto a me, e io sono un essere umano normale proprio come te. Non sostengo di essere un profeta o un salvatore o un’incarnazione di Dio. Non vanto alcuna capacità speciale. Sono proprio uguale a te. L’unica differenza è che tu stai ancora dormendo, e io sono sveglio. È solo una questione di tempo, prima o poi anche tu ti sveglierai. Quindi non c’è alcun bisogno di fare di me un oggetto di venerazione, non c’è bisogno di adorarmi. Se mi ami veramente, questo è sufficiente perché tu possa partecipare all’esperimento. Ti darò una garanzia: accade veramente. Ti posso dare un incoraggiamento, ma non sarò il tuo salvatore. Non mi prenderò la responsabilità, ma farò del mio meglio per scuoterti e far sì che ti svegli”.


Riflessioni sull’impossibilità di superare la linea del gregge

di Emilia Urso Anfuso

Una volta sì, era un’altro vivere… C’erano ancora molti limiti da valicare. Tante barriere da abbattere. Sensi unici da percorrere controcorrente. Idee radicate da sradicare. E se avevi la voglia, e le palle, potevi sentirti “unico”…

dott.ssa Emilia Urso Anfuso ==>>

Non “Solo”. “Unico”, cioè diverso. Sovversivo. Avant-garde. Controcorrente… Più semplicemente: CONTRO. Bastava poco per uscire dal mucchio. Per elevarsi. Per distaccarsi dalla massa. E provare quel piacere fisico. E mentale. Di essere “qualcuno”.

A volte, bastava solo farsi una canna. E poi guardare il mondo dall’alto del proprio coraggio di andare contro le regole. Si poteva scegliere di vivere in una Comune a non fare niente, eppure riuscire a sentirsi costruttivi. Chi sceglieva di vivere libero dal Sistema precostituito, aveva una certa dose di coraggio, un’enorme senso narcisistico e riceveva in cambio, l’assoluta certezza di entrare nel “mito”, di chi ha vissuto dall’interno, l’era post sistemica e pre caotica.

Schifato dai conservatori. Adorato dai simpatizzanti. Accettato dai propri simili. In pratica, ogni componente della nuova generazione dei liberal-pensanti, otteneva tutto ciò che ogni essere umano, nel proprio intimo, sogna tutt’ora di vivere almeno per un giorno. Chi all’epoca, si è lasciato inebriare dal fascino del diritto alla liberazione rivoluzionaria dell’individuo, si trova oggi a dover fare i conti con una realtà così mostruosa da apparire perversa. Guardiamoci: abbiamo tutto.

Mille possibilità in tutti i campi. L’ultima trovata tecnologica sfugge al nostro interesse ormai saturo di innovazioni. Ogni moda è già stata concepita. Non c’è droga che possa farci sballare tanto da crearne scalpore. Nessuna follia potrà mai più innalzarci al rispetto dell’attenzione sociale… Possiamo essere ciò che vogliamo: nessuno si opporrà. Possiamo fare ciò che vogliamo: nessuno si stupirà. Ogni idea è già stata pensata. Ogni regola infranta. Ogni follia vissuta.

Si può solo aggiungere qualche piccola modifica al “già fatto”. Al “già pensato”. Siamo più liberi adesso? Si è liberi quando ci si può opporre ad una regola comune. Ad un dogma precostituito. Ma da cosa vogliamo sentirci liberi oggi, se tutto ci è consentito? Abbiamo perso la possibilità di uscire dalla massa. Ci è stata tolta la possibilità di credere di avere una possibilità…diversa.

Il “Sistema”, il caro vecchio Sistema, è stato più veloce e scaltro del lontano, ormai remoto, movimento di liberazione umana. Il Sistema appunto, è riuscito a non farci fuggire. A non farci alzare la testa al di sopra della massa comune. Ci ha permesso tutto. Tanto da non darci alcuna regola da infrangere. Divieti da desiderare vivere… Che sò, qualche libertà da vivere di nascosto, per il gusto magari di essere scoperti. No, il Sistema non si è fatto modificare. Ci ha dato l’illusione di poter scavalcare “Il muro”. E intanto, come un padre accondiscendente, studiava il modo per riportare il gregge all’ovile…


La reincarnazione nella società contemporanea

di Giovanni Pellegrino

In questo articolo prenderemo in considerazione il tema della reincarnazione nella società contemporanea. La diffusione di tale credenza è uno dei segni più importanti della crisi della religione cattolica nel mondo occidentale.

              Prof. Giovanni Pellegrino ==>>

Vernette riguardo l’importanza della credenza nella reincarnazione in Europa, mette in evidenza che una vasta inchiesta svolta pochi anni fa in nove nazioni europee ben il 30% delle persone interrogate hanno dichiarato di accettare la credenza nella reincarnazione. A nostro avviso tale dato di fatto dovrebbe preoccupare moltissimo le gerarchie cattoliche dal momento che la credenza nella reincarnazione è assolutamente incompatibile con la religione cattolica dal momento che diversi passi della Bibbia dimostrano che la reincarnazione ha l’effetto rovinoso per la fede cattolica. Riteniamo opportuno citare due passi della Bibbia per dimostrare la nostra affermazione. Cominceremo col citare questo passo del Vangelo di Giovanni:” A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” ( Giovanni, 20,25).

Questo passo dei vangeli è incompatibile con la credenza nella reincarnazione dal momento che secondo quelli che credono in essa, i peccati non possono essere rimessi da un sacerdote ma si devono scontare nel corso delle successive vite secondo la dura legge del karma. Vogliamo citare un secondo passo dei vangeli per dimostrare la nostra affermazione:” Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose : in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso” ( Luca, 23, 42-43). Appare evidente in tale passo dei vangeli nel quale il buon ladrone chiede a Gesù di farlo entrare nel suo regno, che Gesù non accetta la credenza nella reincarnazione. Infatti Gesù dicendo al buon ladrone che quel giorno stesso egli sarà in paradiso con lui, esclude in maniera categorica ogni forma di reincarnazione.                                        

Se Gesù avesse creduto nella reincarnazione non poteva affermare che il buon ladrone sarebbe andato direttamente in parardiso dal momento che secondo i fautori della reincarnazione le colpe di un individuo non possono essere rimesse da nessuno ma si devono scontare secondo la legge del karma.  Al contrario nel passo dei vangeli in questione Gesù rimette tutte le colpe del buon ladrone che pertanto va direttamente in paradiso. Dobbiamo mettere in evidenza inoltre che la credenza nella reincarnazione è stata condannata da diversi Padri della Chiesa come Ireneo, Giustino ed Agostino. Tale fatto, insieme alla presenza di passi biblici incompatibili con la reincarnazione, dimostra la falsità delle argomentazioni di quei reincarnazionisti che sostengono che i primi cristiani credevano nella reincarnazione. Di conseguenza non è assolutamente vero come sostengono i reincarnazionisti che sarebbe stata la Chiesa ad avere cancellato alcuni secoli dopo la credenza nella reincarnazione dalla dottrina cattolica.                                                  

Per fare un esempio Ireneo, uno dei più antichi Padri della Chiesa confutò la credenza nella reincarnazione utilizzando la parabola del ricco epulone, un altro passo biblico incompatibile con la credenza nella rincarnazione. Detto ciò a noi sembra di aver dimostrato in maniera chiara l’infondatezza delle affermazioni di quegli individui che ritengono la credenza nella reincarnazione compatibile con la dottrina cattolica.Tuttavia nelle nazioni cattoliche il numero delle persone che credono nella reincarnazione continua a crescere per cui dobbiamo cercare di spiegare le ragioni sociologiche che sono alla base del clamoroso successo di tale credenza nelle nazioni cristiane.  In primo luogo molti credono nella reincarnazione poiché ritengono che essa possa spiegare che alcuni nascono belli , ricchi e potenti e trascorrono una vita felice, mentre altri nascono poveri, brutti e conducono una vita infelice. Secondo i reincarnazionisti la credenza nella reincarnazione fornisce una risposta a tale mistero. I reincarnazionisti infatti affermano che quelli che nascono ricchi, belli e potenti hanno accumulato meriti nelle vite precedenti ( crediti karmici) mentre quelli che nascono poveri, brutti e sfortunati hanno accumulato colpe nelle vite precedenti ( debiti karmici) che scontano nella vita attuale. 

In secondo luogo molti credono nella reincarnazione perché ritengono assurdo che un individuo debba ottenere la salvezza eterna o la dannazione eterna nel brevissimo spazio di tempo di una vita sola, senza nessuna prova di appello, senza nessuna seconda possibilità. In terzo luogo molti vedono nella credenza della reincarnazione un sicuro antidoto per combattere il razzismo dal momento che se una persona crede che in una vita precedente è stata gialla o nera non potrà accettare nessuna forma di razzismo. In quarto luogo molti sostenitori della reincarnazione sostengono che un uomo in esistenze precedenti possa essere stato una pianta o un animale di conseguenza credono che tale convinzione  possa fare in modo che gli uomini rispettino maggiormente la natura e si sentano parte integrante del cosmo. Alcuni sostenitori della reincarnazione arrivano ad affermare che un individuo che ora vive sulla terra in precedenti esistenze possa essere vissuto su altri pianeti cosicchè credono che esista una sorta di fratellanza a livello cosmico tra gli abitanti dei vari pianeti dell’universo. Addirittura alcuni credono che alcuni alieni appartenenti a pianeti più evoluti scelgano volontariamente di reincarnarsi sulla terra per favorire l’evoluzione spirituale dei terrestri.                                              

In quinto luogo molti individui, inclini al sincretismo religioso, si fanno condizionare o dal ritorno del paganesimo ( nel mondo pagano la credenza nella reincarnazione era molto diffusa) o dalle influenze delle religioni orientali che credono nella reincarnazione. Infine molte persone credono nella reincarnazione perché sono convinti che esistono prove scientifiche a favore di essa. Prenderemo ora in considerazione quelle che i fautori della reincarnazione considerano prove scientificamente valide dell’esistenza di essa e faremo dei commenti intorno a tali prove.Prima di iniziare il nostro discorso vogliamo premettere che lo psicologo Stevenson ha svolto un’accurata indagine sulla reincarnazione prendendo in considerazione 2000 casi selezionati con la massima cura. Alla fine della sua inchiesta egli ha concluso che solamente una ventina di casi suggerivano l’esistenza di vite precedenti.  Una delle prove considerate valide dai fautori della reincarnazione è il racconto delle loro presunte vite passate che fanno i soggetti messi sotto ipnosi.                                               

Che cosa possiamo dire intorno a questi ricordi di precedenti vite venute fuori sotto ipnosi? In primo luogo dobbiamo fare una netta distinzione tra i ricordi di vite molto lontane nel tempo e quei ricordi che si riferiscono ad esistenze vissute non molti anni prima dell’attuale esistenza. Infatti esistono casi di persone che sotto ipnosi hanno affermato di essere già state sulla terra al tempo degli antichi romani, degli antichi greci o addirittura ancora prima. Appare evidente che le affermazioni di tali persone non hanno nessun valore scientifico in quanto non è possibile controllare l’attendibilità delle loro affermazioni perché si riferiscono a tempi troppo lontani dal nostro. Ben diverso è il discorso quando i soggetti sotto ipnosi dichiarano di aver vissuto la precedente esistenza sulla terra non molti decenni fa, cosicchè è possibile fare indagini di vario tipo intorno alle loro affermazioni interrogando quelli che erano i loro parenti o i loro amici nella precedente esistenza e facendo delle ricerche nei posti dove essi dichiarano di avere vissuto con un determinato nome e cognome. A volte è stato dimostrato che i ricordi degli individui corrispondono alla realtà dei fatti: ciò è senza dubbio un punto a favore dell’esistenza della reincarnazione ma non è una prova decisiva perché noi non sappiamo che cosa avviene nella mente umana quando viene messa sotto ipnosi.                                                                              

Talamonti sostiene che la chiaroveggenza retrospettiva permetterebbe all’individuo di conoscere eventi accaduti in passato ad altre persone senza chiamare in causa la reincarnazione. Un ‘altra prova considerata decisiva e incontestabile dai fautori della reincarnazione è il fatto che accade a volte che dei bambini dimostrano di possedere un corredo di conoscenze, nozioni, abitudini e capacità che non possono avere acquisito nel corso della loro brevissima vita. Tale fenomeno piuttosto raro è senza dubbio spiegabile con la teoria della reincarnazione. Tuttavia esso è anche spiegabile formulando l’ipotesi che un’entità soprannaturale abbia preso possesso del corpo e della mente del bambino come accade nelle possessioni demoniache. Quindi anche tale fenomeno, per quanto reale ed incontestabile non può essere considerato una prova inconfutabile dell’esistenza della reincarnazione in quanto potrebbe essere causata da entità soprannaturali che si sono impossessate del soggetto fornendogli quelle conoscenze, quelle abitudini e quelle capacità. Un’altra prova considerata significativa dai fautori della reincarnazione è la cosiddetta “ impressione del già visto”: l’impressione di avere già visto un determinato luogo, un dato paesaggio anche se il soggetto che prova tale impressione non è mai stato in tale luogo e non ha mai visto tale paesaggio.                                  

A nostro avviso questa non solo non può essere considerata una prova dell’esistenza della reincarnazione ma neppure un indizio che possa far ipotizzare la sua esistenza in quanto si tratta di una reminescenza di ricordi passati oramai dimenticati. Per fare un esempio è possibile che l’individuo abbia visto, in televisione un paesaggio simile a quello che gli ha generato l’impressione del “già visto”. Oppure è possibile che il soggetto abbia visto un quadro molto simile al paesaggio in questione ragion per cui egli ha l’impressione di aver già visto tale paesaggio anche se è la prima volta che visita tale luogo. Come si vede l’impressione del ”già visto” può essere spiegata in maniera semplice senza chiamare in causa la reincarnazione.                                                                                                                 

 I fautori della reincarnazione considerano prova valida dell’esistenza di tale fenomeno anche la xenoglossia (capacità di parlare una lingua straniera mai imparata). A volte si hanno fasi di xenoglossia veramente sconvolgenti in quanto i soggetti protagonisti di tale fenomeno acquistano la capacità di parlare lingue morte che non si parlano più da molti secoli sulla terra.Alcuni studiosi hanno dimostrato che soggetti sotto ipnosi sono stati capaci di parlare e di scrivere lingue antichissime come il sanscrito e l’aramaico oppure dialetti totalmente dimenticati del lontano passato. Appare evidente che tali fenomeni di xenoglossia non possono essere spiegati col fatto che sotto ipnosi queste persone hanno ricordato di avere ascoltato qualche programma o di aver letto qualche libro scritto nella lingua straniera in questione perché tali lingue oggi non si parlano e non si scrivono più.      

Sicuramente il fenomeno della xenoglossia (che non avviene sempre sotto ipnosi ma anche nelle possessioni spiritiche e diaboliche) non può essere spiegato in maniera razionale ma bisogna ricorrere a spiegazioni non razionali. Dobbiamo ammettere che una delle spiegazioni possibili del fenomeno della xenoglossia è l’esistenza della reincarnazione anche se sono possibili altre spiegazioni tipo la possessione demoniaca e il fatto che uno spirito prenda possesso della mente dell’individuo in questione, permettendo a tale individuo di parlare e di scrivere la lingua che lo spirito parlava quando era in vita.Di conseguenza nemmeno la xenoglossia può essere considerata una prova incofutabile dell’esistenza della reincarnazione ma al massimo può essere considerata la prova incontestabile che esiste una dimensione soprannaturale. Infine i fautori della reincarnazione considerano prova indiscutibile dell’esistenza della reincarnazione alcuni impressionanti manifestazioni fisiologiche che sembrano rivelare tracce di una vita passata, ovvero malformazioni particolari e cicatrici ben precise. Esistono diversi casi molto impressionanti ma ci limiteremo a citarne uno. Uno degli studiosi che si interessano della reincarnazione ha riportato il caso di un individuo che venne ghigliottinato. Dopo sei mesi nacque un bambino con una cicatrice caratteristica al collo, proprio come la forma di un colpo di lama di ghigliottina. Lo studioso concluse che il bambino era la reincarnazione dell’uomo condannato a morte.

Sinceramente rimaniamo perplessi davanti a questi casi di manifestazioni fisiologiche:possiamo soltanto dire che alcuni soggetti isterici sono capaci di produrre strani segni sui loro corpi. Di conseguenza non si può escludere che alcune madri isteriche possano determinare segni strani e cicatrici sui corpi dei neonati. In estrema sintesi noi riteniamo che le prove portate a sostegno dell’esistenza della reincarnazione non siano ancora inconfutabili. Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che se si provasse in maniera inconfutabile l’esistenza della reincarnazione alcuni portanti dogmi della religione cattolica perderebbero il loro valore dal momento che appare chiaro che credere nella reincarnazione significa avere una concezione dell’universo, della storia e dell’uomo incompatibile con il cristianesimo.

Prof. Giovanni Pellegrino


Violenza: basta con i preconcetti contro gli uomini, le donne devono cambiare mentalità…

di Emilia Urso Anfuso

Dott.ssa Emilia Urso Anfuso

Non se ne può più: la libertà, in molti casi, oggi è scambiata da certe donne col libertinaggio. Femministe assetate del sangue degli uomini azzannano tutto il genere maschile a prescindere, convinte di essere le uniche depositarie della ragione su ogni cosa per il sol fatto di essere nate femmine. Sul tema della violenza sessuale inutile tentare di ragionare. Secondo certe signore una donna deve esser libera di girare anche nuda per strada, e non rischiare nulla, nemmeno una pacca sul culo. Liberissime di pensare che il genere maschile debba mettere a bada l’ormone Testosterone a colpi di slogan femministi, e che la libertà femminile consista nell’andare in giro senza un minimo di cautela in una società composta anche di persone di sesso maschile che non siano paragonabili a trogloditi e avvezze all’abuso di droghe, ma non si urli allo scandalo quando, per mancanza di sale in zucca si incorre nei rischi tipici di chi non ha cura della propria incolumità. Attenzione poi a non cadere nel peccato di massificazione. Non è vero che “Gli uomini sono tutti maiali”, come ha tenuto a dichiarare la sociologa e attivista femminista Lella Palladino.

Massificare è uno dei problemi della società attuale, e certe signore dovrebbero rammentare che le esperienze personali non fanno sociologia. Riflettiamo invece sulla società in cui viviamo. Il criterio di libertà è cosa diversa dall’avere uno stile di vita libertino, e questo è applicabile a qualsiasi genere umano. Ognuno sia libero di campare come meglio crede, ma non di creare un dissesto sociale contro un determinato genere. Troppo spesso alcune donne non si rendono conto che la prima guardia del corpo, è il caso di dirlo, siamo noi stesse, perché le cautele non sono mai troppe vivendo in una società ove alberga in maniera sempre più diffusa la dipendenza da droghe e dall’estremismo erotico che dilaga anche a causa della moltitudine di siti di video pornografici che offrono ogni tipo di esperienza. Sapete cosa accade quando un uomo resta attaccato al monitor di un computer a dilettarsi con la visione di questi filmati e lo fa metodicamente?

Succede che i suoi livelli di Dopamina, che è un neurotrasmettitore, si abbassano, e per stimolare il piacere e l’erezione, è necessario che questo composto chimico si mantenga a percentuali ottimali per ottenere, la volta successiva, il soddisfacimento dello stimolo carnale. Per aumentare la percentuale di Dopamina, e quasi inconsapevolmente, si cercano visioni estreme. Il problema si amplifica nel momento in cui si tenta di replicare le gesta degli attori pornografici nella realtà, manifestando così una deviazione della sfera intima, con pretese di azioni violente sotto le lenzuola. Evitiamo quindi di armare campagne contro tutto il genere maschile, o non si farà altro che restare al palo e non risolvere il problema alla fonte. Il genere femminile non deve e non può auto ghettizzarsi rintanandosi nello schema della donna fragile e vittima del maschio. Le donne possono fare tutto, persino protrarre all’infinito lo schema della vittima in mano ai maiali, ed è ciò che si sta osservando.

Il primo passo per iniziare davvero un percorso di abbattimento delle violenze è ripensare se stesse. Chiedetevi come mai non si accenna quasi mai al tema delle molestie sessuali contro il genere maschile? Eppure esistono e in percentuale maggiore a quanto si possa credere. Un’indagine Istat condotta tra il 2015 e il 2016 e pubblicata nel 2018, evidenzia una situazione presente ma taciuta: 3 milioni e 754mila uomini hanno subito molestie almeno una volta nella loro esistenza. Corrisponde al 18,8% della popolazione maschile. Nel 23,7% dei casi, gli autori delle molestie erano donne. È un problema minore? No. È una diversa percezione delle cose. Esistono donne che urlano allo stupratore anche quando ricevono un complimento elegante, quando qualcuno le guarda per strada, se un uomo tenta un corteggiamento. Uno dei motivi per cui le molestie contro gli uomini sono sottaciute, è che nel 35% dei casi, secondo i dati Istat, è stato considerato “poco grave” l’avvenimento. Riflettete, donne, riflettete.


Dal Cyberbullismo al bullismo tra adulti nella vita reale: come sta peggiorando la razza umana anche a causa della pandemia da Sars Cov2

Cavernicoli con lo Smartphone

di Emilia Urso Anfuso

Il progresso della civiltà ha reso possibile una trasformazione sociale davvero notevole: da trogloditi a moderni cittadini del mondo, oggi siamo in grado di viaggiare da un capo all’altro del pianeta in poche ore, e sviluppiamo tecnologie raffinate che rendono la vita molto più comoda e semplice.

<<== dott.ssa Emilia Urso Anfuso

Il passaggio da uno stato all’altro è stato anche breve, a dirla tutta, se consideriamo l’età del pianeta terra – oltre 4,5 miliardi di anni – e l’apparizione alquanto recente dei primi esemplari dei nostri progenitori eretti su due gambe, i cui primi ritrovamenti risalgono a circa 200.000 anni fa. Tutto bene, quindi, si marcia rapidamente verso l’era del progresso avanzato? …Macché. A ben guardare, a sviluppo delle tecnologie non sta corrispondendo il progresso della civiltà. Complice ora l’avvento del Sars Cov2, ecco che il moderno abitante del Pianeta Terra si pone, in molti casi, in modalità “Homo Erectus”, anche se al posto della clava oggi tiene in mano uno Smartphone.

Analizziamo la situazione. Della tecnologia informatica molti sfruttano le peculiarità peggiori. Il cyberbullismo si è inserito tra le pieghe degli squallidi ambienti della malavita organizzata a livello internazionale, e non solo per rubare denari. Un filmato privato tra due persone che amoreggiano in maniera più spinta, oggi può diventare oggetto di bullismo tra adulti, e i casi di cronaca che riferiscono come la tendenza alla diffusione del reato di Revenge Porn sia in ascesa è una conferma.

Di pari passo al processo di modernizzazione, una fetta di umanità involve. Invece di sfruttare al meglio ogni stupefacente opportunità resa possibile da tecnologie mai viste prima, costoro le piegano a un volere oscuro, da usare contro i propri cosiddetti simili. Con la complicità del periodo storico attuale, che è tra i più caotici che si potessero immaginare, si aggiunge un altro tipo di criticità: la paura per gli effetti del virus sta facendo emergere un fenomeno dilagante. Dagli ambienti familiari ai luoghi di lavoro e a quelli accademici, fino a manifestarsi per le strade, il bullismo tra adulti si esterna attraverso una miriade di comportamenti riprovevoli. Il primo si palesa con la tendenza umana all’assembramento. È sufficiente uscire per fare due passi in una strada del centro di una grande città, per essere investiti da una massa informe, che invece di mantenersi educatamente distante, appare maggiormente attratta dall’investire col proprio corpo gli esimi sconosciuti.

Se si prova a evitare l’aggressione, si rischia di dover procedere a braccia tese, e di dover camminare mimando un robot pur di tenere lontani gli astanti. Quello su strada è il primo livello di bullismo e lo esercitano contro chiunque capiti loro a tiro. Si può anche notare un aumento del livello di arroganza, mista a cinismo, che persone di ogni status sociale stanno dimostrando. Non importa nemmeno il grado di consanguineità, o il numero di anni che legano a una persona che è amica o convivente: sul piano dei rapporti civili è calata una sorta di coltre, forse dovuta al primordiale sentimento scaturito un tempo dalla necessità di sopravvivere: penso a me, e me ne fotto degli altri. La versione 3.0 di mors tua vita mea. Di fronte al pericolo di perdere la vita, chi ha minori capacità di guardare alle cose con serenità, attendendo lo svolgere degli eventi, tira fuori l’umico strumento che possiede e che risiede nel profondo: l’aggressività repressa a soli scopi di accettazione sociale. Un’accettazione che, oggi, appare esser saltata, insieme a tante altre manifestazioni di modernità e civiltà, che ci avevano resi dissimili dai trogloditi. Peccato.


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