IL CIRCOLO VIRTUOSO DELLA MERITOCRAZIA
La crescente incompetenza e la diffusa “tuttologia”, potrebbero essere stroncati soltanto da un rilancio della meritocrazia. Tale azione, da intendersi esclusivamente come “metodo” per creare i presupposti indispensabili ad alimentare le aspettative sane di coloro che ancora oggi credono nella spendibilità esclusiva dei propri sacrifici per la costruzione del futuro. Volendo, potremmo porre una domanda ai nostri amici lettori di Sociologia On Web: esiste il merito in Italia? Qualsiasi persona, giovane o meno giovane, probabilmente non esiterà a rispondere: non esiste la meritocrazia. Esistono e sono sempre più diffuse le raccomandazioni. Purtroppo, la mancanza di meritocrazia ha una pervasività negativa sulla qualità della vita degli italiani, molto di più di quanto si possa immaginare. Sembrerà strano, ma proprio la penuria di meritocrazia è una tra le tante cause che hanno portato al lento declino strutturale che ormai tutti ci stiamo abituando a vedere in Italia. Vi sono altre cause connesse al fenomeno preso oggi in esame. La crisi economica è la prima, ed ha la maggiore quantità di responsabilità. Lo spaventoso ritardo del Mezzogiorno, in termini di sviluppo socio-economico, dopo decenni di investimenti, è sotto ai nostri occhi. In Irlanda, sono bastati pochi anni per passare da uno dei Paesi più poveri d’Europa ad un’economia florida, dopo aver assorbito, in proporzione, risorse infinitamente inferiori a quelle destinate al Mezzogiorno d’Italia. Dovremmo cercare di comprendere che l’ingrediente principale dello sviluppo socio-economico non sono più le fabbriche, ormai relegate nei ricordi dei sussidiari della scuola elementare e nel lessico di una classe politica ancora lontana dall’apprendere il significato dell’”era dell’accesso” e cioè del capitale umano, composto dall’intelligenza dei nostri giovani, spendibile quale fattore di crescita e sviluppo diffuso. Fatta una brevissima analisi sulle cause di questa lenta decadenza, naturalmente non esaudente ma utile a creare la riflessione, proviamo a tracciare qualche piccola proposta, considerando vitale il ruolo ed il desiderio latente di meritocrazia che ognuno porta nel proprio cuore. Questo semplice passaggio, nell’arco di un periodo medio, potrà dare alla luce una classe politica che consentirà, attraverso le leggi varate, la valorizzazione del capitale sociale dei giovani, garantendo loro i migliori sistemi educativi, indipendentemente dal loro ceto e dalla loro famiglia di provenienza. In realtà, l’art. 3.2 della nostra Costituzione ha previsto tale possibilità, ma è sempre meno praticato nella realtà, basta verificare i dati sulla dispersione scolastica. I risultati del test P.I.S.A._ nel nostro Paese dipendono dai risultati del Centro-Nord, pur non essendo esaltanti, non sono distanti dalla media europea, tenendo anche in considerazione i risultati disastrosi registrati nel nostro Sud. In contrapposizione, in passato sono stati in tantissimi a scegliere le università del Nord per studiare, trovando successivamente sistemazione in quella realtà che ha saputo accogliere e riconoscere le competenze, la professionalità ed il merito dei nostri giovani. Bisogna avere il coraggio di ammettere che il sistema scolastico del Mezzogiorno, con le moltissime problematiche al quale è sottoposto, non è in grado di creare il capitale umano del futuro. Per questo motivo è necessario un deciso impegno volto ad introdurre e misurare il merito, altrimenti, i miliardi di euro di spesa previsti per ristrutturare le scuole e per assumere insegnanti faranno la fine di quelli sperperati in fabbriche ed insediamenti produttivi, divenute ormai cattedrali nel deserto costruite a spese del contribuente. Unitamente a ciò, pur avendo assistito negli ultimi anni al rilancio delle “Pari Opportunità”. La discriminazione della società italiana nei confronti della donna inizia ad essere particolarmente nota, anche se forse è meno noto lo stallo sociale in cui essa si trova rendendo l’universo femminile sempre più in possesso di titoli e professionalità meno occupate e sempre meno mamme tra le società sviluppate. Ancora più grave è la discriminazione che viene praticata nei confronti delle migliori tra esse: l’Italia ha più donne laureate che uomini, ma il gap laureati-occupati tra uomini e donne è altissimo. Questo importantissimo dato dovrebbe essere utile a farci comprendere l’enorme perdita di opportunità e di energie attivabili per lo sviluppo dell’Italia. Oggi più che mai è indispensabile una trasformazione culturale della nostra società attraverso una vera e propria “rivoluzione della speranza” che crei fiducia e ridefinisca l’ambito dei valori morali, intenzionalmente livellati verso il basso da un sistema che non vuole più avere eccellenze per paura di non riuscire a dominarli attraverso il sistema dei media sempre più povero di contenuti e sempre più incline alla sintesi che poco dice e nulla lascia. Per poter risalire la china ed abbandonare la zavorra dell’approssimazione e delle raccomandazioni, sarà appunto indispensabile riscoprire una scuola come “luogo” dove i nostri giovani dovranno estrarre il meglio di sé, conferendo valenza all’origine latina del termine ex-ducere. A ciò bisognerà avere il coraggio di aumentare realmente la presenza femminile, nelle istituzioni pubbliche e private, nella misura del 50%. La persistente paura di licenziare milioni di “nullafacenti”, unitamente alla convinzione che la meritocrazia possa generare maggiori ineguaglianze sociali, ci lascerà macerare nello stesso limbo che ci ha costretto ad accontentarci di un sistema sociale mediocre e fortemente corrompibile. Don Milani aveva ragione quando insegnava ai ragazzi di Barbiana il significato del termine inglese I Care. Anche noi dovremmo riscoprirlo perché “ci riguarda” molto da vicino…. la meritocrazia.
Francesco Rao sociologo Dipartimento Calabria Associazione Nazionale Sociologi